Da Chianciano Donatella Saroglia

Con la tavola rotonda interreligiosa su «Le ragioni della speranza», il Sae (Segretariato attività ecumenica) ha voluto completare il tema complesso e affascinante della sua 40esima sessione di formazione ecumenica, dedicata a «Leggere i segni dei tempi». L'appuntamento ecumenico annuale di questa associazione interconfessionale di laici, che lavora per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso da quasi mezzo secolo, si è concluso ieri a Chianciano: si è trattato di una settimana intensa e faticosa, in cui la gioia dell'incontro ha permesso il confronto sereno e costruttivo di circa 400 persone di diversa confessione religiosa, provenienza geografica ed età.

L'attenzione verso il mondo giovanile e le sue istanze non sono una novità per il Sae, fondato nel 1957 proprio da una studentessa, Maria Vingiani, che aveva raccolto intorno a sé un gruppo di universitari aperti alle novità della stagione conciliare che stava cominciando. Nel corso degli anni, poi, la presenza giovanile all'interno del Sae non è mai mancata, né alle sessioni né nei gruppi locali o nei direttivi nazionali.

Apparentemente molto lontani tra loro - una musulmana, un cattolico, un protestante, un ortodosso - i loro contributi hanno trovato un comune terreno di confronto. Pure essendo alla prima esperienza nel Sae, tutti hanno accolto con entusiasmo e grande serietà l'invito. «Il mondo giovanile si presenta oggi molto ricco anche dal punto di vista culturale - ha commentato il cattolico Ernesto Diaco - niente a che vedere con le finzioni della pubblicità».

«A noi giovani - ha sottolineato la musulmana Sumaya - non piace sentirci dire che siamo il futuro, perché vogliamo essere considerati al presente, già impegnati nel mondo insieme agli adulti». Per la vicepresidente dei Giovani musulmani d'Italia infatti «la speranza nel dialogo, che si deve articolare in un giusto rapporto tra le generazioni». Le ha fatto eco il protestante Peter Ciaccio che ha espresso l'esigenza «di un confronto intergenerazionale continuo, in cui la speranza venga accolta da ogni credente come un grande dono del Signore». Dello stesso avviso l'ortodosso Zeno Popescu, che ha invece richiamato l'attenzione sull'importanza «di fondare il dialogo interreligioso nella ricerca di una nuova dimensione antropologica, caratterizzata dall'ascolto della voce di Dio, che parla al cuore degli uomini».

I relatori hanno poi ribadito l'importanza di definire la propria identità. «In questo cammino di ricerca - hanno sostenuto - ciascuno di noi finisce per scoprire che sono le diversità a caratterizzarci e a renderci vicini agli altri, accettandoli, amandoli per quelli che sono, senza volerli trasformare a nostra immagine. Così - hanno ribadito - noi giovani speriamo di poter essere sempre ascoltati e presi sul serio anche quando non diciamo quello che gli adulti vogliono sentirsi dire».

Quali allora le ragioni della speranza? Ernesto Diaco si è chiesto: perché disperare? E, dando voce anche al pensiero degli altri relatori, ha invitato il Sae «a pensare e offrire sistematicamente lo spazio per un incontro tra giovani di diversa religione». La tradizione di dialogo di questa associazione, la sua metodologia e la grande esperienza nel creare occasioni d'incontro e confronto fanno sì che essa trovi la sua ragion d'essere in un cammino fra fedi diverse, che vogliono convivere e interagire nell'Europa di domani, ma a partire da oggi.

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Fonte: "Avvenire" - Catholica - 2 agosto 2003]


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