Il discorso del Papa: una mano tesa all'Islam 
perché non affoghi

Piovono le critiche musulmane alle parole del papa, ma nessuno ha letto il discorso integrale. Benedetto XVI, critica la violenza, ma propone all’Islam un cammino ragionevole, per un nuovo Rinascimento. Ne parla Samir Khalil Samir Sj


Le reazioni nel mondo arabo e islamico alle parole dette da Benedetto XVI all’università di Regensburg sono esagerate e fuori posto. Ormai sembra si stanno organizzando manifestazioni ovunque, in modo simile al caso delle vignette blasfeme su Maometto. Ma è chiaro un fatto: nessuno dei suoi critici, proprio nessuno, ha letto il documento per intero. L’edizione inglese era disponibile da ieri; quella francese non c’è ancora; non vi è alcuna traduzione in qualche lingua orientale. Tutte le critiche si basano dunque sulle poche citazioni e frasi diffuse dalle agenzie occidentali che mettono in rilievo la questione dell’Islam, che nel testo di Benedetto XVI occupa solo circa il 10% del testo globale. Inoltre, questo brano si inserisce in un insieme, molto speciale.

Si tratta di una prolusione fatta in università, davanti a professori e studenti. E’ perciò un gesto accademico, interdisciplinare, fatto per persone specializzate. Il testo diffuso dalla Sala Stampa vaticana dice che le note saranno aggiunte in seguito. Il papa ha dunque preparato un testo da accademico, filosofo, teologo di altissimo rango che forse non tutti riescono a comprendere.

I media – che dovrebbero fare un mea culpa - hanno preso solo ciò che poteva colpire in modo immediato, e hanno inserito le parole del papa nel contesto della politica internazionale, del confronto fra occidente e mondo islamico; un ritorno insomma a Samuel Huntington e al conflitto delle civiltà. E invece il testo del papa traccia proprio una linea contraria a questo: il suo scopo è proprio il dialogo e la forma più bella di dialogo.

All’inizio il mondo islamico ha reagito con una certa ignoranza. Alcuni hanno detto che il papa ha tenuto all’università di Regensburg un discorso “tecnologico” (e non “teologico”, traducendo male dall’inglese). Solo il giorno dopo sui giornali è venuta la correzione. Questo è un ulteriore segno che nessuno ha capito nulla. Anche i commenti arrivati da musulmani dell’occidente erano superficiali e sono serviti a organizzare il circo delle critiche: su al Jazeera ieri sera vi erano persone che telefonavano e criticavano il papa, ma nessuno sapeva di cosa si discute! Vi sono solo reazioni emotive perché hanno sentito dire che il papa ha parlato di jihad e ha criticato l’Islam. Il che è falso. E cerco di dimostrarlo.

La citazione del Corano

Il papa ha citato solo un versetto del Corano, quello in cui si dice che “non c’è costrizione nelle cose di religione” (2, 256). Questo versetto è quello più citato dai musulmani in occidente per dimostrare che nell’Islam c’è libertà di coscienza e di fede. Se il papa voleva aggredire l’Islam e dimostrarne una natura cattiva, avrebbe potuto trovare decine di altri versetti. Bastava citare la sura 2,191-193, dove si spinge ad uccidere coloro che si macchiano della “fitna” (sedizione). Nella storia dell’Islam in nome della fitna sono state uccise migliaia di persone perché il Corano dice che “la fitna è peggiore dell’uccisione”. In nome di questo versetto si voleva uccidere Abdul Rahman, l’afghano convertito al cristianesimo. Il fatto di diventare cristiano suscita una “sedizione” (fitna) nella comunità e perciò è meglio ucciderlo.

Il papa ha scelto il versetto più positivo e più aperto, facendo un commento storico. E ha ricordato che questo versetto proviene dal periodo di Medina, quando Maometto era debole e minacciato. Anche il Corano pubblicato in Arabia saudita – considerato come la versione più ufficiale – considera la sura 2 come la prima dell’epoca di Medina, quando il profeta era un profugo, senza esercito.

La Ragione e la violenza

I discorsi del papa non hanno mai un titolo; questa prolusione ha un titolo perché è un discorso accademico. E il titolo è “Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni”. Se uno legge il documento intero, la parola “ragione” viene citata per 46 volte, essendo questa il punto centrale del messaggio.

In tutto il discorso appare citato l’Islam, l’ebraismo, ma soprattutto la cultura occidentale: il papa critica proprio il concetto di ragione maturato in occidente con l’Illuminismo.

Giorni prima aveva perfino criticato i vescovi tedeschi, che privilegiano aiuti economici per progetti “sociali” e non “religiosi” (costruire una chiesa, evangelizzare). Il papa mette in luce che tutta la società occidentale – e la Chiesa - si è secolarizzata perché ha svuotato il concetto di ragione della sua dimensione spirituale e della sua origine che è in Dio. Per il papa la ragione occidentale all’origine non era  opposta alla fede, ma si nutriva della fede.

A un certo punto Benedetto XVI cita il lavoro di p. Theodore Khoury, un bizantinologo, che ha da poco pubblicato un testo sul dialogo fra  l’imperatore d’Oriente Manuele II Paleologo e un musulmano persiano, ambientato nel tardo Medioevo.

Il papa ha scelto questo testo a causa di una frase essenziale, quella dove il Paleologo critica il musulmano per la violenza nell’Islam. E dice: voi convertite la gente con la spada. Nessuno storico può negare questo: Maometto, e dopo di lui i primi califfi, hanno spesso usato la violenza per convertire i popoli conquistati. Ciò non significa che Maometto amasse la violenza, ma era un uomo del suo tempo. In quell’epoca le tribù arabe combattevano per tutto, anche per avere i pascoli. La prima biografia di Maometto scritta da musulmani si intitola proprio “Il libro delle guerre (delle razzie)”.  Certo, si può criticare l’affermazione del Paleologo: in Indonesia, Malesia, in alcuni paesi africani l’Islam è penetrato attraverso i commercianti arabi; in altri Paesi attraverso i mistici sufi (che talvolta erano anche guerrieri, come in Marocco).  

L’imperatore dice che “la violenza è cosa irragionevole…in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima”: è questa la frase che ha colpito il Santo Padre, ripetuta almeno 5 volte nel testo.

Il perno dunque è che chi fa violenza, non è più credente: chiunque sia – cristiano o musulmano –se segue la violenza, va contro la ragione e contro Dio, che è la fonte della ragione.

La ragione  mutilata dell’occidente

L’altro aspetto del testo è la critica all’occidente che ha svuotato la nozione di ragione da tutto ciò che è spirituale. Logikos, in greco, significa “razionale” e “spirituale”. Anche i musulmani fino all’VIII – IX secolo, usano una parola simile, presa dai cristiani, che significa insieme “razionale e spirituale”.

Il discorso del papa è dunque molto vicino alle critiche che il mondo musulmano rivolge all’occidente secolarizzato: voi avete tecnica, scienza, tutto, fuorché l’essenziale, avendo emarginato la spiritualità e Dio.

Anche il papa, dunque critica l’occidente, ma in modo speciale, con un “tentativo di critica della ragione moderna, dal suo interno”, che secondo il pontefice, non significa dover tornare indietro rispetto all’illuminismo, rigettando le condizioni dell’età moderna.

Dunque è un tentativo di critica, ma “dall’interno”, per dimostrare che l’opinione che vuole escludere Dio non è illuminismo, ma un “falso” illuminismo. In tal modo, “quello che nello sviluppo moderno dello spirito è valido, viene riconosciuto senza riserve…”

Per Benedetto XVI non c’è da rifiutare  la ragione moderna, ma da allargarla. Facendo ciò, da una parte egli si mette insieme ai musulmani per criticare la ragione atea; dall’altra ne fa una critica “dall’interno”, per “allargarla”. E conclude: “Solo così diventiamo anche capaci di un vero dialogo delle culture e delle religioni, un dialogo di cui abbiamo così urgente bisogno”.

Lo scopo è dunque di aprire un dialogo universale, basato sulla “ragione”. Alla ragione umana si oppone la violenza (e questo è un pericolo per l’Islam) e il considerare la ragione come opposta alla fede e alla spiritualità.

Dialogo universale e Rinascimento islamico

Più che una critica all’Islam, il papa in realtà tende una mano all’islam, proponendogli di uscire dal ciclo della violenza, ma chiede ad esso anche di non uscire dal ciclo della “ragione”: egli anzi invita  l’Islam a dialogare con il cristianesimo per una ragione legata all’etica.

Il Rinascimento del mondo islamico è quello del medioevo. Perché? Perché allora si è  creato un vero umanesimo basato sul pensiero greco. I cristiani di quel tempo, siriaci e arabi, su richiesta dei califfi, hanno tradotto in arabo tutto ciò che si trovava di Platone, Aristotele, Plotino, Anassagora e tutta la tradizione filosofica. In medicina, tutte le opere di Ippocrate, di Galeno sono state tradotte dal greco all’arabo da Hunayn Ibn Ishaq, un cristiano morto nell’873.

Questi traduttori cristiani sono divenuti per secoli i maestri dei professori musulmani e così hanno integrato il pensiero ellenistico nella cultura islamica araba, persiana, turca, ecc.. Solo così è venuto il Rinascimento islamico, che ha generato un pensatore come Averroé. Noi arabi riconosciamo che questo è il periodo più bello della storia dell’Islam, fermatosi nel XII secolo.

Ancora oggi, molti pensatori islamici dicono che per una Rinascita islamica dobbiamo tornare al pensiero medioevale. In realtà occorre accettare il suggerimento del papa: affrontare, assimilare, giudicare il pensiero moderno, come nel medioevo l’hanno fatto i cristiani traduttori prima e i filosofi musulmani poi.

La tentazione dell’islam oggi è quella di rifiutare in blocco la cultura occidentale perché “pagana” (e in parte è vero). Ma esso non riesce a fare un discernimento. Papa Ratzinger, da grande maestro, ha osato farlo: con grande finezza è riuscito a dire sì alla ragione, no alla ragione svuotata; sì all’illuminismo autentico, no all’illuminismo anti-religioso. In questo modo egli propone un dialogo universale, con le religioni e con gli agnostici, basandosi sulla ragione “allargata”. Per questo voglio dire ai miei amici musulmani:  prima di parlare, leggete; dopo aver letto, riflettete; cercate di capire: nemmeno noi cristiani riusciamo a comprenderlo bene.

Teo-con e fondamentalisti, fratelli siamesi

Qualche integralista musulmano ha detto che il papa è divenuto un rappresentante dei teo-con, un istigatore della “crociata contro l’islam”.

Purtroppo certa gente non ha altra chiave di lettura che quella politica, del conflitto fra occidente e Islam. Il papa è occidentale e quindi, necessariamente è “contro”. Non avendo capito nulla del discorso del papa, vedono solo che lui ha criticato il jihad. Per questo “deve” essere senz’altro  un nemico. Per questo in molti paesi islamici Si sta scatenando una serie di manifestazioni e violenze come al tempo delle vignette su Maometto. Ma in tal modo danno proprio ragione al papa. Benedetto XVI dice che la violenza è contro la ragione e contro Dio. E questi fondamentalisti vogliono difendere l’Islam in occidente con questi metodi violenti. In tal modo l’occidente in modo ancora più chiaro potrà condannare l’Islam violento. Da questo punto di vista, si può dire che la violenza teo-con che spinge alla guerra e l’integralismo musulmano sono “fratelli siamesi”: si sostengono a vicenda. Se il movimento fondamentalista accrescerà queste violenze e manifestazioni di piazza, l’Islam affogherà nella sua crisi. Unica possibilità di rinascita è seguire invece il suggerimento del papa, praticato da alcuni intellettuali islamici: è tempo che l’Islam affronti la modernità, non per farsi assorbire, ma per discernere e potenziare ciò che è buono.
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[Fonte: AsiaNews 15 settembre 2006]

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