Donna, parità e islam: ripensare la fede
per rispondere alle attese dell’uomo moderno
Samir Khalil Samir Sj, AsiaNews 2 marzo 2010
E’ la via per superare il contrasto tra versetti del Corano e detti della Sunna (tradizione) del profeta dell’Islam che talvolta non vanno nello stesso senso. Alcuni elogiano la donna o ne parlano in modo neutrale, altri dicono che sono le tentatrici e che l’inferno è popolato di donne. Inoltre, alcuni versetti parlano di uguaglianza tra uomo e donna, altri di disuguaglianza. Che oggi è giuridica, non culturale.
Beirut (AsiaNews) - Il 20 febbraio scorso, l’Università della Svizzera
Italiana, situata a Lugano, ha organizzato un incontro
internazionale sulla situazione delle donne musulmane. Per lanciare
il dibattito aveva invitato la dott.ssa Huda Himmat come relatrice,
la quale ha sviluppato il seguente titolo: “Sottomesse ... a chi?!
Donne musulmane parlano di sé”.
Chi è Huda Himmat? E’ un imprenditrice libero professionista; ha un
Master in diritto internazionale dell’università di Londra; fino a
poco fa, era la vice-presidente del FEMYSO (Forum of European Muslim
Youth and Student Organisations) la cui sede è a Bruxelles. E’ la
figlia di Ali Ghaleb Himmat, nato a Damasco nel 1938, naturalizzato
italiano nel 1990 e residente a Campione d’Italia; è co-direttore
della Taqwa Bank, la banca dei “Fratelli Musulmani”, e capo della
Islamiche Gesellschaft in Deutschland fondata da Sa’id Ramadan,
padre di Tariq e Hani Ramadan. Huda Himmat è cresciuta a Campione
d’Italia, e da alcuni mesi è portavoce della “Comunità islamica
ticinese”.
La relatrice ha insistito sul fatto che le discriminazioni nei
confronti della donna nell’islam non dipendono dal Corano o dalla
Sunna, ma da come vengono interpretati, e che esse sono dovute
all’ignoranza dei poveri e al maschilismo di certi uomini. Maometto
non ha mai picchiato una donna, e molti versetti coranici parlano
della dignità delle donne. Esistono problemi, ma anche in Europa,
dove la violenza domestica è la prima causa di morte per le donne.
Comunque, nell’islam non esiste la sottomissione della donna, come
dice San Paolo.
Queste riflessioni le sentiamo spesso in Europa nella bocca di
musulmani. Si sente anzi spesso che l’Islam ha liberato la donna
araba. Questi discorsi apologetici, comprendono elementi veri ed
altri non esatti. Mi è sembrato utile fare il punto sulla
situazione, per portare un po’ di chiarezza. Più ancora, il mio
scopo è di affermare la possibilità dell’Islam di evolvere e di far
evolvere la società, a condizione di accettare di ripensare la fede
in profondità. Essendo questo lavoro assai difficile, è necessario
farlo insieme, cristiani e musulmani ed altri, con amicizia e
fratellanza.
La “Giornata internazionale della donna”, che festeggeremo l’8 marzo
e che sta purtroppo assumendo sempre di più una connotazione di mero
carattere commerciale, è l’occasione di riflettere sul significato
della parità tra donna e uomo, e sulle troppo reali disuguaglianze
esistenti in tanti Paesi del mondo, islamici e non islamici.
* * * Ci sono versetti del Corano e detti della Sunna (tradizione) del
profeta dell’Islam che talvolta non vanno nello stesso senso. Alcuni
elogiano la donna o ne parlano in modo neutrale, altri dicono che
sono le tentatrici e che l’inferno è popolato di donne. Inoltre,
alcuni versetti parlano di uguaglianza tra uomo e donna, altri di
disuguaglianza. Quale atteggiamento adottare?
Gli autori musulmani fanno generalmente dell’apologetica: se
vogliono giustificare un concetto scelgono i versetti che meglio
sostengono la loro tesi. Ma questo è un metodo inaccettabile, perché
è selettivo. Dobbiamo sempre tenere presente la visione globale del
Corano sulle questioni che si sollevano, indicando i pro e i contro.
Se no, rischiamo di snaturare il testo coranico.
Necessità di reinterpretare il testo coranico ad ogni epoca
Nel Corano ci sono tante discriminazioni. Più esattamente non c’è
uguaglianza di principio, cioè uomini e donne non hanno gli stessi
diritti fondamentali. Questo non deve sorprendere. Anche nella
Bibbia possiamo trovare disuguaglianze tra uomo e donna, forse
persino più grandi. È normale, perché Dio parla agli uomini secondo
il loro linguaggio e la loro mentalità, ma tocca agli uomini capire
l’intento del testo rivelato.
Nell’islam, esiste lo stesso principio che consiste nel ricercare
“lo scopo della sharia” (maqâsid al-shari‘ah). I musulmani che
leggono il Corano come se fosse un testo immutabile, letteralmente
applicabile a tutti i tempi e in tutti i luoghi, creano il problema.
È il loro modo di capire il Corano, e di applicarlo in leggi, che
pone problema.
È possibile reinterpretare il Corano? Certo! Ma è più facile dirlo
che farlo. Si debbono stabilire dei criteri d’interpretazione, cioè
una “ermeneutica”. È quello che manca oggi agli esegeti del Corano.
Il motivo? Da almeno sette secoli non lo si fa più: il pensiero è
come bloccato. Più passa il tempo, più diventa difficile questo
lavoro. Oggi, chi prova a farlo sono musulmani di livello
accademico, ma vengono immediatamente accusati d’ignoranza in
materia religiosa o d’eresia. Quanto ai dotti in materia religiosa
(gli ‘ulamâ’ o “ulema”) non fanno che ripetere le interpretazioni
classiche degli antichi commenti (tafsîr).
Problema solo culturale?
Si dice spesso che il problema non è del Corano, che è perfetto. Il
problema viene dall’ignoranza dei fedeli, dalle tradizioni ataviche,
o dalla cultura dei vari paesi islamici. È anche vero. Ma la
domanda, senza risolvere il problema, ne provoca un’altra: donde
vengono questa ignoranza, queste tradizioni, questa cultura? Perché
tanti musulmani attribuiscono a queste tradizioni e a questa cultura
maschilista un valore religioso islamico ? Se poi il problema è
delle tradizioni e delle culture in cui viene interpretato, allora
con che diritto queste vengono trasformate in leggi divine?
Sostenere che è solo un problema di alcuni Paesi e alcune culture
non è corretto: è un problema assai generale nel mondo islamico.
Prendere la Tunisia e la Siria come esempi di uguaglianza tra i
sessi, è piuttosto l’anti-dimostrazione. In effetti, se in Tunisia o
in Siria c’è più libertà per la donna e più uguaglianza tra i due
sessi, non è a causa dell’islam, ma per il fatto che questi due
Paesi hanno fatto una scelta di laicità moderata. La Tunisia ha
adottato negli anni '50, sotto l’influsso del presidente Bourguiba,
una legislazione laica per risolvere questo problema, e la Siria ha
fatto lo stesso con l’ideologia laica del Baath.
In realtà, laddove c’è un sistema laico, non musulmano, c’è una
certa libertà. Tutte le volte che un Paese cerca di essere più
“musulmano”, di “ritornare all’Islam autentico”, è la donna che ne
paga le conseguenze negative! Invece, dove non viene applicata la
sharia, c’è più libertà.
Problema teologico, cioè di ermeneutica
La dott.sa Himmat ha ragione a sostenere che il problema è
nell’interpretazione, ma perché non si riesce a cambiare
l’interpretazione del passato? Perché dietro c’è una concezione
rigida della rivelazione, che non permette lo sviluppo omogeneo
della esegesi. Se dico che il testo del Corano è rivelato da Dio, il
quale l’ha fatto “scendere dal cielo su Maometto” e che non si
tocca, allora non c’è più possibilità di interpretare. Bisogna avere
l’onestà di interpretare il Corano dicendo che la rivelazione passa
attraverso uomini di una determinata cultura in un determinato
contesto spazio-temporale.
Invece, ciò che facciamo nel nostro mondo arabo è di dire che il
Corano e la Sharia sono perfetti, ma che noi e le nostre società
siamo cattivi e non siamo desiderosi di applicare la Legge divina.
Vorrei evocare un aneddoto: tre anni fa è venuta a trovarmi a Beirut
una coppia di studenti iraniani per fare un dottorato di ricerca con
me. Il marito, che parlava meglio l’arabo, mi spiegò che la moglie
voleva fare la tesi su “Il ruolo della donna nell’islam e nel
cristianesimo”, per dimostrare che l’islam aveva liberato la donna.
Andammo in biblioteca e mostrai loro una cinquantina di volumi
scritti in arabo aventi tutti questo scopo: dimostrare che l’islam
ha liberato la donna e che Corano, Sharia ed Islam sono innocenti
rispetto alle discriminazioni!
Disuguaglianze giuridiche in nome dell’Islam
Ma nei fatti e nei principi non è così: le differenze giuridiche
sono numerosissime. Per citare alcuni esempi:
- la testimonianza della donna in tribunale vale la metà di quella
di un uomo ;
- la femmina (figlia, sorella, ecc.) eredità metà del maschio
(figlio, fratello, ecc.). Ma nella scuola sciita giafarita, che
rappresenta circa 13% dei musulmani, non si fa differenza tra
maschio e femmina;
- la donna non ha il diritto di viaggiare senza permesso del marito,
o del padre, o del fratello, o del figlio, insomma di un maschio. In
Egitto per esempio questo principio si applica anche ai cristiani;
mi sono personalmente rifiutato di dare il permesso di viaggio a mia
madre, spiegando che da noi cristiani il figlio non ha autorità
sulla madre … e ho finalmente ottenuto un trattamento d’eccezione!
- l’uomo non ha bisogno del permesso di una donna, fosse anche sua
moglie, per viaggiare;Alcune scuole giuridiche vietano alla moglie
di uscire di casa senza il permesso espresso del marito (anche in
Occidente), mentre la reciprocità in merito non è sostenuta da
nessuna scuola;
- il maschio può sposare fino a quattro mogli simultaneamente, se ha
la possibilità di mantenerle, mentre la femmina non può sposare più
di un uomo;
- l’uomo può acquistare tutte le concubine che desidera, secondo il
Corano, mentre la donna non può acquistare concubini;
- il marito può ripudiare la moglie, senza neppure un processo in
tribunale, mentre la moglie può solo chiedere al marito il favore di
essere ripudiata;
- il musulmano può sposare una cristiana o un’ebrea, anche se rimane
tale e non si converte all’islam, mentre la musulmana non può
sposare un cristiano o un ebreo che rimane tale, se non si converte
all’islam;
- i figli appartengono al padre; la madre può solo occuparsene fino
all’età di 7 anni;
- i figli assumono obbligatoriamente la religione del padre, non
della madre, anche se lo volessero.
Da notare che questi punti non derivano da una cultura tradizionale
o liberale, sono tutti punti giuridici, considerati musulmani e
derivano dal Corano o dalla Sunna (la Tradizione muhammadiana),
ammessi dalla maggioranza dei musulmani. La tradizione maschilista
viene ad aggiungere usanze che limitano di più lo spazio della donna
e aumentano la disuguaglianza tra i sessi, come per esempio il
terribile “crimine d’onore” largamente diffuso nelle società
musulmane.
Un aspetto giuridico importante è la questione dell’impurità
fisiologica della donna dovuta alle mestruazioni o al parto. Quando
la donna ha le mestruazioni è ritualmente impura. Non può fare le
cinque preghiere quotidiane, perché la sua preghiera non è valida.
Non può toccare un Corano. Non può praticare il digiuno di Ramadan e
deve ricuperare i giorni impuri dopo il Ramadan. Per questo motivo
un uomo non può toccare una donna a rischio di diventare impuro se
lei fosse in stato impuro; può darle la mano solo se ha un guanto o
qualcosa di simile per evitare il contatto diretto che trasmette
l’impurità.
Questa concezione dell’impurità della donna appartiene alla cultura
semitica e si ritrova nel giudaismo come nel cristianesimo antico e
in altre religioni e culture. La caratteristica dell’islam è di aver
legalizzato questa dimensione culturale ancora oggi (in questo,
l’islam è vicino al giudaismo ortodosso). Le conseguenze
psicologiche e sociologiche per le donne sono gravi.
Disuguaglianze basate sul Corano e la Sunna
La disuguaglianza tra uomo e donna ha un fondamento in alcuni brani
del Corano, e in molti detti attribuiti a Muhammad, il più
frequentemente citato dice: “La donna è carente in mente e in
religione” (al-Mar’ah nâqisah ‘aqlan wa-dînan).
Nel Corano, l’uguaglianza davanti a Dio tra l’uomo e la donna è
totale. Il migliore dei due è il più devoto. Ma la questione non è
“davanti a Dio” o “agli occhi di Dio”: è nella vita quotidiana.
Tre versetti sono spesso citati, che riferisco secondo la versione
“ufficiale” dell’UCOII:
2/223 “Le vostre spose sono per voi come un campo [da arare]. Venite
pure al vostro campo come volete” (Nisâ’ukum harthun lakum, fa’tû
harthakum annâ shi’tum). Tre parole sono importante: Harth = “campo
da arare”; lakum = “che vi appartiene”; annâ = come, molte
traduzioni spiegano “come e quando”. Il versetto significa dunque:
“Le vostre spose sono un campo da arare che vi appartiene. Venite
dunque ad arare il vostro campo come e quando volete”. Da questo, si
deduce spesso che la moglie è proprietà sessuale del marito, che ha
diritto a possederla come e quando vuole”. Per il “come”, la
versione inglese dell’Arabia Saudita precisa: “have sexual relations
with your wives in any manner as long as it is in the vagina and not
in the anus”; altri invece non riconoscono questa limitazione.
2/228 “Le donne divorziate osservino un ritiro della durata di tre
cicli, e non è loro permesso nascondere quello che Allah ha creato
nei loro ventri (arhâm = litt. uteri), se credono in Allah e
nell'Ultimo Giorno. E i loro sposi (bu’ûl = litt. signori) avranno
priorità se, volendosi riconciliare, le riprenderanno durante questo
periodo. Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, in base alle
buone consuetudini, ma gli uomini sono superiori. Allah è potente, è
saggio”. L’espressione “ma gli uomini sono superiori” traduce
wa-li-l-rigâli ‘alayhinna daragah, che significa letteralmente “e
gli uomini le superano di un grado”.
4/34 “Gli uomini sono preposti (qawwâmûn) alle donne, a causa della
preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché
spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote,
che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite
quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro
letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro
di esse. Allah è altissimo, grande”.
È il versetto più frequentemente citato. Qawwâmûn si traduce spesso
con “hanno autorità”. Il motivo dato dal Corano per questa
predominanza è doppio: il primo è la preferenza divina (faddala
Allah), il secondo è d’ordine finanziario. Se l’uomo teme
l’insubordinazione (nushûz) della donna, userà tre mezzi per
riportarla alla subordinazione: l’esortazione, la privazione
sessuale (ma lui ha le altre spose, più le schiave acquistate, come
specifica il Corano), infine le battiture.
È ovvio che, sul piano umano, non c’è uguaglianza tra uomo e donna,
marito e moglie. Questo fatto non sorprenderà nessuno: siamo in
Arabia, all’inizio del settimo secolo. Il Corano si rivolge a
persone concrete, usando della loro cultura. Come quando parla delle
pene (hudûd) da infliggere a chi ruba o commette adulterio, ecc.
Sorprende invece il fatto che i musulmani non abbiano ripensato i
testi che considerano rivelati da Dio per adattarli alla situazione
e alla cultura di oggi.
Riflessione personale conclusiva
Mi sia permesso una riflessione personale. Tutte le religioni sono
confrontate con questa problematica, non solo l’islam; come tutte le
civiltà devono ripensare regolarmente le loro costituzioni e leggi,
per salvare la motivazione iniziale esprimendola in concretizzazioni
nuove. Questo ripensamento non è un tradimento, bensì una fedeltà
allo spirito.
A mio parere, il mondo musulmano si trova in una fase difficile, una
crisi di crescita. L’occidente esercita una forte
attrazione-ripulsione sul mondo musulmano. La tentazione è di
adottare totalmente l’occidente o di rigettarlo totalmente. Ambedue
le soluzioni sono errate. Dobbiamo, noi arabi e musulmani,
discernere: attenersi ai grandi principi umanistici dell’Occidente,
per ridare all’uomo arabo e musulmano la sua dignità e libertà; e
rigettare tutto ciò che degrada e avvilisce l’Uomo (cioè donna e
uomo) e la sua dignità spirituale, sia che venga dall’islam o dal
cristianesimo, dalla modernità o dalla tradizione. Soprattutto, è
odioso stabilire una qualunque disuguaglianza tra gli esseri umani
(basata sul sesso, o sulla religione, o sullo statuto sociale, o
sulla razza, ecc.) fondandola sulla religione, com’è odioso
giustificare la violenza in nome della religione o di Dio.
Questo cammino è da percorrere insieme, credenti e no, occidentali e
stranieri, gente del “primo mondo” e del “terzo mondo”. Al di là
della fede o dell’ateismo, l’umanesimo vero e profondo, impregnato
di spiritualità – essendo l’uomo fatto di corpo, anima e spirito –,
ci permetterà di trovare insieme una certa armonia che sembra oggi
in via di sparizione. L’islam non è il nemico, nemmeno il
cristianesimo, l’ebraismo, o altre religioni lo sono. L’intolleranza
e la scomunica dell’altro (takfîr) sono i veri nemici. Il compito
del credente consiste nel ripensare la fede per rispondere con
profondità alle attese del mondo odierno.
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