Il tema dell’integrazione dei
cittadini stranieri di cultura araba e religione musulmana è fonte di
dibattito acceso nella società italiana, ma anche in altri Paesi
occidentali. Il rischio che si sta profilando è di esasperare le
divergenze tra chi paventa un’avanzata della cultura islamica e chi
rivendica invece pratiche e comportamenti tradizionali
dell’islamismo come diritti della persona. Su questo argomento Radio
Vaticana ha interpellato il padre egiziano, docente di storia della
cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut e
al Pontificio Istituto orientale di Roma:
D. - Padre Samir, anzitutto perché tali
problemi non si sono creati con altre comunità estere… è dunque
proprio la religione islamica a porre – come dire – ostacoli
particolari ai sistemi sociali democratici occidentali ?
R. – È perché l’Islam è nato come una
realtà totale, integrale e talvolta anche totalitaria nel senso che
chi si dice musulmano indica un tipo di rapporto con Dio,
caratterizzato dalla preghiera e da tutto il dominio religioso da una
parte, ma indica anche una cultura, un modo di vivere, un modo di
vestirsi, di nutrirsi, di relazionarsi con gli altri e tutto ciò che
entra nel campo sociale, politico, militare. Per questo i problemi
sono molto più grandi.
D. - Dunque quali soluzioni per una società
occidentale che deve comunque convivere oggi con una cospicua presenza
islamica?
R. - La civiltà occidentale, almeno nella
situazione attuale, è basata sulla distinzione fra i vari campi:
quello religioso, quello politico, quello giuridico, quello sociale e
quello culturale, che sono sì collegati fra di loro, ma in modo
distinto. Non si può rinunciare a questo perché mi sembra che
sarebbe rinunciare ad una realtà essenziale dell’Occidente e nello
specifico dell’Italia. Se un cattolico pretendesse che per essere un
buon italiano deve essere un buon cattolico, questo sarebbe un errore,
anche se si potesse spiegare con la storia. Allora dico questo: se si
vuole vivere in Italia ed un giorno diventare italiano, si deve
accettare questo principio di base di distinzione fra i settori.
L’Islam non può rivendicare qualcosa di particolare, perché esiste
un sistema, quello adattato da ogni Paese. Questo sistema in Italia
permette una grande convivenza e c’è un’immensa libertà per ogni
persona. Il cittadino ha diritto a questo ed ha il dovere di: punto e
basta. In tutti i campi la base della coesistenza in un Paese sono le
norme riconosciute dal Paese stesso. Questo vale per tutti quanti:
musulmani, ebrei, ateisti, cristiani. Non c’entra niente la
religione in questo.
D. – Questo è il terreno dell’incontro:
il rispetto delle leggi dello Stato ospite?
R. – Certo e non si tratta soltanto di leggi,
ma anche dei costumi e delle usanze. Se con il termine
multiculturalismo se vuole intendere che tutte le culture possono
svilupparsi liberamente insieme, credo che questo rappresenti
un’utopia. Perché nelle diverse culture ci sono elementi opposti:
supponiamo che siano tutte di grande valore, ma non sono sempre
compatibili insieme. Il significato di multiculturalismo che io
personalmente ammetto è quello di dire che esiste la cultura del
Paese – che ha secoli, talvolta millennio di tradizioni – io la
possa arricchire con elementi nuovi se la maggioranza li accetta e
comunque ci vuole del tempo. Allora sì che si arricchisce la cultura
nazionale con elementi magari arabi o greci o balcani … ma si tratta
di un arricchimento giustificato perché così il corpo sociale
assimila lentamente elementi che giudica positivi.
D. - Padre Samir polemiche ha sollevato in
Italia anche la richiesta di scuole private confessionali
islamiche…..
R. - Se lo scopo dell’emigrato è di poter
avere una vita dignitosa, un buon lavoro ed una casa dove si abita con
piacere, avere una vita culturale, il modo migliore allora per
acquisire tutto questo è quello di partecipare alla scuola pubblica,
offerta a tutti a un buon livello. La maggioranza, oltre il 90 per
cento dei musulmani, sono del mio stesso parere. Ho un po’ di
esperienza in diversi Paesi europei e la prima condizione è quella di
acquisire al massimo la cultura del Paese nel quale mi trovo, poi
posso aggiungere qualcosa.