La moderatora Bonafede:
«Prioritaria è una ripresa di entusiasmo»
Donatella Coalova, su Avvenire 22 agosto 2006
Si è aperto domenica e durerà
fino a venerdì a Torre Pellice l’annuale Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste d’Italia. Sono 180 i partecipanti, di cui la metà pastori,
chiamati in questi giorni a fare il punto in quello che è il più importante
momento di incontro per il protestantesimo italiano.
Si è avvertito il respiro
internazionale nelle riflessioni, fin dalle prime battute. Il sermone su Mt.14,13-21,
tenuto nel culto di apertura da Ermanno Genre, docente alla Facoltà valdese
di teologia di Roma, era in forte sintonia con le linee di pensiero e di
impegno che il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha sostenuto nell’Assemblea
di Harare (1998), nel recente documento "Agape" e nell’Assemblea
di Porto Alegre (14-26 febbraio 2006).La lotta contro le sperequazioni e la
fame nel mondo – ben 831 milioni di persone oggi vivono in uno stato cronico
di denutrizione – non ha solo una valenza etica, ma una pregnanza teologica.
«Per essere fedeli a Gesù Cristo, consideriamo l’attenzione a questo tema
costitutivo della nostra fede» sostiene tutta la famiglia riformata.
Nelle riflessioni più interne
alla comunità evangelica italiana, secondo la pastora Maria Bonafede, da un
anno moderatora della Tavola Valdese, «la priorità sta nell’intensificare
una ripresa di entusiasmo. La parola chiave è predicazione». Circa il
dialogo interconfessionale, Maria Bonafede afferma: «Siamo convinti che la
strada ecumenica intrapresa dalla Chiesa Valdese è senza ritorno» e auspica
che «si proceda nella chiarezza e nella fraternità». In questo senso non ha
mancato di sottolineare le differenza di accenti rispetto al mondo cattolico
intorno a temi quali la bioetica e la laicità.
L’ecumenismo è stato al
centro dell’intervento del vescovo Vincenzo Paglia, presidente della
Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, che nel portare il saluto
della Cei e del suo presidente, è anche entrato nel vivo del dibattito
sinodale. Innanzitutto Paglia ha sottolineato che l’ecumenismo, come più
volte ha ricordato papa Benedetto, è il modo di vivere la fede. Non è una
strategia, ma una dimensione spirituale. Tra i punti problematici, Paglia non
ha tralasciato quello della bioetica, ribadendo che l’atteggiamento della
Chiesa cattolica non è di natura ideologica: è in gioco la difesa della vita
che va tutelata a 360 gradi e in tutti i suoi momenti. In questo contesto ha
sviluppato il tema della laicità: «Io mi ritengo credente e laico, e proprio
per questo debbo e posso proporre (non imporre) la sacralità della vita.Il
delicato campo dell’etica è una frontiera complessa che richiede pensosità
e responsabilità. È importante affrontarlo senza pregiudizi e nella carità.
Ci comprenderemo meglio, eviteremo esasperazioni e individueremo prospettive
comuni. Non dobbiamo dimenticare l’antico adagio: in necessariis unitas,
in dubiis libertas, in omnibus charitas. Le differenze non sono
necessariamente una condanna e neppure un ostacolo insuperabile nel cammino
ecumenico. È bene difendere la propria identità. Ma dobbiamo anche
riconoscere che oggi è più facile cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità.
Peraltro non mancano anche nel nostro Paese segni concreti di un cammino
ecumenico significativo. Nel 2005 si sono realizzati più di 500 incontri di
carattere ecumenico».
Il pastore Paolo Ribet, sotto
la cui presidenza si svolgono i lavori di questo sinodo, ha risposto
calorosamente al discorso del presule, accogliendo tra l’altro l’invito a
partecipare al Convegno di Verona.