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A Torre Pellice (To) Sinodo valdese-metodista  dal 20 al 25 agosto 2006

Nel dialogo la sfida della fraternità. Il vescovo Paglia: «L’ecumenismo non è strategia ma vita spirituale L’autoreferenzialità oggi la tentazione più pericolosa»

In base alle discipline della Chiesa valdese, questa "Chiesa è retta da una gerarchia di assemblee, aventi ciascuna un proprio ambito di competenze: l’assemblea di ogni chiesa locale, l’assemblea di ogni raggruppamento regionale o territoriale di chiese (distretto, nell’ordinamento valdese, a cui si sono aggiunti i circuiti dell’ordinamento metodista, che sono circoscrizioni più piccole all’interno dei distretti), il Sinodo, nelle sue due sessioni italiana e rioplatense" (Disciplina generale delle chiese valdesi, DV, art. 7). "Il Sinodo è l’assemblea generale che esprime l’unità di tutte le chiese. Nello svolgimento delle sue attività agisce nell’obbedienza alla Parola di Dio, come assemblea di credenti che ricerca la guida dello Spirito Santo. Esso è la massima autorità umana della Chiesa in materia dottrinaria, legislativa, giurisdizionale e di governo. " (DV, art. 27). Il prossimo Sinodo si tiene a Torre Pellice (Torino) dal 20 al 25 agosto 2006. 
 

La moderatora Bonafede: «Prioritaria è una ripresa di entusiasmo»
Donatella Coalova, su Avvenire 22 agosto 2006

Si è aperto domenica e durerà fino a venerdì a Torre Pellice l’annuale Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste d’Italia. Sono 180 i partecipanti, di cui la metà pastori, chiamati in questi giorni a fare il punto in quello che è il più importante momento di incontro per il protestantesimo italiano.

Si è avvertito il respiro internazionale nelle riflessioni, fin dalle prime battute. Il sermone su Mt.14,13-21, tenuto nel culto di apertura da Ermanno Genre, docente alla Facoltà valdese di teologia di Roma, era in forte sintonia con le linee di pensiero e di impegno che il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha sostenuto nell’Assemblea di Harare (1998), nel recente documento "Agape" e nell’Assemblea di Porto Alegre (14-26 febbraio 2006).La lotta contro le sperequazioni e la fame nel mondo – ben 831 milioni di persone oggi vivono in uno stato cronico di denutrizione – non ha solo una valenza etica, ma una pregnanza teologica. «Per essere fedeli a Gesù Cristo, consideriamo l’attenzione a questo tema costitutivo della nostra fede» sostiene tutta la famiglia riformata.

Nelle riflessioni più interne alla comunità evangelica italiana, secondo la pastora Maria Bonafede, da un anno moderatora della Tavola Valdese, «la priorità sta nell’intensificare una ripresa di entusiasmo. La parola chiave è predicazione». Circa il dialogo interconfessionale, Maria Bonafede afferma: «Siamo convinti che la strada ecumenica intrapresa dalla Chiesa Valdese è senza ritorno» e auspica che «si proceda nella chiarezza e nella fraternità». In questo senso non ha mancato di sottolineare le differenza di accenti rispetto al mondo cattolico intorno a temi quali la bioetica e la laicità.

L’ecumenismo è stato al centro dell’intervento del vescovo Vincenzo Paglia, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, che nel portare il saluto della Cei e del suo presidente, è anche entrato nel vivo del dibattito sinodale. Innanzitutto Paglia ha sottolineato che l’ecumenismo, come più volte ha ricordato papa Benedetto, è il modo di vivere la fede. Non è una strategia, ma una dimensione spirituale. Tra i punti problematici, Paglia non ha tralasciato quello della bioetica, ribadendo che l’atteggiamento della Chiesa cattolica non è di natura ideologica: è in gioco la difesa della vita che va tutelata a 360 gradi e in tutti i suoi momenti. In questo contesto ha sviluppato il tema della laicità: «Io mi ritengo credente e laico, e proprio per questo debbo e posso proporre (non imporre) la sacralità della vita.Il delicato campo dell’etica è una frontiera complessa che richiede pensosità e responsabilità. È importante affrontarlo senza pregiudizi e nella carità. Ci comprenderemo meglio, eviteremo esasperazioni e individueremo prospettive comuni. Non dobbiamo dimenticare l’antico adagio: in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas. Le differenze non sono necessariamente una condanna e neppure un ostacolo insuperabile nel cammino ecumenico. È bene difendere la propria identità. Ma dobbiamo anche riconoscere che oggi è più facile cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità. Peraltro non mancano anche nel nostro Paese segni concreti di un cammino ecumenico significativo. Nel 2005 si sono realizzati più di 500 incontri di carattere ecumenico».

Il pastore Paolo Ribet, sotto la cui presidenza si svolgono i lavori di questo sinodo, ha risposto calorosamente al discorso del presule, accogliendo tra l’altro l’invito a partecipare al Convegno di Verona.

   
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