IL
PARTITO ANTICATTOLICO ITALIANO…
(Antonio
Socci, “Libero”, 5 marzo 2006)
…
e, in coda, un impressionante reportage
di AsiaNews: “Turchia, don Andrea
Santoro: come se nulla fosse successo”.
Lo dedico al disastroso Berlusconi che ha
celebrato Erdogan e i turchi e ha
snobbato don Andrea.
Continua
la campagna elettorale del Corriere della
sera, il partito che ha come simbolo la
Rosa nel pugno e come leader Paolo Mieli.
Ieri squilli di tromba per Giorgio
Albertazzi: “Andai a Salò, voterò
Rosa nel Pugno”. L’attore rivela: “mai
rinnegherò la mia scelta per la
Repubblica sociale” (aggiunge: “il
pentimento è un sentimento cattolico che
disprezzo”, “di cosa dovrei pentirmi?
Perché era la parte perdente?”).
Seconda rivelazione: “una cosa sola mi
pesa” che, nel corso successivo della
vita, quel passato repubblichino sia
stato “un freno” per schierarsi “a
fianco della sinistra”, perché “le
stesse cose che mi avevano spinto a Salò
mi spingevano a impegnarmi con la
sinistra”. Fra queste “l’anticlericalismo”.
Terza: il 9 aprile Albertazzi voterà “per
la Rosa nel pugno anche per fronteggiare
l’invadenza della Chiesa” ed Emma
Bonino “la vedrei bene al Quirinale”.
Qualcuno dirà che è un grande attore,
ma ha idee politiche molto confuse. Credo
invece che abbia una sua coerenza,
perché il fascismo fa parte della storia
della Sinistra italiana. Poi c’è un
“fil rouge” nell’avventura dell’attore
ed è dichiarato: l’anticattolicesimo.
Ed è questo che l’ex repubblichino
condivide con i radicali, con i
socialisti e con Lanfranco Turci, vecchio
dirigente del Pci finito nella Rosa. La
nascita di un vero e proprio “partito
anticattolico” – com’è quello di
Pannella e Boselli, per quanto minuscolo
– porta alla luce e coagula attorno a
sé il livore ideologico delle élites,
le più diverse e apparentemente
distanti. Pier Ferdinando Casini ha
rilevato che oggi in Italia si è aperta
un’allarmante “questione
anticattolica”. Moltissimi episodi lo
confermano. Al congresso della Cgil è
accaduto qualcosa di clamoroso. Lo ha
raccontato sempre il Corriere della sera
con questo titolo: “Base affascinata
dalla Rosa nel Pugno.
E Guglielmo (Epifani) si riscopre
laico-socialista”. L’evento è
straordinario perché ormai da qualche
anno i radicali e la Cgil sembravano
essere – sulle questioni sociali – il
cane e il gatto. Basti ricordare lo
scontro del referendum sull’articolo 18
dello Statuto dei lavoratori (i radicali
lanciarono perfino l’attacco frontale,
quello sulle trattenute sindacali).
Ebbene,
tutto è stato dimenticato e non perché
i radicali e la Cgil abbiano rinnegato le
rispettive posizioni sulle questioni
sociali, ma perché ritengono che ci sia
qualcosa di più importante che li unisce
più profondamente: il livore contro la
Chiesa e i cattolici. Ecco perché al
congresso della Cgil erano tutti pazzi
per la Rosa. Maria Teresa Meli ha
raccontato che la platea si è infiammata
solo quando gli intervenuti attaccavano a
testa bassa le “ingerenze” degli “amici
del Vaticano”.
La Cgil del resto è stata sostenitrice
del referendum radicale contro la legge
40, la primavera scorsa, e sempre nell’ambito
della Cgil è nata la surreale
manifestazione “in difesa della legge
194”. Quel che è buffo è che
identiche propensioni si trovano dall’altra
parte della barricata, quella dell’alta
finanza che è rappresentata (anche dal
punto di vista proprietario) dal Corriere
della sera. La sfegatata campagna
elettorale che Paolo Mieli, uno dei veri
leader politici del Paese, sta facendo
per la Rosa nel Pugno ha ormai
trasformato il giornale di via Solferino
in “Notizie radicali”. Tutti i
giorni, ma proprio tutti, il Corriere
ospita interviste o interventi di
Pannella, Capezzone o della Bonino. Il
massimo della comicità è stato toccato
quando in prima pagina è stata
annunciata un’intervista a Capezzone su
George Bush (di certo il presidente
americano se la sarà divorata). Del
resto il “Magazine” del Corriere ha
fatto propria la campagna per portare la
Bonino al Quirinale.
Perfino il radicale Benedetto della
Vedova ieri ha rilevato questo
straordinario fenomeno: “il Corriere
della Sera ormai da settimane sta facendo
una vera e propria campagna di promozione
della Rosa nel pugno all’interno
dell'Unione. Si tratta di una stampa che
ha referenti noti nel potere
confindustriale e bancario”.
Mieli dà corpo a una decisa scelta
politico-ideologica dei poteri forti.
Scelta ancora più stupefacente se si
pensa che la Rosa nel pugno in realtà è
pressoché inesistente nel Paese. I
sondaggi le attribuiscono percentuali da
prefisso telefonico, fra 1 e 2 per cento.
Quanto la “Lista Di Pietro” per
capirci. Un partito minuscolo, che pesa
un terzo dell’Udc. Considerando questi
dati si capisce quanto spropositato sia
lo spazio promozionale che il Corriere
dedica da mesi ai pannelliani. Ma perché
il Corriere e il mondo finanziario che
rappresenta sono scesi pesantemente in
campo per pompare artificialmente le
posizioni ideologiche della Rosa nel
pugno, all’insegna di un fanatico
anticlericalismo ottocentesco? Si vuole
far scoppiare nel Paese una “questione
anticattolica”?
Mieli già schierò il suo giornale come
un organo di partito nel referendum sulla
legge 40. La disfatta di quel referendum,
il più fallimentare della storia
repubblicana, che si somma a tutte le
recenti disfatte pannelliane (come quella
sull’amnistia con la desolante “marcia
di Natale” che andò deserta), non è
sfuggita di certo a Mieli, il quale sa
bene che il pannellismo è morto e
sepolto e pure gli anni Settanta. Mieli
sa che l’aria che tira nel Paese non è
affatto “radicale”, ma – come
confermano tutti gli studi sociologici
– di grande avvicinamento ai valori
religiosi.
Ma, allora, qual è il senso di questa
operazione? Poteva sembrare un’operazione
di disturbo ai danni dei Ds (dopo il “caso
Turci”), ma i Ds, come l’Unità e
come i comunisti di Diliberto e quelli di
Bertinotti, sono invece molto vicini alle
crociate pannelliane. Paradossalmente
rinfocolare l’anticattolicesimo può
solo delegittimare il leader del
centrosinistra, Romano Prodi, che - in
linea teorica – sarebbe un cattolico
(sia pure pronto a tradire come ha
dimostrato al referendum). Ma è curioso
che proprio Prodi sia andato a “sposare”
in toto il congresso della Cgil e che
banchieri prodiani siano nella proprietà
di un Corriere della sera così sbracato.
Forse però gli “amici del Vaticano”
contro i quali sparava il congresso della
Cgil sono piuttosto Rutelli e i
margheriti. In questo caso saremmo di
fronte a uno scontro di potere interno al
centrosinistra. La Margherita in effetti
ha candidato la Binetti, presidente del
Comitato “Scienza e vita”, quello che
ha vinto il referendum (diversamente da
quelle faine del centrodestra che invece
candidano con grande clamore
propagandistico coloro che hanno perso il
referendum, come Giulia Bongiorno in An).
Per capire il pompaggio mediatico della
“Rosa nel pugno” (anche di Scalfari
sull’Espresso) alla fine non si trova
una chiara motivazione politica
contingente. E’ piuttosto il segnale di
un livore ideologico trasversale, di un
desiderio delle caste al potere di dare
una lezione alla Chiesa, di ridurla all’insignificanza
come nel resto d’Europa.
Sembra
infatti riflettere quella febbre dei
salotti politici europei che si sono
accanitamente battuti contro la menzione
delle “radici cristiane” nella
Costituzione europea. Una febbre che John
Weiler, brillante intellettuale
ebreo-americano, ha definito “cristofobia”
e che – a suo parere – è deleteria
per l’Europa. E’ un sordo e ottuso
odio anticattolico. L’intollerante
Voltaire strillava: “Ecrasez l’infame”
(“schiacciate l’infame”,
riferendosi a Cristo e al cristianesimo)
e – come aveva previsto Augusto Del
Noce – alla fine tutte le ideologie del
Novecento si danno appuntamento in questo
deserto nichilista. Qui, per incanto, si
trovano d’accordo Paolo Mieli ed
Eugenio Scalfari, la Cgil e i salotti
dell’alta finanza, chi viene da Salò e
chi viene dalle Botteghe Oscure. Le
gerarchie cattoliche dovrebbero
riflettere su tutte le forze che fanno
squadra (e talora anche compasso).
Leggendo
“La Cattedrale e il cubo” di George
Weigel si trovano delle chiavi di
interpretazione. È sempre più
necessario un forte e autonomo movimento
cattolico di laici, che sia presente
direttamente nella società e che eviti
ai vescovi questo eccesso di esposizione.
E di ritorsione.