STRASBURGO. Da Praga a Coira, dalla Repubblica Ceca alla Confederazione Elvetica, un
piccolo passo verso occidente restando nel cuore dell'Europa.
Il nuovo presidente della Ccee (Consiglio delle conferenze episcopali europee) per i
prossimi cinque anni è monsignor Amédée Grab, che entrerà ufficialmente in carica nel
giugno prossimo. Succede al cardinale Miloslav Vlk, alla guida del Ccee dal 1993. Grab ha
71 anni, è benedettino ed è vescovo dal 1987. A Coira dal 1998, presiede la Conferenza
episcopale svizzera. I 34 presidenti delle conferenze episcopali nazionali l'hanno eletto
ieri pomeriggio a Strasburgo, nel corso della loro assemblea plenaria convocata
all'immediata vigilia dell'Incontro ecumenico europeo che si apre oggi, e che culminerà
domenica mattina con la firma della «Charta
Oecumenica» da parte di Ccee e Kek
(Conferenza delle Chiese europee). Con Grab sono stati rinnovati anche i due presidenti,
che sono il cardinale inglese Cormac Murphy-O'Connor, arcivescovo di Canterbury, e il
croato Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria: ovest ed est.
Questa «contrapposizione» tra est e ovest non piacerà forse a Vlk, che proprio al
dialogo tra Chiese dell'est e dell'ovest dalla caduta del Muro di Berlino ha dedicato la
parte centrale, autobiografica e forse più sentita, della sua prolusione. Per sgombrare
il terreno dalla macerie del Muro, il Ccee ha dato un contributo «provvidenziale.
Qualche giorno fa - ha ricordato Vlk - un vescovo dell'est durante un nostro incontro
diceva: un muro ci aveva relegati tra i paesi d'Oltrecortina. Ancora oggi davanti al
processo di unificazione europea siamo dei candidati sotto esame e ci sentiamo di serie B.
Solo nella Chiesa, nel Ccee, siamo stati subito accolti come protagonisti alla pari».
Scontato? Per nulla. Semmai sorprendente, a cominciare dalla scelta fatta nel 1993 di «un
vescovo dell'est europeo che cinque anni prima era ancora lavavetri nelle strade di Praga
per la proibizione di esercitare il ministero sacerdotale». Vlk, l'ex lavavetri, ieri
confessava: all'inizio del mio mandato «serpeggiavano anche tra noi paure e sospetti, che
scaturivano dalle nostre evidenti diversità di storie, di tradizioni e di culture».
Tutto superato, a poco a poco: «Oggi le nostre diversità, mi sembra, non ci fanno più
paura, perché abbiamo sperimentato che possono diventare dei contributi per realizzare
una creazione comune, per costruire la realtà di una Chiesa una: non esiste una Chiesa
dell'est e un'altra dell'ovest. Come Chiesa cattolica, lo schema est-ovest in Europa non
è più attuale e va velocemente abbandonato».
Il segreto? Vlk non ha dubbi, ed esprime la sua convinzione ricorrendo alle parole della
Novo
millennio ineunte: «Questi anni con il Ccee sono stati "una casa e una scuola di
comunione". Non abbiamo tanto cercato di essere un organismo forte, con ampie
strutture e una grande visibilità sulla scena politica e sociale, ma abbiamo percorso una
via più discreta, credo in sintonia con lo stile del Vangelo. Le nostre plenarie sono
state prima di tutto un luogo di preghiera, incontro, amicizia, dialogo, scambio di
esperienze, fiducia, informazione, discussione su problemi comuni, rapporti personali».
Casa e scuola di comunione anche per il futuro. Questo si augura Vlk, in un discorso che
è una sorta di consegna al suo successore. Casa e scuola della fede: «La prima
preoccupazione è che gli europei credano in Dio e abbiano occasione di incontrarsi con
Gesù Cristo. Come vescovi siamo chiamati a essere i primi credenti».
In questa chiave Vlk legge «il contributo primo della Chiesa per la costruzione della
«casa» europea: sono convinto che l'Europa abbia bisogno innanzitutto di una grande onda
spirituale e che ogni nostro contributo sia originale solo se pensato e realizzato
esplicitamente alla luce del Vangelo».
Un Vlk realista e ottimista: è vero, forse l'Europa sta ancora vivendo «un'oscura notte
epocale», come diceva qualche anno fa il Papa in Spagna. Ateismo, nichilismo,
indifferenza, relativismo etico, sacro selvaggio... Ma il compito della Chiesa cattolica
sarà di mostrare che «nella notte è già presente l'alba», un'alba dello spirito.
Vlk non ha dimenticato, ovviamente, l'ecumenismo. Né la «Charta
oecumenica» («più che
un testo scritto, è un processo»). Ecumenismo come sfida radicale alla comunione.
Ecumenismo che «non può più limitarsi a rapporti bilaterali, che restano comunque
importanti, ma sempre più deve divenire un confronto, fatto insieme allo stesso tavolo,
di tutte le famiglie confessionali: cattolica, protestante e ortodossa». Confronto che da
oggi a domenica vivrà quattro giorni ad alta intensità.
Dopo che stamattina la plenaria del Ccee avrà consumato le sue ultime due sessioni,
sempre all'Università «Marc Bloch», alle 16, si aprirà l'Incontro europeo con due
interventi introduttivi, del cardinale Karl Lehmann, arcivescovo di Magonza e presidente
della Conferenza episcopale tedesca, e della pastora luterana Elfriede Doerr, trentunenne
rumena di origini tedesche, membro del Comitato centrale della Kek. La giornata si
conclude alle 18.30 con una celebrazione ecumenica nella Cattedrale.
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