Strasburgo. Mani di giovani per costruire l'unità dei cristiani. Ma anche voci unite
nella preghiera. Ieri gli under 30 (con qualche eccezione) riuniti presso il centro Ciarus
di Strasburgo hanno provato a dare un corpo e un anima al testo della Charta oecumenica.
Pregando insieme, riunendosi per discutere di globalizzazione, pace, Europa, mettendo in
mostra con cartelloni e altro alcune iniziative. Mani protestanti, mani cattoliche, mani
ortodosse.
«Questo documento a differenza dei molti altri bilaterali firmati anche recentemente,
come quello di Augusta sulla dottrina della giustificazione è l'unico scritto a tre mani
dalle tre anime dell'Europa», ha detto Sarah Numico del segretariato del Ccee,
presentando ai coetanei il procedimento usato nel lavoro congiunto. Ha poi preso la parola
l'ortodosso rumeno Viorel Ionita che ha illustrato i contenuti del testo (nella sua nuova
versione licenziata in gennaio) che verrà diffuso ufficialmente domenica.
I punti sui quali le Chiese si impegnano sono diventati dodici da nove che erano: maggiore
sviluppo è stato dato alla parte sul dialogo con l'ebraismo e l'islam. Un ultimo capitolo
guarda alle altre religioni e visioni del mondo, verso cui andare, se non sempre uniti, ha
detto Ionita, almeno senza agire l'un contro l'altro.
Nella premessa viene ribadito come il carattere del documento non è teologico, «anche se
- ha detto Viorita - ha implicazioni teologiche», né giuridico. Ciascuna Chiesa è
chiamata a concretizzarlo nella propria realtà, e a proporre variazioni per il futuro.
Come anche i giovani presenti.
Un testo dunque per ora definitivo, ma aperto. Come il cammino ecumenico. Che la Numico ha
paragonato alle acque dei due affluenti del Rio delle Amazzoni, le cui acque - nere quelle
del Rio Negro, chiare le altre - per un tratto, prima di confondersi, scorrono affiancate
e distinte. Così anche le Chiese. E i giovani sono anche loro chiamati a essere
protagonisti. Lo ha sottolineato il segretario del Cec, Keith Clements. «Speriamo di
poter dare loro una piattaforma di impegni e principi su cui lavorare per raggiungere una
maggior unità fra cristiani e una più grande armonia nella casa-Europa».
Ma come possono contribuire i giovani? In cosa possono impegnarsi per l'unità delle
Chiese? Per il belga cattolico Peter Wieers, di Anversa, fondamentale è la parola
incontro. «Nelle nostre realtà di appartenenza ci incontriamo troppo poco». Silvana
Bunea la butta sul teorico, ma mica tanto. E' ortodossa rumena. Studia teologia ecumenica
a Heidelberg con un borsa di studio del Diakonisches Werk, una sorta di Caritas
evangelica. E il suo contributo lo vuole portare come «insegnante» di ecumenismo.
«Forse i giovani sono più aperti al nuovo. Nella futura Europa allargata anche a nazioni
come la mia, nelle quali la memoria spesso non è riconciliata c'è bisogno che i giovani
costruiscano ponti».
Di «ponti» è esperta Laetitia Dily, luterana di Strasburgo, e dal 1999 impegnata nel
cammino ecumenico europeo «The Bridge» con altri giovani di altre confessioni.
«L'importante è avere anche un testo che ci guidi nell'andare verso gli altri cristiani.
Ma soprattutto che si traduca l'impegno nella vita concreta. Il cambiamento avviene a
partire da lì, lentamente. Non possiamo pretendere di fare rivoluzioni».
Nessun '68 e nessuna Seattle, insomma. nessuna bandiera dietro cui correre. Se un vessillo
può esserci è la croce di Cristo. Alcuni pannelli esposti a Strasburgo portavano le
immagini della Via Crucis ecumenica per i giovani che seimila comunità cattoliche
ed evangeliche tedesche celebrano il venerdì precedente le Palme. Per don Paul Huester,
43 anni, responsabile della pastorale giovanile per la Conferenza episcopale tedesca,
dalla Charta viene uno stimolo a proseguire nel lavoro per una maggiore coscienza
ecumenica. Badando bene al fatto che i giovani hanno una griglia di valori rovesciata
rispetto ai più anziani e privilegiano la credibilità delle persone sul valore teologico
delle idee».
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