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Suor Leonella, martire della fratellanza ripagata con l'odio

Il telegramma del Papa non è stato scritto solo ai famigliari della suora uccisa a Mogadiscio, ma a tutta la Chiesa. 

NEL RIAFFERMARE FERMA DEPLORAZIONE PER OGNI FORMA DI VIOLENZA SUA SANTITÀ AUSPICA CHE SANGUE VERSATO DA COSÌ FEDELE DISCEPOLA DEL VANGELO DIVENTI SEME DI SPERANZA PER COSTRUIRE AUTENTICA FRATERNITÀ TRA I POPOLI NEL RISPETTO RECIPROCO CONVINZIONI RELIGIOSE DI CIASCUNO. 

Nelle parole di un semplice telegramma, poche righe senza articoli, punteggiatura... c'è tutta la semplicità e la grandezza della fede di chi muore per una causa in cui crede. In queste poche righe è espressa una convinzione forte: suor Leonella non è morta, ha versato il sangue. E nel linguaggio della Chiesa, l'azione del "versare il sangue per..." è l'azione dei martiri. Suor Leonella non sarà ancora martire in senso ufficiale, non sappiamo neanche se la diventerà davvero, ma alla Chiesa il Papa la propone così. I martiri non sono perfetti, ma sono persone che "perfettamente" si donano per una causa giusta: la causa del "Vangelo per"...non il semplice Vangelo, quasi come se fosse un testo da proporre, o una bandiera da mostrare. Ma il Vangelo "per", il Vangelo che diventa azione, politica, vita.

La drammatica uccisione di suor Leonella Sgorbati in Somalia è un gesto simbolico, purtroppo, di grande peso. Per due ragioni fondamentali. 

Innanzitutto, perché, di fatto, anche in assenza di precise rivendicazioni, si tratta di un ricatto. Col minacciare le vite e i simboli cristiani che vivono in terra islamica, è come se si volesse far ritrattare al Papa parole che non ha detto e quanto non ha neppure pensato. E questo è un ricatto molto più pesante delle proteste diplomatiche, delle manifestazioni pilotate, delle minacce sui siti islamici fondamentalisti, che poi sono quasi tutti: non è giusto né civile non permettere al Papa - come del resto ad ognuno da noi è permesso - la libertà di pensiero e di parola, la libertà di non essere pretestuosamente frainteso. È quanto di più grave finora accaduto nel confronto tra l'occidente non tanto con l'Islam, quanto con il fondamentalismo islamico, con la violazione di tutti i diritti di rispetto e di reciprocità sempre invocati dalle Nazioni Unite.

Un'altra ragione rende più grave la valenza simbolica di questo gesto: a essere colpita è stata una donna, una donna che non aveva nessuna delle caratteristiche di libertà sessuale, spesso vistosamente rivendicata nell'occidente, che ci vengono rimproverate dall'islam più tradizionale. È stata uccisa una donna dal capo velato, dal vestito modesto, che però il velo l'aveva scelto liberamente, e altrettanto liberamente aveva scelto di offrire la sua vita a Dio e al servizio degli altri. È questa libertà che è stata colpita, questa libertà segno di una cultura che attribuisce alle donne la stessa dignità degli uomini. E la sola presenza di donne di questo tipo, modeste e rispettose, ma libere e responsabili della loro vita e delle loro scelte, apre un problema: quello che per Benedetto XVI è il confronto tra le culture. Che prima di essere un dialogo teologico fra le religioni, è un confronto tra due universi culturali originati da due religioni diverse che, in questo caso, riservano un posto molto diverso alla donna. Se rivendichiamo infatti libertà e dignità della donna uguali a quelle dell'uomo, non vogliamo contrastare una intera tradizione religiosa, ma proponiamo un valore culturale non negoziabile: ed è proprio sul confronto tra le culture, sui loro principi fondanti che si deve centrare un dialogo, come ha proposto Benedetto XVI, «franco e sincero, con grande rispetto reciproco».

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