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Alla Settimana missionaria Cei le
esperienze di padre Giancarlo Politi (Pime) e di padre Elia Kurzun Betharramita
di Nazareth) sulla fedeltà al Vangelo in un contesto di minoranza
«Nel 1971, appena arrivato a Hong Kong, mi
imbatto in uno studente, in fuga dalla Cina, col corpo sfigurato dalle ustioni.
"Sei un missionario? Mi devi dire in che cosa io credo", chiede. Quel
giovane, che aveva corso il rischio di essere bruciato perché rifiutatosi di
abiurare il cristianesimo, pur non potendo approfondire i contenuti della sua
fede, aveva mantenuto una fedeltà a caro prezzo. Per me divenne l'icona
dell'essere credenti in situazione di prova e di minoranza».
Padre Giancarlo
Politi, missionario del Pime, già direttore di "Mondo e Missione" e
ora impegnato a Propaganda Fide per quanto concerne la Cina, ha aperto così la
sua testimonianza su cosa significhi "essere Chiesa in contesto di minorità",
uno dei momenti salienti della Settimana nazionale di spiritualità e formazione
missionaria che, promossa dall'Ufficio Cei per la cooperazione missionaria fra
le Chiese, si è tenuta la scorsa settimana in Assisi.
Impegnati a "discernere l'oggi di Dio", i 180 presenti ai lavori di
Assisi hanno accostato due realtà (oltre la Cina, la Terrasanta, per bocca di
padre Elia Kurzum, betharramita di Nazareth) agli estremi geografici
dell'immenso continente asiatico, frontiera per definizione della missione:
Ad accomunare due terre così diverse sono i paradossi: di qui la Terrasanta,
che, culla del cristianesimo, assiste a una continua emorragia di cristiani, in
fuga da guerra e disoccupazione; di là l'immensa Cina che, pur avendo ricevuto
l'annuncio del Vangelo nei primi secoli, avverte spesso la fede cristiana come
straniera.
Oggi, però, la Chiesa cinese ha una sua vivacità, nonostante l'esigua
percentuale dei cattolici: 10-12 milioni su 1,3 miliardi di persone. Pochi? «Erano
solo tre milioni e mezzo ai tempi di Mao: in mezzo, ha spiegato Politi, ci sono
state trent'anni di persecuzioni ferocissime, controlli severi del Partito,
pesanti limitazioni all'esercizio del culto: come spiegarlo, se non come un
miracolo?».
In Cina la domanda di accompagnamento alla fede «è impressionante», ma a
fronte di una popolazione immensa; la Chiesa cattolica fatica a farvi fronte.
Manca una generazione di preti (dal 1950 agli anni '80 non ci sono state
ordinazioni sacerdotali), i vescovi sono quasi tutti anzianissimi, la cultura
religiosa è in genere ferma al catechismo di Pio X.
In ogni caso, se negli anni '80 ci si chiedeva ancora se esiste la Chiesa in
Cina, oggi la risposta è un sì convinto: su 143 diocesi, oltre cento operano,
pur in un regime di "libertà a guinzaglio", ossia nella morsa di un
regime che ha inventato l'Associazione patriottica per cercare (senza riuscirci,
visto che la stragrande maggioranza dei vescovi riconosce l'autorità del Papa)
di controllarla da vicino.
Anche della Chiesa di Gerusalemme si può dire che testimonia la sua fedeltà a
Cristo, pur in un complicatissimo scenario religioso, culturale e politico quale
quello mediorientale. Padre Kurzum - per anni segretario del vescovo di
Nazareth, l'italiano Marcuzzo - lo dice a chiare lettere. Anche se ammette: non
è semplice per noi discernere l'oggi di Dio. Non lo era ai tempi della prima
Intifada, «quando i miei giovani, cristiani palestinesi, mi chiedevano se fosse
lecito gettare sassi sui carri armati israeliani». Non lo è oggi, in una
situazione incandescente come l'attuale, nella quale la Chiesa, a maggioranza
palestinese, vive sulla sua pelle le ferite e le divisioni della guerra in
corso. «L'Antico Testamento legittima il possesso della terra da parte ebraica.
Come spiegarlo ai palestinesi che vivono le conseguenze dell'occupazione
israeliana?».
La Chiesa di Terrasanta vede progressivamente ridursi il numero dei cristiani:
alcune parrocchie non esistono più. Che fare? «Il Patriarcato latino e i
greco-cattolici hanno promosso progetti per dare una casa e lavoro ai
palestinesi, è stata aperta l'università di Betlemme, diretta dai fratelli
delle scuole cristiane».
Anche sul fronte del dialogo il lavoro è intenso. Pur nella loro molteplicità
di tradizioni e riti, le Chiese cristiane di Terrasanta continuano tuttavia,
passo dopo passo, un faticoso ma promettente cammino di unità e comunione. Per
la Chiesa cattolica pietra miliare rimane il recente Sinodo, culminato con la
visita del Papa nel 2000. Ed è proprio grazie al Papa, alla sua decisa volontà
di pace, ha spiegato padre Elia, che i cristiani arabi hanno potuto rendere
credibile la loro testimonianza di solidarietà con i conterranei musulmani,
almeno con quanti di loro - la maggioranza, afferma deciso padre Elia -
rifiutano la violenza e respingono il terrorismo.
Medio Oriente e Cina, due mondi distanti e diversissimi. Ma il grido che arriva
di là alle Chiese sorelle d'Occidente è lo stesso: non dimenticateci.
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