"Hanno ucciso padre Thomas per tre motivi: perché religioso, perché
cristiano e perché caritatevole verso i più poveri": questo è quanto dichiara al
nostro giornale, a proposito dell'assassinio, nella notte del 16 agosto, di
padre Thomas Pandippallyil, carmelitano di Maria Immacolata, monsignor Joji
Marampudi, arcivescovo di Hyderabad, segretario della conferenza episcopale
dell'Andhra Pradesh, in India.
"I suoi assalitori lo hanno aspettato sulla strada di ritorno da una nostra
missione a Burgida - prosegue il presule -. L'agguato è probabilmente avvenuto
verso le dieci di sera nei pressi del villaggio di Balampilly, una zona
tristemente nota a causa delle violenze perpetrate da parte di gruppi di
hinduisti fanatici. Lo hanno fermato mentre viaggiava sulla sua motocicletta e
lo hanno massacrato a colpi di bastone. Hanno poi infierito e sfregiato il suo
corpo con delle lame. Io stesso mi sono recato sul posto dell'agguato la mattina
seguente e ho visto il suo sangue intriso nella polvere, ho visto lo scempio
fatto sul suo corpo".
A monsignor Marampudi chiediamo il motivo di tale violenza contro un religioso
cattolico. "È stato ucciso perché i missionari cattolici sono dalla parte dei
poveri in questa regione dove esiste ancora di fatto una ferrea forma di servitù
legata alla coltivazione della terra. Ai contadini non viene riconosciuto alcun
diritto da parte dei latifondisti che si servono di bande di fanatici hinduisti
per contrastare chiunque cerca di migliorare le condizioni di vita della
popolazione rurale. In questa regione il fanatismo di matrice hinduista usa la
religione solo come un pretesto per compiere efferati crimini. Tra noi cattolici
e i religiosi hinduisti moderati non c'è contrasto quando il dialogo riguarda i
valori dello spirito. I contrasti vengono creati da chi usa pretesti
pseudo-religiosi per scopi di parte".
All'arcivescovo di Hyderabad chiediamo quali sono le condizioni dei cattolici
che vivono nella sua diocesi e come risponde alle accuse di proselitismo
cristiano apparse anche recentemente sulla stampa indiana. "I fedeli in questa
mia diocesi spesso vivono in una condizione di terrore - risponde monsignor
Marampudi -. Qui i cattolici sono veramente una eroica e significativa
minoranza. Nella parrocchia dove è avvenuto l'assassinio sono solo cinque le
famiglie che si dichiarano cattoliche. Persino frequentare regolarmente le
funzioni religiose è ormai un serio rischio. Come possono accusarci di
proselitismo se la nostra condizione è così precaria? I contadini delle aree
rurali devono solo obbedire ai latifondisti che sono tutti di fede hinduista.
Essere cristiani ed essere, in particolare, cattolici è una scelta molto
coraggiosa, ma una scelta che mette a rischio la propria vita e quella dei
familiari. Noi aiutiamo costantemente i poveri agricoltori ma certo non facciamo
proselitismo tra di loro. Sappiamo bene che chi si converte al cattolicesimo in
certe zone di questa regione è poi obbligato ad abbandonare il proprio
villaggio. Tuttavia la vendetta degli estremisti hinduisti spesso colpisce
familiari anche lontani".
L'arcivescovo di Hyderabad si dichiara molto preoccupato per il clima di
violenza che è stato volutamente creato in alcune zone rurali dell'Andhra
Pradesh dai gruppi di hinduisti fondamentalisti nel corso degli ultimi anni.
"L'assassinio di padre Thomas è stato un atto di odio verso la Chiesa cattolica
in particolare ma anche verso tutti i cristiani che vivono in questa regione"
dichiara l'arcivescovo. Nel corso del 2006 e del 2007 sono stati assassinati in
Andhra Pradesh quattro pastori appartenenti a varie Chiese riformate. Alcune
delle uccisioni sono avvenute in circostanze analoghe a quelle dell'assassinio
di padre Thomas. Nessuno degli autori di questi reati è stato finora
identificato in seguito alle indagini condotte dagli organi della polizia
locale. Nessun tribunale in Andhra Pradesh si è mai riunito per giudicare
esecutori e mandanti di tali efferati crimini benché i nomi dei capi degli
estremisti hinduisti locali sono certamente conosciuti.
Chiediamo a monsignor Marampudi se è stata predisposto da parte delle autorità
di polizia un sistema di protezione per chi è costantemente minacciato dai
fanatici. "Noi religiosi cattolici - risponde l'arcivescovo - non godiamo di
alcuna protezione preventiva. Non mi preoccupo comunque più di tanto della mia
incolumità fisica. Vorrei invece richiamare l'attenzione dell'autorità in favore
delle nostre missionarie e missionari. Diversi gruppi di suore lavorano
costantemente a favore dei bisognosi in località relativamente isolate dove vi è
la totale assenza di tutori della legge. Lavorano con grave rischio per se
stesse. Operano a favore dei bambini e degli anziani. Aiutano le mamme e i
malati. Organizzano la scuola per i giovani analfabeti. Lavorano confidando solo
nella protezione di Dio. Si prodigano per aiutare il prossimo e rendere così la
testimonianza al vangelo. Penso a queste suore missionarie certamente eroiche.
Penso ai sacerdoti missionari sempre impegnati in soccorso degli ultimi come
appunto padre Thomas. Penso alla nostra piccola Chiesa di Hyderabad. Piccola
Chiesa per il numero dei fedeli ma certamente grande per il loro eroismo.
Eroismo per la loro costante testimonianza di fede in Dio e nel vangelo.
Ovviamente questo non significa che non mi dia da fare per cambiare questo clima
di violenza in un clima di fratellanza e di concordia. Spesso sono in contatto
con il nunzio apostolico a Delhi, monsignor Pedro López Quintana. A lui chiedo
di far presente alle autorità del governo centrale la situazione della mia
diocesi e della Chiesa in Andhra Pradesh in generale. Lancio appelli non solo in
favore di noi cattolici ma anche in favore di tutti gli altri confratelli nella
fede in Cristo".
Le esequie di padre Thomas Pandippallyil vengono celebrate questo mercoledì 20
agosto nella casa provinciale dei Carmelitani a Ballampilly dove verrà sepolto.
L'apostolato del vangelo e il martirio per la fede rimangono a testimonianza
della sua vita.
(©L'Osservatore Romano - 20 agosto 2008)