Antiochia, 22 aprile – “Riconoscere il genocidio armeno
rappresenterebbe per la Turchia un passo importante verso la completa
democratizzazione del paese ed un guadagno di prestigio a livello
internazionale”. Lo ha detto Ghagik Bagdassarian, ambasciatore della
Repubblica d’Armenia in Italia, che come tutti gli armeni a distanza di
decenni continua a chiedere alla Turchia - autrice dello sterminio -
di ammettere le sue responsabilità e al mondo di non dimenticare. Il prossimo 24 aprile ricorre il 90° anniversario dell'inizio dello sterminio
di oltre un milione e mezzo di armeni tra il 1915 e il 1923. La
Turchia non accetta la denominazione di "sterminio": per Ankara,
infatti, 300 mila armeni e migliaia di turchi furono uccisi in una
“rivolta civile” durante la prima guerra mondiale, quando i primi si
ribellarono al potere ottomano. Le accuse di pulizia etnica sono definite
dal governo turco un'"invenzione per indebolire la nazione".
Di recente il fronte della negazione ostinata ha fatto apparire alcune
crepe e anche in Turchia si comincia a parlare di una “questione
armena”. In previsione del futuro ingresso della Turchia nell’Unione
Europea, ad Ankara sono giunte ripetute esortazioni da parte dei
parlamenti di Francia, Canada e Svizzera per arrivare ad un riconoscimento
ufficiale del genocidio.
Recep Tayyp Erdogan, premier turco, ha esortato gli storici
ad esaminare gli archivi del suo paese per stabilire la verità. ''Gruppi
di storici delle due parti possono condurre studi sui nostri documenti di
allora - ha detto il primo ministro riferendosi a turchi e armeni - non
vogliamo che le future generazioni vivano sotto l'ombra dell'odio e del
risentimento''. Nel frattempo è scoppiata un’accesa polemica sui media
nazionali per convincere l’opinione pubblica che questa indagine, voluta
dall’Europa, è un ricatto per assecondare le pretese e le
rivendicazioni infondate degli armeni.
Un piccolo gruppo d'intellettuali turchi ha cominciato a mettere in
dubbio la versione del governo, ma la cosa non è stata gradita. Il
celebre scrittore turco Orhan Pamuk dopo aver ammesso ad un giornale
tedesco che ''un milione di armeni vennero uccisi in Turchia'', ha
ricevuto minacce di morte.
Ghagik Bagdassarian, ha detto invece che il giudizio storico
“va circoscritto a chi effettivamente fu responsabile dello sterminio”
(i governanti turchi di quel periodo storico) e che gli armeni non hanno
intenzioni di “colpevolizzare il popolo turco”.
Gli armeni, soprattutto quelli che vivono ancora in territorio turco
(solo 80 mila), non pretendono altro se non che il genocidio del loro
popolo smetta di essere “un crimine senza nome”, ma venga riconosciuto
come una profonda ferita per tutta l’umanità.
Come sottolineano alcuni sopravvissuti “90 anni non sono tanti, sono
pochissimi se la tragica lezione della storia non è servita, se quel
genocidio fu la prova di orchestra per altre stragi, per altri
olocausti”. “Non sono niente - continuano - se, ancora oggi, c’è
chi fa finta di non ricordare, chi antepone gli interessi economici o
politici ai principi di verità e giustizia. Non vale nulla il sacrifico
di quei martiri se sui libri di storia neppure una riga è dedicata a
loro, se la ricorrenza passa sotto silenzio, se si giustifica e si diventa
complici dei criminali di allora”.
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[Fonte: AsiaNews 22 aprile; 23 settembre 2005]