Tribunale turco blocca la conferenza sul genocidio armeno 

È la seconda volta che l’incontro viene sospeso: tra i partecipanti, alcuni studiosi critici sulla versione ufficiale del governo sui fatti della I guerra mondiale.


Ankara, 23 settembre – Un tribunale di Istanbul ha ordinato ieri di sospendere una conferenza universitaria sul massacro degli armeni durante il periodo ottomano prevista per oggi a Istanbul. Nell’incontro diversi studiosi e intellettuali turchi avrebbero parlato della delicata questione da un punto di vista critico rispetto alla versione ufficiale del governo. Tra il 1915 e il 1923 furono uccisi oltre un milione e mezzo di armeni. La Turchia non accetta la definizione di "sterminio": per Ankara, infatti, 300 mila armeni e migliaia di turchi furono uccisi in una “rivolta civile” durante la prima guerra mondiale, quando i primi si ribellarono al potere ottomano. Le accuse di pulizia etnica sono definite dal governo turco "un'invenzione per indebolire la nazione".

Secondo fonti diplomatiche occidentali, dietro la decisione del tribunale vi sono forze interne allo Stato contrarie all’entrata del paese nell’Unione europea. L’apertura dei negoziati sull’ingresso della Turchia nell’Ue è prevista per il 3 ottobre. Il verdetto di ieri ha creato imbarazzo al governo turco; il primo ministro, Recep Tayyip Erdogan, ha condannato il provvedimento della corte definendolo non conforme alla libertà e modernità in Turchia. Il premier ha ricordato che il diritto alla libertà d’espressione è una parte essenziale della democrazia.

La conferenza, intitolata “Gli armeni ottomani in un Impero in declino”, doveva aprirsi oggi all’Università del Bosforo di Istanbul. L’appuntamento, previsto già per il maggio scorso, era stato rimandato dopo che il ministro della Giustizia aveva dichiarato che lo scopo del convegno era pugnalare la Turchia alle spalle.

La richiesta di fermare la conferenza è stata avanzata dall’Unione degli avvocati turchi e da altri legali. I dettagli del loro reclamo non sono, però, ancora stati chiariti. Gli ospiti dell’incontro hanno annunciato che faranno appello e sono determinati ad andare avanti con il loro lavoro nei prossimi giorni.

Il massacro degli armeni è stato a lungo un tabù in Turchia: fino a poco tempo fa anche solo discuterne era illegale. Di recente un piccolo gruppo d'intellettuali turchi ha cominciato a mettere in dubbio la versione del governo, ma la cosa non è stata gradita. Il celebre scrittore turco Orhan Pamuk dopo aver ammesso ad un giornale svizzero che “in Turchia vennero uccisi un milione di armeni e 30 mila curdi”, dovrà presentarsi il 16 dicembre prossimo davanti a un altro tribunale di Istanbul per rispondere della grave accusa di “offesa deliberata all’identità turca”. Il reato è punibile fino a tre anni di reclusione.

All’inizio del mese il Commissario Ue per l’allargamento, Olli Rehn, ha dichiarato che il perseguimento legale di  Pamuk solleva "serie preoccupazioni" sulle trattative con Ankara.

Così se ne parlava in aprile:
Riconoscere il genocidio armeno, una necessità per la democrazia turca
di Mavi Zambak

In occasione del 90° anniversario dello sterminio di un milione e mezzo di armeni, i sopravvissuti chiedono di non dimenticare. Nel governo e nella società turca qualcosa si muove.


Antiochia, 22 aprile – “Riconoscere il genocidio armeno rappresenterebbe per la Turchia un passo importante verso la completa democratizzazione del paese ed un guadagno di prestigio a livello internazionale”. Lo ha detto Ghagik Bagdassarian, ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, che come tutti gli armeni a distanza di decenni continua a chiedere alla Turchia - autrice dello sterminio - di ammettere le sue responsabilità e al mondo di non dimenticare. Il prossimo 24 aprile ricorre il 90° anniversario dell'inizio dello sterminio di oltre un milione e mezzo di armeni tra il 1915 e il 1923. La Turchia non accetta la denominazione di "sterminio": per Ankara, infatti, 300 mila armeni e migliaia di turchi furono uccisi in una “rivolta civile” durante la prima guerra mondiale, quando i primi si ribellarono al potere ottomano. Le accuse di pulizia etnica sono definite dal governo turco un'"invenzione per indebolire la nazione".

Di recente il fronte della negazione ostinata ha fatto apparire alcune crepe e anche in Turchia si comincia a parlare di una “questione armena”. In previsione del futuro ingresso della Turchia nell’Unione Europea, ad Ankara sono giunte ripetute esortazioni da parte dei parlamenti di Francia, Canada e Svizzera per arrivare ad un riconoscimento ufficiale del genocidio.

Recep Tayyp Erdogan, premier turco, ha esortato gli storici ad esaminare gli archivi del suo paese per stabilire la verità. ''Gruppi di storici delle due parti possono condurre studi sui nostri documenti di allora - ha detto il primo ministro riferendosi a turchi e armeni - non vogliamo che le future generazioni vivano sotto l'ombra dell'odio e del risentimento''. Nel frattempo è scoppiata un’accesa polemica sui media nazionali per convincere l’opinione pubblica che questa indagine, voluta dall’Europa, è un ricatto per assecondare le pretese e le rivendicazioni infondate degli armeni.

Un piccolo gruppo d'intellettuali turchi ha cominciato a mettere in dubbio la versione del governo, ma la cosa non è stata gradita. Il celebre scrittore turco Orhan Pamuk dopo aver ammesso ad un giornale tedesco che ''un milione di armeni vennero uccisi in Turchia'', ha ricevuto minacce di morte.

Ghagik Bagdassarian, ha detto invece che il giudizio storico “va circoscritto a chi effettivamente fu responsabile dello sterminio” (i governanti turchi di quel periodo storico) e che gli armeni non hanno intenzioni di “colpevolizzare il popolo turco”.

Gli armeni, soprattutto quelli che vivono ancora in territorio turco (solo 80 mila), non pretendono altro se non che il genocidio del loro popolo smetta di essere “un crimine senza nome”, ma venga riconosciuto come una profonda ferita per tutta l’umanità.

Come sottolineano alcuni sopravvissuti “90 anni non sono tanti, sono pochissimi se la tragica lezione della storia non è servita, se quel genocidio fu la prova di orchestra per altre stragi, per altri olocausti”. “Non sono niente - continuano - se, ancora oggi, c’è chi fa finta di non ricordare, chi antepone gli interessi economici o politici ai principi di verità e giustizia. Non vale nulla il sacrifico di quei martiri se sui libri di storia neppure una riga è dedicata a loro, se la ricorrenza passa sotto silenzio, se si giustifica e si diventa complici dei criminali di allora”.
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[Fonte: AsiaNews 22 aprile; 23 settembre 2005] 
 

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