In Turchia un clima sempre più ostile per i cristiani
Giorgio Paolucci, su Avvenire del 22 febbraio 2006

Campagne di stampa denigratorie e un film che incendia l'opinione pubblica. «Ci incolpano di proselitismo e di attentare all'identità turca e islamica Ma siamo trentamila su 70 milioni»


«Inutile nasconderlo: la situazione per i cristiani in Turchia si fa sempre più difficile e la paura cresce. Stamattina, ad esempio, sono arrivate nuove minacce telefoniche a Pierre Brunissen, il parroco della chiesa di Samsun dove nei giorni scorsi un gruppo di giovani era entrato urlando slogan minacciosi e strappando alcuni cartelli. Dopo l'omicidio di don Santoro chiese, sacerdoti e religiosi vengono tenuti sotto stretta sorveglianza dalla polizia».

Anche a monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia, è stata assegnata la scorta, che lo abbandona solo quando va a dormire nella sua casa di Iskenderun. Il vescovo, in Italia per pochi giorni, domani verrà ricevuto in Vaticano da Benedetto XVI, al quale documenterà il clima sempre più ostile in cui la comunità cattolica è costretta a vivere.

Quali sono i segni di questa ostilità?
Cominciamo dalla stampa: ogni settimana c'è qualche giornale che presenta qualcosa di negativo sui cristiani. È stata orchestrata una vera e propria campagna diffamatoria in cui veniamo accusati di fare opera di proselitismo e di attentare all'identità di una terra che deve restare «turca e musulmana». È un'accusa che si salda con gli attacchi di circoli nazionalisti e di gruppi islamici radicali, ma è totalmente infondata. Semmai, si può dire che la presenza cristiana si sta riducendo. I cattolici dei diversi riti sono circa 30mila su 70 milioni di abitanti. Veda lei.

Anche don Santoro è stato coinvolto in queste accuse. Si parla di denaro offerto ai musulmani che si convertono.
Lo conoscevo bene, escludo una simile ipotesi. Se l'avesse fatto, non avrebbe avuto «solo» i tre-quattro catecumeni che frequentavano la sua chiesa a Trebisonda. La verità è che il proselitismo è un alibi a cui si sta facendo ricorso per rinfocolare una polemica che è insieme anticristiana e antioccidentale.

E voi come reagite?
Ho dato incarico a un avvocato di querelare i giornali che rilanciano queste accuse prive di fondamento, e abbiamo già ottenuto la pubblicazione di alcune rettifiche. Ma lei capisce, la smentita arriva quando il fuoco già divampa. Metta nel conto anche interventi devastanti, come la recente dichiarazione della moglie dell'ex premier Ecevit in televisione...

Cosa ha detto?
Ha detto che «la religione islamica sta scivolando dalle nostre mani e sono molti i musulmani che si convertono al cristianesimo». Aggiunga a questo le parole infuocate di Hasan Kundakei, un generale attualmente in pensione: pochi
giorni fa ha denunciato che la Turchia è diventata un Paese «dove i missionari possono agire indisturbati, replicando quanto fecero gli armeni contro gli ottomani durante la prima guerra mondiale». Come si può vivere tranquilli quando persone così autorevoli parlano in questa maniera? E poi c'è quel film che sta facendo clamore...

Quale film?
S'intitola «La valle dei lupi-Iraq», è stato molto pubblicizzato e sta riscuotendo grande successo nelle sale. Contiene accostamenti tendenziosi tra le violenze perpetrate dai soldati americani sulla popolazione irachena e i simboli cristiani. Se ne ricava un'equazione incendiaria: Occidente cristiano uguale violenza contro i musulmani.

In queste condizioni il processo di avvicinamento della Turchia alla Ue si fermerà?
È proprio quello a cui stanno puntando nazionalisti e fondamentalisti: destabilizzare il Paese per dimostrare che «non può» entrare in Europa, facendo fallire i tentativi del premier Erdogan.

E il governo cosa fa?
Sono convinto che Erdogan stia cercando di rispettare gli impegni presi per arrivare all'ingresso nella Ue. Non solo quelli di tipo economico, anche quelli legati alla democrazia e alla libertà religiosa. Ma in Turchia è come se ci fossero due Stati: uno ufficiale e uno parallelo, costituito da un incrocio tra apparati burocratici, nazionalismo e radicalismo islamico, che se il Paese diventasse membro dell'Unione Europea perderebbero il potere reale che hanno ora. Quello che è certo è che non si può vivere insieme se non si rispettano i principi fondamentali della democrazia e del pluralismo. E noi cristiani vogliamo vivere insieme ai musulmani.

Al di là degli schieramenti organizzati, che aria si respira nella società turca?
Non si può generalizzare. Nelle grandi città (Smirne, Istanbul, Mersin) operano minoranze esagitate che cercano di avvelenare il clima. Buona parte della popolazione non condivide questi atteggiamenti, ma neppure si muove per arginarli. I militanti scaldano le piazze, i benpensanti stanno a guardare. Poi ci sono centri al Nord come Samsun e Trebisonda dove il fondamentalismo ha più seguito tra la gente e condiziona i giornali, e la presenza cristiana è ridotta al lumicino. Al Sud, dove vivo io, i cattolici hanno mantenuto una certa consistenza e non ci sono grandi problemi, almeno rispetto a quello che accade altrove: qualche vetro in frantumi, campanelli rotti...

Quando riaprirà la chiesa di Trebisonda, chiusa per motivi di sicurezza dopo la morte di don Santoro?
La prossima settimana, mentre il 5 marzo verrà celebrata una messa in sua memoria. Stiamo cercando chi prenderà il suo posto, per continuare la sua piccola-grande opera di testimonianza.

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