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Il dinamismo della minuscola comunità cattolica in Turkmenistan

Secondo padre Andrzej Madej, OMI, Superiore della missione “sui iuris” in Turkmenistan, in questa ex Repubblica sovietica dell’Asia Centrale che conta 5 milioni di abitanti per la maggior parte musulmani, ci sono poco più di 64 cattolici battezzati, una cinquantina di catecumeni e un numero simile di “amici della nostra fede”. In una recente visita ad “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (AIN), questo missionario polacco di 55 anni di età ha detto: “Il lavoro catechetico con adulti e giovani, la preghiera – in particolare la recita del Rosario – e, soprattutto, la celebrazione dell’Eucaristia ci aiutano a sopravvivere e a conferire alla nostra comunità dinamismo e forza interiore”.

Padre Madej, che ha sede ad Asjabat, la capitale turcomanna, ha aggiunto: “Psicologicamente, ci sentiamo isolati (dal resto della Chiesa), perché nel Paese lavorano due sacerdoti cattolici, però nessuna religiosa, e non abbiamo neanche delle chiese. La Messa e le altre funzioni religiose vengono organizzate nelle case private”.

Ed ha poi aggiunto: “Quando, cinque mesi prima della sua morte, mi sono incontrato con Papa Giovanni Paolo II, gli ho mostrato una pietra della montagna Kopet-Dag, dicendogli: ‘Santo Padre, nutriamo la speranza di poter un giorno costruire una chiesa cattolica nel nostro Paese’. Il Papa benedisse la pietra che ora custodisco in casa mia, anche se spero non per molto tempo ancora”.

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