«A proposito della
Dichiarazione difesa dei diritti e ideologia»
Osservatore Romano 20 dicembre 2008
Così si esprimono i media: "L'Osservatore Romano duro
sulla proposta contro il reato di omosessualità "Vogliono aprire la
strada al matrimonio gay e alla possibilità di adozione". Onu, nuovo
attacco Vaticano alla Francia "Abbatte la differenza uomo-donna".
Ma è bene conoscere come stanno realmente le cose
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Il documento francese proposto alle
Nazioni Unite non è un documento finalizzato, in primis, alla
depenalizzazione dell'omosessualità nei Paesi in cui è ancora
perseguita, come i media, semplificando, hanno raccontato. Se fosse
stato così, non ci sarebbe stato motivo perché l'Osservatore Permanente
della Santa Sede a New York criticasse quel documento. La Chiesa
Cattolica, del resto, basandosi su una sana laicità dello Stato, ritiene
che gli atti sessuali liberi tra persone adulte non debbano essere
trattati come delitti da punire dall'Autorità civile. In merito, anche
recentemente, il Magistero ecclesiastico ha affermato che la dignità
delle persone omosessuali "deve sempre essere rispettata nelle parole,
nelle azioni e nelle legislazioni" (Lettera sulla cura pastorale delle
persone omosessuali, n. 10) e che a loro riguardo si dovrà evitare "ogni
forma di ingiusta discriminazione" (Catechismo della Chiesa cattolica,
n. 2358). La posizione della Chiesa su questo tema - è bene ricordarlo -
è stata sempre moderata e coerente con la sua morale.
Ma questo documento, in realtà, parla d'altro, e cioè promuove una
ideologia, quella dell'"identità di genere" e dell'"orientamento
sessuale". Le categorie di "orientamento sessuale" e di "identità di
genere", che nel diritto internazionale non trovano alcuna chiara
definizione, vengono introdotte come nuove categorie di discriminazione
e si cerca di applicarle all'esercizio dei diritti umani.
Si tratta, invece, di concetti controversi su base internazionale, e non
solo dalla Chiesa, in quanto implicano l'idea che l'identità sessuale
sia definita solo dalla cultura, e quindi suscettibile di essere
trasformata a piacere, secondo il desiderio individuale o le influenze
storiche e sociali.
In sostanza, introducendo tali categorie, si nega l'ancoraggio anzitutto
biologico della differenziazione sessuale e lo si recepisce soltanto
come un limite, piuttosto che come fonte di significato, quale invece è.
Si dà impulso al falso convincimento che l'identità sessuale sia il
prodotto di scelte individuali, insindacabili e, soprattutto, meritevoli
in ogni circostanza di riconoscimento pubblico. Si promuove, di
conseguenza, un'idea sbagliata di parità, che intende definire uomini e
donne secondo un'idea astratta di individuo.
Non si tratta purtroppo di teorie marginali, se si pensa che le proposte
di riconoscimento di diritti di famiglia alle coppie omosessuali -
incluse quelle relative all'adozione e alla procreazione assistita - si
basano sull'idea che la polarità eterosessuale non sia un elemento
fondante della società, ma un arbitrio da cancellare.
Quindi il tentativo di introdurre le citate categorie di discriminazione
si salda con quello di ottenere l'equiparazione delle unioni dello
stesso sesso al matrimonio e, per le coppie omosessuali, la possibilità
di adottare o "procreare" bambini. Bambini che rischierebbero, tra
l'altro, di non conoscere mai uno dei due genitori e di non poter vivere
con lui o lei.
Ma non è questo il solo pericolo: l'introduzione di tali categorie mette
a rischio l'esercizio di altri diritti umani: si pensi alla libertà di
espressione, oppure a quella di pensiero, di coscienza e di religione.
Le religioni, per esempio, potrebbero vedere limitato il loro diritto di
trasmettere il proprio insegnamento, quando ritengono che il libero
comportamento omosessuale dei fedeli non sia penalizzabile, tuttavia non
lo considerano moralmente accettabile. E verrebbe così intaccato uno dei
diritti primari su cui si fonda la Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo del 1948: quello alla libertà religiosa.
Copyright © - L'Osservatore Romano 20 dicembre 2008
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