Sembra
conseguire risultati l’offensiva diplomatica della Santa Sede: al
parlamento iraniano si spera che il Papa “non cada nella trappola”
di chi vuole lo scontro di civiltà. Crescono i media musulmani che
spiegano l’intero discorso di Benedetto XVI in Germania e che
sostengono la necessità della migliore reciproca conoscenza tra le
religioni.
Qualcuno si dilunga a spiegare l’intero discorso di Benedetto XVI a
Regensburg (Ratisbona) e non si ferma più solo alla frase su Maometto
estrapolata dal testo, qualcun altro accetta l’affermazione che il
Papa ha fatto domenica, che quel giudizio non rappresenta il suo
pensiero, altri ancora sostengono che alla fin fine il Papa si è
scusato. L’offensiva diplomatica della Santa Sede, che vede i nunzi
spiegare ai governi dei Paesi islamici il vero significato del
discorso di Benedetto XVI sembra stia dando qualche frutto. Anche se
fonti di AsiaNews raccontano della tensione ancora percepibile
in alcuni Paesi, sembrano essersi in gran parte placate le
manifestazioni e le dichiarazioni di protesta. A gettare benzina sul
fuoco appaiono solamente i gruppi terroristici o chi cerca di usare
politicamente la vicenda.
In Iran, in una
dichiarazione fatta in Parlamento a nome del presidente Ahmadinejad e
pubblicata sulla semiufficiale Isna, Ahmad Mousavi ha sostenuto
che “ci si aspetta che il Papa abbia il senso del suo elevato ruolo
e pensi alle conseguenze delle sue parole” ed ha chiesto “rispetto”
per l’islam esprimendo la “speranza che il Papa non cada nella
trappola di coloro che vedono il loro vantaggio in una guerra tra
musulmani e cristiani”. Quanto al discorso sotto accusa, l’agenzia
parla di “scarsa conoscenza dell’islam”.
“Qualsiasi opinione
si abbia sul controverso discorso di Benedetto XVI a Regensburg –
scrive dal canto suo il saudita Arab News – esso sottolinea l’urgente
necessità di un più profondo dialogo fra persone di fede diversa. C’è
un pericoloso abisso di ignoranza sulle altre fedi e ciò colpisce
ugualmente musulmani, cristiani, ebrei e praticanti di altre
religioni; è pericoloso perché può essere sfruttato da fanatici e
opportunisti per i loro fini politici”. La recente vicenda delle
vignette su Maometto, sostiene il giornale, avrebbe dovuto stimolare
ad intensificare gli sforzi di dialogo, ma così non è stato. “Forse
ora, nella furia del chiasso papale, il messaggio può andare in
porto. Deve farlo. Nell’attuale villaggio globale, non possiamo
permetterci di essere ignoranti l’uno della fede dell’altro. L’ignoranza
nutre la paura e la paura nutre l’odio – e l’odio è appena ad
un passo da guerra e conflitti”.
Dal canto suo, il turco
Hurriyet, già capofila della protesta, scrive ora che
“la reazione degli islamici radicali al discorso del papa giustifica
l’affermazione che l’Islam è una religione di violenza. Ma se
leggiamo con attenzione il discorso di Papa Benedetto XVI, vediamo che
il dialogo tra culture come quello tra religioni sarà difficile”.
“Potrebbe anche essere sbagliato – aggiunge il quotidiano –
chiedere delle scuse al papa”, che ha voluto dire di aver solo
citato parole di un imperatore bizantino. “Ma questo non è il
centro del problema. E’ importante sottolineare i punti comuni in un
dialogo fra culture e che ognuno accetti l’altro così come è”.
Di “passo positivo”
parla il giordano Al Ra’i a proposito dell’Angelus del
Papa, del quale fornisce ampi stralci, mentre l’agenzia siriana Sana
dà un brevissimo resoconto delle proteste in alcuni Paesi islamici,
senza aggiungere commenti né notizie di reazioni nazionali.
Di “obbligo” per i
musulmani di accettare “le scuse” di Benedetto XVI parla Hasyim
Muzadi, presidente del Nadhlatul Ulama, la maggiore associazione
islamica dell’Indonesia. Il Jakarta Post riferisce che Hasyim
ha aggiunto che il rammarico di Benedetto XVI era “abbastanza” e
che un ulteriore risentimento da parte dei musulmani avrebbe solo
giustificato le affermazioni del Papa. “Se la collera continua –
ha sostenuto – forse ciò che ha detto il papa è vero”. La
Conferenza dei vescovi Indonesiani, dal canto suo, ha rilanciato una
dichiarazione del cardinale Julius Darmaatmadja: “io spero che l’incidente
non danneggi l’armonia religiosa che abbiamo cercato di costruire in
tutto questo tempo” e “l’atto di perdonarci l’un l’altro
sarà la base per un migliore dialogo nella nostra coesistenza”.
Un punto di vista
particolare è contenuto in un lungo editoriale di Asia Times.
Il giornale sostiene che “il Papa chiama i musulmani alla
conversione” e quindi è pericoloso. Il Jihad contro il quale ha
parlato Benedetto XVI è infatti “il sacramento fondamentale dell’Islam”.
Come l’Ultima cena, esso è “il sacrificio che apre ai credenti la
via verso l’eternità”, con la differenza che il jihad è il
sacrificio che ogni musulmano deve essere pronto a fare personalmente.
“Chiedere all’Islam di divenire moderato, di riformarsi, di
divenire una religione pacifica, della coscienza personale ha la
precisa equivalenza che chiedere ai cattolici di abolire la Messa”.
[C'è una bella differenza, ci pare, tra il sacrificio di un kamikaze e
il 'sacrificio' della Messa. In ogni caso questo dimostra che sono due
fedi molto diverse -ndr] Per questo, quando il mondo islamico vede in
Benedetto XVI un pericolo, “ha ragione”. Quanto alla “accusa”
di “offesa alla ragione” che Benedetto XVI ha rivolto al jihad, la
risposta del mondo musulmano doveva essere di chiedere al Papa quale
razionalità c’è in un Dio che manda suo figlio a morire sulla
croce o nella convinzione che durante la messa pane e vino divengono
realmente carne e sangue di quel figlio morto e risorto. [Questo loro
lo possono dire, un cristiano nei loro riguardi non può dire NULLA.
Non sono neppure in grado di rendersi conto che stanno parlando di un
grande mistero, che rientra nelle categorie di una Fede che illumina
anche l'uso della ragione. Significa parlare da 'osservatori esterni
di qualcosa che può essere vissuto solo dal 'di dentro'.. Questo
qualunque ateo ragionevole lo capisce. Ma loro no. Parlano tanto
dell'ignoranza del Papa (!) per l'Islam; ma questa non è ignoranza
del cristianesimo? -ndr]
Il fallimento del
tentativo del Vaticano di placare l’ira del mondo islamico è invece
sostenuto da Gulf Today e Middle East Time. I due
giornali si soffermano sulle manifestazioni e le minacce fatte ieri da
Al Qaeda sulla “conquista di Roma”.
Notizie di
manifestazioni, oggi, per ora non ci sono: in Indonesia il Fronte per
la difesa dell’Islam continua a protestare. Il Papa, a giudizio del
gruppo fondamentalista, “ha solo espresso il suo dispiacere, ma non
ha chiesto scusa”. Secondo un portavoce del Fronte, il Papa deve
chiedere scusa “direttamente” ai musulmani. “Chiare scuse”
sono state oggi chieste a Benedetto XVI anche dal muftì di Gerusalemme
Mohammed Hussein.
Geruselemme.
Importa al mondo musulmano l’opinione del papa cristiano
sull’Islam
David-Maria A. Jaeger, ofm
Nel
sentirsi offesi per il discorso di Regensburg (o meglio, per le
notizie parziali riportate dai media), è emersa una verità: il
pontefice è divenuto un “arbitro” della moralità universale, al
quale anche i musulmani guardano. Né Wojtyla, né Ratzinger hanno mai
sposato il “conflitto delle civiltà”.
Nell’Angelus di
domenica scorsa e nel chiarimento del card. Bertone il giorno prima,
il pontefice ha espresso il suo profondo dispiacere per il dolore
provato da molti musulmani, in seguito alla diffusione - piena di
parzialità - del suo discorso all’università di Regensburg. Grazie
alle sue parole, si può sperare che tutta la controversia potrà
esaurirsi. Ma cosa si può imparare dalla tempesta conflittuale che ha
colpito il mondo in questi giorni? Anzitutto, l’episodio
ha mostrato con evidenza l’importanza universale assolutamente unica
che tutti attribuiscono all’ufficio e alla persona del Vicario di
Cristo in terra. Grazie soprattutto alla serie eccezionale di papi dal
Vaticano II in poi – e anche prima – l’ufficio petrino non è più
considerato un fatto interno a una sola organizzazione religiosa, ma
una fonte di speranza e di certezza per tutta l’umanità. I
musulmani, come i cristiani, e moltissimi altri guardano al papa come
un arbitro universale per i valori morali, il difensore ultimo di una
giustizia imparziale per tutti, il depositario e l’interprete di
tutto quanto vi è di meglio nell’eredità morale dell’umanità.
In qualche modo il papa è divenuto la suprema figura paterna per
tutti, in ogni luogo.
Tutto ciò è stato
evidente in modo speciale nel lutto mondiale espresso alla morte del
servo di Dio Giovanni Paolo II. E vale la pena ricordare che per
giungere a questa posizione e mantenerla, i papi non hanno in nessun
modo rinunciato o annacquato la loro esplicita e costante
testimonianza al Cristo risorto. E in effetti è sempre stato chiaro
che proprio la loro dedizione nel predicare la salvezza mediante il
Cristo morto e risorto, ha fatto maturare l’attaccamento universale
alla loro persona e al loro ufficio, come esempio di fede coerente e
coraggiosa.
Questo spiega perché
quanto dice il papa interessa così fortemente i musulmani. Per
questo, le notizie diffuse dai media che il “padre universale” ha
bistrattato in modo ingiusto l’Islam e il suo profeta Maometto,
hanno causato ferite e dolore in molti musulmani nel mondo.
L’impatto è stato
amplificato dal contesto internazionale attuale, dove alcuni nel
cosiddetto occidente “cristiano” (vero solo in parte), sono
determinati nel demonizzare l’Islam e tutti i musulmani, fino a
ipotizzare a loro danno un “conflitto delle civiltà”. Come è
chiaro, né Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI hanno mai avallato
questa logica distruttiva; nessun papa potrebbe essere d’accordo nel
postulare una tale ingiusta e pericolosa divisione dell’umanità. È
anche chiaro che il Papa Benedetto XVI – e prima di lui Giovanni
Paolo II - ha denunciato con fermezza la violenza e il terrorismo, ma
ha sempre messo in luce che violenza e terrorismo non sono appannaggio
esclusivo o intrinseco dei seguaci del profeta Maometto. Anzi, sia
papa Wojtyla, sia papa Ratzinger hanno usato ogni occasione, come
quella di domenica all’Angelus, per affermare il contrario e per
rinnovare le solenni espressioni di profondo rispetto verso i fedeli
del Dio unico secondo i precetti dell’Islam, contenute nel Concilio
Vaticano II.
In mezzo a tanto
polverone di pregiudizio e ostilità, i musulmani hanno sempre
guardato al papa come ad un arbitro imparziale e giusto. Per questo
essi sono rimasti offesi quando – a causa di una falsa impressione
generata da notizie manipolate dai media – è sembrato che non fosse
così, e che il papa stesso sembrava dare una mano alle tesi dei
detrattori dell’Islam.
La cosa più importante
e più urgente adesso, è che la Chiesa si unisca con forza
attorno al papa per eliminare questa terribile impressione e per
restaurare l’immagine e la realtà di una Chiesa amica del mondo
musulmano e compagna di dialogo “su Dio e su tutte le cose in
riferimento a Dio”.
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[Fonte: AsiaNews 19 settembre 2006]