Allarme Islam, Gesù vietato alle cristiane
Paolo Luigi Rodari, su Il Tempo del 7 ottobre 2005

Il problema non è per niente secondario. E i vescovi presenti al Sinodo sull'eucaristia lo sanno.


Non a caso, quando monsignor Michel Christian Cartatéguy, vescovo di Niamey, nel Niger, ne ha parlato, tutti hanno rizzato le orecchie per ascoltarlo attentamente. È stato lui, infatti, a tirar fuori in maniera diretta le difficoltà che tante donne cristiane sposate con uomini musulmani hanno nell'accedere alla comunione. 

L’Islam accetta i matrimoni misti: l’uomo può sposare una donna di fede diversa, perché per lui è un dovere rispettare la fede e la pratica di sua moglie e provvedere ai suoi bisogni. Mentre non è possibile l'inverso: una musulmana non può unirsi con un uomo di un'altra religione poiché, non preoccupandosi del suo sostentamento materiale, potrebbe trovarsi in una situazione in cui il responsabile del focolare domestico non riconosce la sua fede, la sua pratica e le esigenze generali e particolari della sua religione. Il problema dell’"intolleranza religiosa" è rilevante soprattutto nei Paesi a maggioranza musulmana dove «le donne cristiane - sono parole di Cartatéguy - che sono sposate con dei musulmani sono sovente escluse dalla comunità musulmana e dalla comunità cristiana». 

«La donna cristiana - ha aggiunto Cartatéguy - non può ricevere il sacramento del matrimonio» e, allo stesso modo, «difficile per un musulmano partecipare ad un atto cristiano. In questo modo, le donne cristiane sposate a musulmani sono per sempre escluse dalla comunione sacramentale». 

Il problema è enorme soprattutto perché il rischio, frequente, è che la donna, sentendosi non integrata nella comunità in cui vive, possa sentire una forte spinta a cedere e cioè a convertirsi all'Islam. Certo, la dottrina cattolica insegna che in situazioni del genere è opportuno che la donna mantenga la propria fede e accetti semplicemente di fare la «comunione spirituale» ma - si è domandato il presule - «per vivere la comunione nella sua pienezza non bisogna anche comunicarsi?». E ancora: «Non ci sono mezze misure in questo campo, l'eucaristia è un incontro sensibile con Gesù Cristo. C'è la possibilità per un vescovo di permettere a queste donne di partecipare all'eucaristia?».

La domanda non è secondaria. L'intreccio tra cultura cristiana e religione musulmana è divenuta una caratteristica costante anche in Occidente. E l'eucaristia si trova nel bel mezzo di questa situazione. Essa è - come ha ricordato il patriarca di Venezia, Angelo Scola, nella sua relazione introduttiva al Sinodo - un dono e come tale non è «né un diritto né un possesso». Che tradotto significa: laddove non è possibile comunicarsi è necessario accettare di unirsi a Cristo soltanto spiritualmente tramite, appunto, la comunione spirituale.

Esplicito il vicepresidente della Conferenza episcopale turca, monsignor Luigi Padovese: «Nonostante il fatto che in Turchia ci sia la libertà di culto, i cristiani incontrano alcuni problemi nel celebrare le messe. Disgraziatamente - ha raccontato - ho dovuto chiudere cinque giorni fa la chiesa di Adana, perchè il Comune di Adana non mette in pratica una legge statale che prevede un congruo spazio tra il luogo di culto e l'abitato». E ancora. «A Tarso esiste una chiesa-museo: non ci è possibile celebrare l'eucaristia senza dover chiedere un permesso scritto. Quando arrivano gruppi, improvvisamente, la cosa riesce estremamente difficile. Credo che da parte della comunità cattolica, ma direi anche da parte della comunità cristiana, occorre far sentire la nostra voce affinché in luoghi così significativi per noi cristiani ci sia un posto dove poter celebrare l'eucaristia senza chiedere permessi».
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[Fonte: palazzoapostolico.it 6 ottobre 2005  

 

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