Beirut (AsiaNews) - Nel mondo arabo e
islamico si assiste a tutti i livelli ad una crescita del
fondamentalismo, visto come soluzione ai nostri disagi. Ciò si
manifesta anche in un’inchiesta pubblicata il 4 marzo da AsiaNews (cfr.:
AsiaNews.it, 03/04/2009, Paesi islamici rifiutano al Qaeda, ma anche
la politica americana), che mostra in 8 Paesi a maggioranza islamica
un certo rifiuto di Al Qaeda e degli attentati contro la popolazione
civile, e allo stesso tempo un rifiuto della politica americana in
Medio oriente e nel mondo.
1. Contro bombe e assassini
L’inchiesta mostra che “una larghissima maggioranza, fra il 67 e
l’89% condannano l’uso di bombe e assassini per raggiungere scopi
politici e religiosi; più del 70% è contrario ad attacchi contro
civili (in particolare americani)”.
Questo significa che nel mondo islamico vi è ancora del buon senso.
Ma allo stesso tempo è un segno grave: almeno il 30% appoggia
tuttora “bombe e assassini” contro la popolazione civile.
2. Contro le basi militari americane
La seconda domanda mostra che “una larga maggioranza sostiene lo
scopo di al Qaeda di “spingere gli Usa a rimuovere le basi americane
e le sue forze militari da tutti i Paesi islamici”. Fra questi vi
sono l’87% degli egiziani; il 64% degli indonesiani; il 60% dei
pakistani”.
Questa posizione dei Paesi islamici verso gli Usa è abbastanza
normale: non si capisce perché essi dovrebbero avere basi militari
in tutto il mondo. Io stesso non lo capisco. Nessun Paese, o quasi –
non l’Italia, il Giappone, la Gran Bretagna – ha stanziamenti
militari nel mondo con relative concessioni territoriali. Ciò
suppone la pretesa degli Stati Uniti di essere i “gendarmi del
mondo” per poter intervenire in ogni parte del globo.
Questa pretesa urta la sensibilità di qualunque nazione, soprattutto
87% in Egitto; 84% in Indonesia; 60% in Pakistan. Chi dà questo
diritto agli Stati Uniti? Solo la loro potenza. Questo è uno dei
punti che rende gli americani non graditi, anche se loro non lo
capiscono.
3. La Sharia e il Califfato
Un altro tema interessante dell’inchiesta è che il 65% degli
egiziani; il 48% degli indonesiani; il 76% di pakistani e marocchini
sostengono “la stretta applicazione della Sharia in tutti i Paesi
islamici e l’unificazione di tutte le nazioni islamiche in un unico
Stato islamico o Califfato”.
Questi due punti - la stretta applicazione della Sharia e il
Califfato - sono gravissimi e mostrano la crisi in cui versa il
mondo islamico.
Il Califfato è stato soppresso il 3 marzo 1924. Da allora il mondo
islamico si sente spaesato, perso, e cerca un sostituto senza
trovarlo. Anche i Fratelli Musulmani sono nati nel 1928 con questo
scopo. Vi sono tanti gruppi fondamentalisti che creano delle zone e
le chiamano “califfato”. Un quartiere a Baghdad è stato proclamato
califfato. È il desiderio di mettere almeno un brandello di terra
sotto il potere dell’Islam.
Ma questa non è la soluzione. È un simbolo che mostra il bisogno di
unità, ma bisogna rendersi conto che nel nostro tempo non è
possibile parlare di un unico stato islamico, non ha più alcun
senso. Il mondo non è retto dalla religione. Anche nei Paesi più
islamizzati vi sono interessi particolari. La stessa AsiaNews ha
pubblicato la notizia secondo cui l’Arabia saudita e l’Egitto hanno
chiesto ai Paesi arabi di fare fronte unico contro l’espansionismo
dell’Iran e contro l’intromettersi dell’Iran nella questione
palestinese, che è una “questione araba” (cfr AsiaNews.it,
04/03/2009, Ministro saudita chiede strategia comune per affrontare
la “sfida iraniana”). In tal modo si fa distinzione fra arabo e
iraniano e l’elemento islamico passa in secondo piano. Certo, può
anche essere che qui l’opposizione sia fra sunniti e sciiti, ma
resta il fatto che il mondo non è retto dalla religione, o solo
dalla religione. E voler fare uno Stato islamico unico è assurdo.
Non lo dico solo io, ma è provato dalla storia: mai i Paesi arabi
sono riusciti a fare l’unità, nemmeno fra due Paesi. L’Egitto ha
cercato di fare la Repubblica araba unita, prima con la Libia, poi
con la Siria e l’Iraq, ma tutto è naufragato. In arabo abbiamo un
proverbio che dice: “…Ittafaqa l-‘Arab ‘ala allâ yattafiqû” e cioè:
“Gli arabi si sono messi d’accordo nel non essere d’accordo”.
L’unico momento in cui sono d’accordo è quando decidono di andare
contro un terzo e spesso si perde (come è avvenuto contro Israele).
4. Alla ricerca della dignità perduta
Il desiderio di unità fra i musulmani è un bisogno assoluto. Ma
l’errore è che l’unico modello che loro hanno è quello di uno Stato.
Invece bisogna trovare un altro modello.
E’ vero che c’è l’Organizzazione dei paesi islamici, che raccoglie
57 Paesi, ma non ha grande efficacia. La strada da percorrere
sarebbe quella che tutti i musulmani si mettano d’accordo non a
livello politico – dove invece gli interessi non sono identici – ma
a un altro livello, quello dei principi e dei valori normativi
Per quanto riguarda la stretta applicazione della Sharia, di nuovo è
un sogno. È il desiderio di ritrovare una dignità, una statura
internazionale che include la religione. Tutti i nostri Paesi si
sentono umiliati. Essi sono guardati con poco rispetto: vi sono
Paesi ricchissimi, ma dove la corruzione è alle stelle; Paesi
dittatoriali; violenti;… Noi arabi non siamo fieri dei nostri Paesi
e tutti cerchiamo qualcosa che ci permetta di alzare la testa e
divenire così fieri da dire: Io sono egiziano, io sono saudita, io
sono libico…
L’applicazione della Sharia sembra essere la soluzione perché allora
“noi saremo veri musulmani”. Questa tendenza si diffonde moltissimo
(cfr. Fareed Zakaria, “Come convivere con l'islam radicale” sul
Corriere della Sera del 4 marzo 2009, tradotto da Newsweek) ed è
aiutata anche da governi occidentali. Nel mondo si diffonde l’idea
di dare più spazio alla Sharia in cambio di pace. È una tendenza che
si rileva in Pakistan, in Afghanistan, in Gran Bretagna, in Spagna e
perfino in Italia.
Questo significherà la chiusura di parecchie scuole di ragazze;
l’interdizione di scuole miste, anche per bambini; divieto della
musica; un diritto matrimoniale ingiusto verso la donna; ecc… La
Sharia penetra infatti tutti gli ambiti della vita, ma è stata
stabilita in un’altra epoca e in altri contesti, e non tiene conto
dell’evoluzione della mentalità, della cultura, dell’etica fatta
finora.
Vi è dunque un desiderio di miglioramento etico e di principi, per
il quale l’Islam sembra la soluzione. In realtà, quando si applica
la Sharia ci si accorge che questa non è la soluzione. La gente lo
vede in Iran: l’entusiasmo per la Sharia non c’è più da molto tempo.
Riproporre la Sharia è una strada sbagliata: occorre invece
affermare dei principi etici, generali, rispettando la visione
musulmana, ma distinguendola dalle diverse culture presenti nello
stesso mondo musulmano.
Come conciliare l’unicità dell’Islam e la molteplicità di queste
culture, la diversità delle scelte politiche ed economiche degli
Stati musulmani? Questa è la vera domanda a cui non si dà risposta o
si dà risposta in modo monco
In profondità la gente non sogna il Califfato o la Sharia, anche se
questi sembrano garantire qualche aspetto di giustizia, di onestà,
democrazia. La gente sogna questi valori che mancano nei nostri
Paesi!
5. Il rifiuto dell’occidente e l’apprezzamento di Bin Laden
Nell’inchiesta si registra una forte reazione contro i “valori
occidentali” che registra il sostegno dell’88% in Egitto, del 76% in
Indonesia; del 60% in Pakistan e del 64% in Marocco. È strano che si
voglia escludere dei valori, anche se nati in occidente.
Tutto ciò è segno di un malessere in tutto il mondo islamico, che
cerca un’identità specifica, non sottomessa o indipendente (e in
opposizione) a quella degli altri. Io spero che potremo cercare
questa identità senza opporsi agli altri, che è un atteggiamento da
adolescente (per affermarsi bisogna opporsi). È da tanto tempo, da
molti decenni, che cerchiamo noi stessi.
Occorre ritrovare quello che i nostri antenati hanno cercato di fare
agli inizi del XX secolo, quando hanno deciso di prendere
dall’occidente tutto ciò che è positivo: non solo la tecnologia –
come fanno adesso i terroristi – ma anche la ricerca dei diritti
umani, di uguaglianza, democrazia, libertà di pensiero e di parola.
Sono dei valori nati in occidente, ma sono universali e non
occidentali. Penso ai grandi pensatori musulmani egiziani come l’imam
Muhammad ‘Abdoh, il cheikh Abd al-Razeq, il ministro Taha Hussein, e
tanti altri. E vi sono altri valori universali che l’occidente tenta
di disprezzare: i valori morali, il rispetto e l’amore al povero,
all’anziano. Occorre fare una sintesi.
6. Come situarsi di fronte a Bin Laden?
La quinta risposta, sui “sentimenti positivi” o “negativi” verso Bin
Laden. l’Egitto mostra un appoggio per il 44%; i Territori
palestinesi con il 56%; negli altri Paesi, i “sentimenti positivi”
verso di lui giungono al 14% in Indonesia; 25% in Pakistan; 27% in
Marocco; 27% in Giordania; 9% in Turchia; 4% in Azerbaijan
Cosa significa questo? Significa che per la gente Bin Laden è “un
buon musulmano”, convinto di applicare l’Islam. Spesso in occidente
si sente dire che “Bin Laden non c’entra con l’Islam”; il mondo
islamico invece pensa che egli sia una figura che cerca di applicare
l’Islam in modo integrale. I più critici verso di lui, sono quelli
che hanno sperimentato altre modalità di vita, ad esempio il mondo
turco e l’Azerbaijan, due Paesi molto secolarizzati.
Nei Paesi arabi vi sono anche “sentimenti negativi” (17% in Egitto;
20% nei Territori palestinesi; 21% in Marocco; 20% in Giordania). Vi
sono dunque sentimenti contrastanti, ma che si equiparano. Il che
mostra l’importanza della figura chiave del fondamentalismo e del
terrorismo islamico. Ciò che in occidente è visto come una piaga
mondiale, da molti arabi è visto come un “difensore dell’Islam”.
7. La politica degli Stati Uniti e Israele
Un ultimo punto riguarda gli Stati Uniti e la loro politica che
favorirebbe l’espansione d’Israele. Così la pensano l’Egitto (86%);
la Turchia (78%); il Marocco (64%); il Pakistan (52%); l’Indonesia
(47%); l’Azerbaijian (43%). I Territori palestinesi giungono fino al
90% e perfino la pacifica Giordania giunge all’84%.
È la realtà: la politica americana – anche al di là della propria
volontà – favorisce l’espansione d’Israele. La nuova amministrazione
Usa dovrebbe tenere conto di questo, perché ciò provoca un aumento
del risentimento verso gli americani e rafforza il terrorismo
anti-occidentale.
Sull’altro aspetto, secondo cui la politica americana avrebbe come
scopo “la creazione di uno Stato palestinese indipendente ed
economicamente possibile”, i palestinesi hanno votato “sì” per il
59%. Degli altri, solo una percentuale del 30% circa si è espressa
in modo positivo. Ma anche questo è un dato di fatto. Negli ultimi
tempi dell’amministrazione Bush e (speriamo) con questa nuova
amministrazione Obama, gli Stati Uniti continuano ad affermare che
occorre attuare la politica di “due popoli; due stati”.
Ma se si vogliono due Stati, bisogna farli nascere nella legittimità
e devono essere due. L’espansione di Israele, ai danni dei
palestinesi, è illegittima. Finché ci sarà questa espansione non
potrà nascere uno Stato palestinese e la guerra continuerà per
secoli.
Questo atteggiamento ambiguo rende difficile l’amicizia con gli
Stati Uniti; nei nostri Paesi c’è molta attrazione verso di loro, ma
c’è anche condanna. La nuova amministrazione ha la possibilità e
l’occasione di chiarire questa ambiguità, questo loro stretto legame
con Israele che li porta a mettere da parte i diritti degli altri.
Se questo non avviene, sarà un male per tutti: essi saranno
combattuti e la pace sarà più lontana. Questo è un nodo del mondo
arabo e islamico. Non che il mondo arabo sia pronto a dare la vita
per la Palestina, o a difenderla, ma questa è un’ingiustizia vissuta
come inaccettabile. Occorre una decisione coraggiosa non a favore
degli Arabi, ma a favore della giustizia e della pace, senza avere
due pesi e due misure.
Conclusione : Per guarire le piaghe
Alla fine, questa inchiesta rivela la crescita del fondamentalismo
islamico a tutti i livelli, come soluzione ai disagi del mondo arabo
e musulmano. Eppure i nostri disagi vengono proprio dall’islamismo,
cioè dal fondamentalismo islamico. Per questo non vi è soluzione: il
problema è chiudere con l’islam fondamentalista e aprire a un islam
aperto alla modernità e alla democrazia. Purtroppo i nostri governi,
anche se non vogliono essere islamisti, non hanno un modello a cui
riferirsi. Forse c’è qualche novità a Dubai: lì ci si accorge che vi
è uno sforzo per offrire un’immagine che combini l’islam e la
modernità, Ma è un Paese troppo piccolo, è giovane, ha una
maggioranza di stranieri e non ha problemi di povertà.
Vale invece la pena sottolineare i dati che presenta l’Egitto,
sempre più islamizzato. I suoi capi non sono islamisti, ma hanno
costituito un regime autoritario diventato insopportabile. L’Egitto
fa paura perché è il Paese arabo più numeroso (quasi 80 milioni di
persone); un Paese guida per il mondo arabo; uno dei pochi ad avere
rapporti con Israele. Eppure il fondamentalismo aumenta e si
accresce come critica al potere politico, quasi assoluto.
L’islam è usato come strumento contro le piaghe che ci affliggono.
Ma le piaghe che abbiamo, non succedono perché “non siamo
musulmani”, ma perché non vi è giustizia, democrazia, rispetto per i
diritti umani. In realtà il mondo musulmano cerca i diritti umani,
ma non sappiamo come attuarli e mentre pensiamo a questi, attuiamo
la Sharia, che è la loro negazione, almeno in buona parte.
È tempo di chiarire questa ambiguità.
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