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Dormizione e assunzione della Vergine
L’Assunzione della Vergine esprime in modo mirabile l’adagio
patristico diffusosi a partire da Ireneo di Lione, nel II secolo: “Dio
si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio”. Diventare Dio:
cioè un vivente la cui vita non ha limiti, una vita liberata dal male e
dalla morte. Per descrivere con maggior chiarezza questa festa, accosterò l’una all’altra due
icone: quella della Vergine con il bambino e quella della
Dormizione-Assunzione (più avanti spiegherò questi due termini).
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Nella prima è la
madre a reggere e proteggere il bambino, e a volte, come nella “Vergine
della tenerezza”, essa appoggia il proprio volto al volto minuto
del Figlio. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio. Prima
assunzione: quella della divinità da parte dell’umanità. |
Nella seconda icona, avviene esattamente il contrario: la madre è morta;
le sue spoglie, nera crisalide, sbarrano orizzontalmente la composizione;
ma lo spazio della morte si apre, appare Cristo, vittorioso, verticale di
luce che fa dell’icona una croce di gloria. Egli prende tra le braccia l’anima
non disincarnata di sua madre, rappresentata come una bambina che porta a
compimento la sua nascita nel regno. E in alcune icone, Gesù stringe al
proprio volto il volto di questa donna bambina: germe e anticipazione
della trasfigurazione di tutto il creato. Seconda assunzione, questa volta
dell’umano da parte del divino.
[v.a lato l'Icona di Novgorod, XIII
secolo] |
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La Chiesa, infatti, maturò presto l’intuizione secondo cui il corpo di
Maria, prodigiosamente “consustanziale” a quello del Risorto, non era
possibile che fosse rimasto prigioniero della morte. Così, al Dio fatto
uomo corrisponde l’uomo deificato, e il primo essere umano presente,
anima e
corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla
l’Apocalisse.
Maria si trova ormai al di là della morte e del giudizio,
in quella luce che le Scritture chiamano “regno di Dio”; e tuttavia
umana, infinitamente materna, ella rimane totalmente rivolta verso gli
uomini, verso le loro sofferenze, verso il pellegrinaggio compiuto così
spesso a tastoni dalla chiesa, e prima ancora dalla chiesa mistica che
ingloba l’intera umanità e tutto quanto il cosmo. Nella grande
spiritualità della
chiesa antica, come pure in molte leggende popolari, Maria è colei che
pronuncia sull’inferno – anche sul nostro inferno interiore – la
preghiera per la salvezza universale.
I testi delle omelie orientali
associano, a partire dal V secolo, la Dormizione di Maria – vale a dire
una morte pacifica, in cui l’anima entra nella pace – e la sua
Assunzione corporale – l’anima ricongiunta al corpo nell’unità
della persona (come avverrà a ciascuno di noi), ormai elevata al cielo,
letteralmente sollevata dallo slancio “risurrezionale” del Cristo –.
Parecchie
leggende, ricche peraltro di significato, si sono sedimentate nelle più
antiche liturgie. Mentre Maria viene avvisata della sua morte da un
angelo, gli apostoli, dispersi lontano da lei, le sono miracolosamente
trasportati accanto. Lei li consola, li benedice, prega per la pace del
mondo, e muore. Essi la seppelliscono nel Getsemani. Dopo tre giorni,
Maria appare loro mentre stanno celebrando l’eucarestia, e gli apostoli
trovano la sua tomba vuota.
Celebrata originariamente in ricordo di una “stazione” (così si
faceva la liturgia, di stazione in stazione) ubicata nei pressi di
Betlemme e dove la Vergine si sarebbe riposata, l’Assunzione veniva
festeggiata in Oriente come in Occidente nel mese di gennaio. La festa
estesa all’impero bizantino intorno all’anno 600, giunse in Occidente quarant’anni più tardi,
grazie a papa Teodoro I, il quale proveniva dal clero di Gerusalemme.
Nel 1950, Pio XII proclamò con tutte le solennità che si addicono ad un
dogma che l’“immacolata Madre di Dio, la sempre Vergine Maria, dopo
aver terminato il corso della sua vita terrena, è stata elevata in corpo
e anima alla gloria celeste”. La chiesa ortodossa, che si prepara a
questa festa con
un digiuno di quindici giorni, non ha avvertito la necessità di un simile
dogma; nessun ortodosso, infatti, contesta il mistero della
dormizione-assunzione proclamato dai testi liturgici dell’ortodossia:
“Ella è la Madre della vita, e colui che aveva abitato il suo seno
verginale l’ha trasferita alla vita… Ogni figlio della terra trasalga
nel suo spirito e celebri con gioia la venerabile assunzione della Madre
di Dio”. Si aggiunga che in oriente la venerazione mariana è al tempo
stesso onnipresente e assai discreta, quasi iniziatica, poiché dipendente
non tanto dall’annuncio della risurrezione di Cristo, quanto dalla
ricezione di tale annuncio.
La differenza tra l’oriente e l’occidente
è che per il primo Maria doveva passare, in Cristo, attraverso una morte
e resurrezione reali, mentre per il
secondo il dogma dell’Immacolata Concezione rende dubbia la sua morte:
su questo punto il dogma del 1950 non si pronuncia. Si tratta di una
semplice disputa terminologica? Ciò che è in gioco sono due approcci
parzialmente differenti al tema del “peccato originale” e della sua
trasmissione? Oppure il problema è un altro?
In realtà, sia per l’oriente che per l’occidente, l’assunzione è
un segno delle cose ultime. In Maria, “figlia del proprio Figlio”,
dice Dante, ci è data un’anticipazione della glorificazione di tutto l’universo
che avverrà alla fine dei tempi, quando Dio sarà “tutto in tutti”,
“tutto in ogni cosa”.
Innalzata al cielo – a differenza di Cristo che si innalza da se stesso
– Maria, dicono certi testi liturgici, è la nostra “Terra promessa”.
La dormizione-assunzione anticipa la parusìa, e non è affatto un caso
che nei grandi affreschi che impreziosiscono i muri esterni delle chiese
monastiche moldave, il tronco di Iesse divenga un immenso, cosmico
roveto ardente.
L’ assunzione anticipa e prepara il nostro comune
destino. Nel corpo della Vergine, sepolto simbolicamente dagli
apostoli (richiamo della pentecoste) nel Getsemani (richiamo della
passione, unica fonte della nostra
salvezza), in quel corpo portato
verso la luce originaria e terminale, tutto il creato è assunto
dall’Increato, tutta la carne della terra diventa eucaristia. Come
Giovanni Damasceno, allora, anche noi possiamo dire: “Rallegrati,
germe divino della terra, giardino in cui fu posto l’Albero della
vita!”
Da “Le feste cristiane” di Olivier Clément.
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