Vorrei parlarvi del programma pastorale che sto preparando per il
1999-2000. In questi anni abbiamo seguito molto da vicino le indicazioni del Papa che
suggeriva di dedicare, in preparazione al grande Giubileo, il 1997 alla riflessione su
Cristo Gesù, Verbo del Padre; il 1998 allo Spirito Santo; il 1999 a Dio Padre. Così le
mie Lettere pastorali hanno avuto come titolo "Parlo al tuo cuore", "Tre
racconti dello Spirito", "Ritorno al Padre di tutti".
Per il prossimo anno pastorale, che inizia in diocesi l'8
settembre, il Papa stesso ci ha dato come tematica il mistero della Trinità: il 2000,
nella sua fase celebrativa, avrà come obiettivo "la glorificazione della Trinità,
dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia"
(Tma,
55).
Ho così scritto il primo abbozzo della nuova Lettera pastorale,
dal titolo: Quale bellezza salverà il mondo? Non è stato facile naturalmente mettere
insieme i tanti temi che bussano alla porta del cuore alla vigilia del Giubileo, e infatti
adesso dovrò rivedere e rielaborare il testo.
Accenno solo ad alcuni temi. La chiave unitaria della Lettera mi
è stata suggerita da una famosa frase del grande romanziere russo Dostoevskij che, ne
L'idiota, fa domandare da un ateo a un credente: "Quale bellezza salverà il
mondo?". Supponendo quindi che sarà qualcosa di bello a salvarci.
Di qui ho iniziato la mia riflessione sul tema della bellezza
collegato alle sofferenze di fine millennio. Non una bellezza estetica, evidentemente,
bensì la bellezza di cui parla sant'Agostino rivolgendosi a Dio "bellezza tanto
antica e tanto nuova", o san Francesco d'Assisi nelle Lodi del Dio altissimo quando
dice: "Tu sei bellezza!". È questa la contemplazione che mi piacerebbe
suscitare. È bello dare la propria vita per il Vangelo, è bello rinnovare la propria
esistenza alla luce del Discorso della montagna, è bello seguire Gesù.
Vorrei far risuscitare il senso della bellezza che non è altro se
non un riflesso della bellezza della Trinità. Vorrei aiutare a cogliere come la Trinità
lancia un messaggio di bellezza, di entusiasmo e di gioia nella storia, anche in una
storia appesantita da avvenimenti dolorosi. Dobbiamo dare lo sguardo e il cuore per la
contemplazione della bellezza trinitaria.
L'ICONA DELLA TRASFIGURAZIONE
Mi sono allora venute in mente un'icona biblica, a cui fare
riferimento, e una metodologia interiore da seguire.
L'icona biblica che più mi ha ispirato è l'episodio della
Trasfigurazione, perché in Gesù trasfigurato sul monte è presente la Trinità: la voce
del Padre, la persona del Figlio, la nube che è lo Spirito. La Trinità viene così a
toccare la nostra vita ed è il tocco della Trinità che fa esclamare a Pietro: "È
bello stare qui". Dunque Pietro coglie il fascino di poter toccare le vestigia della
Trinità.
L'idea madre che vorrei sviluppare nella Lettera è di commentare
ordinatamente il racconto della Trasfigurazione facendo notare la bellezza della Trinità
e della vita cristiana e quindi della interpretazione cristiana di questo secolo.
Mi sono chiesto: come parlare alla gente in maniera accessibile
della Trinità? È veramente la quadratura del cerchio e tutte le volte che riflettiamo su
questo mistero rischiamo di perderci. O ci perdiamo in una visuale catechetico-teologica
(Tre Persone, Una natura, relazioni, processioni...), da cui ricaviamo magari una generica
idea di comunione; ma sempre cercando di contemplare la Trinità quasi standole davanti e
perciò con una fatica intellettuale, anche se meritoria, non sufficiente per giungere a
esclamare: com'è bello! Oppure riflettiamo sulla Trinità secondo la modalità della
Scrittura che non parla mai di Persone, di relazioni di processioni, ma del Padre, del
Figlio e dello Spirito presentandoli nella storia della salvezza, nel mistero pasquale: il
Padre che dona il Figlio, il quale dona lo Spirito. Tuttavia è ancora una storia che sta
davanti a noi. Sentivo allora il bisogno di aiutare a entrare in una via di conoscenza
più personale, di offrire una metodologia interiore.
Alla domanda: "Come entrare con un'esperienza davvero
spirituale nel mistero della Trinità?" mi è sembrato dover rispondere - sulla scia
del Vangelo - che basta metterci nel Figlio, basta vivere le esperienze del Figlio. La
Trinità è nostra esperienza in quanto lo è del Figlio. Non è soltanto una dottrina che
ci sta davanti, ma è qualcosa che conosciamo per connaturalità quando entriamo nel
Figlio e viviamo alcuni modi con cui il Figlio vive la Trinità.
E nella Lettera sottolineo in particolare due modi: il Figlio vive
la Trinità quando vive la gratitudine ("Tutto mi viene dal Padre... Padre, tu mi
ascolti sempre... Padre ti ringrazio perché mi hai ascoltato"), la gratitudine per
tutto ciò che è e che riceve; il Figlio vive la Trinità quando si abbandona al Padre
anche nella prova ("Non la mia, ma la tua volontà sia fatta... Padre, nelle tue mani
affido mio spirito...").
Entrare nella gratitudine e nell'abbandono del Figlio,
specialmente nei momenti più oscuri della vita, è la nostra esperienza della Trinità
per connaturalità ed è l'esperienza verso cui dobbiamo guidare la gente. Non basta
saperne un po' di più sulla Trinità, occorre essere nella Trinità essendo nel Figlio,
secondo le parole stesse di Gesù: "Nessuno conosce il Padre se non Figlio e colui al
quale il Figli lo voglia rivelare". È questo lo scopo della Lettera.
LE TRE PARTI DELLA
LETTERA
Lo svolgimento della Lettera vorrebbe seguire da vicino i tre
momenti del racconto della Trasfigurazione.
-
Primo: i tre discepoli salgono con Gesù verso il monte.
-
Secondo: sul monte Gesù si trasfigura, si manifestano il Padre e
lo Spirito e Pietro esclama: che bello!
-
Terzo: i discepoli discendono dal monte e si preparano a dare
testimonianza quando avranno vissuto il mistero pasquale di Gesù.
Nel primo gradino si vedono quindi i discepoli che salgono con Gesù
portando le loro domande, le loro fatiche, i loro dubbi, tutto ciò che ancora non è
chiaro del mistero di Dio o della croce di cui il Maestro ha parlato poco prima.
Nel secondo gradino, invece, si aprono i loro occhi e contemplano la
gloria di quel Gesù che avevano visto umile e povero; lo contemplano come gloria che gli
viene dal Padre ed è espressa nella nube dello Spirito.
Il lettore dovrebbe percorrere questa rivelazione trinitaria, che si attua
in particolare nel mistero pasquale (nel venerdì santo, nella domenica di risurrezione) e
poi nella Chiesa. Notiamo che quando Gesù parla della Chiesa, si definisce il Pastore
bello - la traduzione italiana dice "buono", ma il termine greco kalòs vuol
dire anche "bello" -, cioè colui che compie un'opera bella, che riflette la
bellezza di Dio.
Contemplando il dono che Gesù fa della sua vita e la Chiesa quale frutto
di questo dono, noi possiamo davvero esclamare: che bella questa Chiesa che è frutto del
dono di questo Pastore! E possiamo aiutare la gente a cogliere la bellezza del mistero
trinitario - dal venerdì santo alla domenica di Pasqua e alle apparizioni del Risorto - e
poi della Chiesa.
L'ultimo gradino mostra i discepoli che discendono dal monte e le consegne
missionarie per il mondo. Si tratta qui di far percepire qualcosa della bellezza della
Trinità, sia attraverso la predicazione della Parola (aiutare a comprendere il fascino
delle Scritture, la lectio divina), sia attraverso la liturgia che deve essere bella.
Ricordo le splendide liturgie che ho vissuto in Africa e in America
Latina, dove la gente esultava veramente, testimoniava la bellezza del mistero! Penso
inoltre all'arte sacra e a tutte quelle espressioni di bontà e di carità che fanno
risplendere la bellezza del Vangelo e diventano propositi per una comunità.
Vogliamo dunque glorificare la Trinità non solo con un insegnamento
astratto, bensì con un coinvolgimento concreto nel cuore di Cristo, mediante cui
comprendere questo mistero, dando così alle diverse incombenze giubilari - che sono tante
- un'anima e un modo di essere momenti di profonda conversione nel mistero trinitario. |