Benedetto
XVI incontra i rappresentanti di alcune comunità islamiche ed esorta
a “estirpare dai cuori il sentimento di rancore” e ad opporsi ad
ogni violenza. Forte appello alla speranza ed a non cedere
all’apatia ed al disimpegno.
Cari amici musulmani,
è motivo di grande gioia per me accogliervi e porgervi il mio
cordiale saluto. Sono qui per incontrare i giovani venuti da ogni
parte d’Europa e del mondo. I giovani sono il futuro dell’umanità
e la speranza delle nazioni. Il mio amato predecessore, il Papa
Giovanni Paolo II, disse un giorno ai giovani musulmani riuniti nello
stadio di Casablanca (Marocco): "I giovani possono costruire un
futuro migliore, se pongono innanzitutto la loro fede in Dio e
si impegnano poi a costruire questo mondo nuovo secondo il disegno di
Dio, con saggezza e fiducia" (Insegnamenti, VIII/2, 1985,
p. 500). È in questa prospettiva che mi rivolgo a voi, cari amici
musulmani, per condividere con voi le mie speranze e mettervi a parte
anche delle mie preoccupazioni in questi momenti particolarmente
difficili della storia del nostro tempo.
Sono certo di interpretare anche il vostro pensiero nel porre in
evidenza, tra le preoccupazioni, quella che nasce dalla constatazione
del dilagante fenomeno del terrorismo. Continuano a ripetersi in varie
parti del mondo azioni terroristiche, che seminano morte e
distruzione, gettando molti nostri fratelli e sorelle nel pianto e
nella disperazione. Gli ideatori e programmatori di questi attentati
mostrano di voler avvelenare i nostri rapporti, servendosi di tutti i
mezzi, anche della religione, per opporsi ad ogni sforzo di convivenza
pacifica, leale e serena. Il terrorismo, di qualunque matrice esso
sia, è una scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto
sacrosanto alla vita e scalza le fondamenta stesse di ogni civile
convivenza. Se insieme riusciremo ad estirpare dai cuori il sentimento
di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e ad opporci ad
ogni manifestazione di violenza, freneremo l’ondata di fanatismo
crudele che mette a repentaglio la vita di tante persone, ostacolando
il progresso della pace nel mondo. Il compito è arduo, ma non
impossibile. Il credente infatti sa di poter contare, nonostante la
propria fragilità, sulla forza spirituale della preghiera.
Cari amici, sono profondamente convinto che dobbiamo affermare,
senza cedimenti alle pressioni negative dell’ambiente, i valori del
rispetto reciproco, della solidarietà e della pace. La vita di ogni
essere umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani. Abbiamo
un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei
fondamentali valori morali. La dignità della persona e la difesa dei
diritti che da tale dignità scaturiscono devono costituire lo scopo
di ogni progetto sociale e di ogni sforzo posto in essere per
attuarlo. È questo un messaggio scandito in modo inconfondibile
dalla voce sommessa ma chiara della coscienza. È un messaggio che
occorre ascoltare e far ascoltare: se se ne spegnesse l’eco nei
cuori, il mondo sarebbe esposto alle tenebre di una nuova barbarie.
Solo sul riconoscimento della centralità della persona si può
trovare una comune base di intesa, superando eventuali
contrapposizioni culturali e neutralizzando la forza dirompente delle
ideologie.
Nell’incontro che ho avuto in aprile con i
Delegati delle Chiese
e Comunità ecclesiali e con i rappresentanti di varie Tradizioni
religiose dissi: "Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a
costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al
fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società
nel suo insieme" (in: L’Osservatore Romano, 25 aprile
2005, p. 4). L’esperienza del passato ci insegna che il rispetto
mutuo e la comprensione non hanno sempre contraddistinto i rapporti
tra cristiani e musulmani. Quante pagine di storia registrano le
battaglie e le guerre affrontate invocando, da una parte e
dall’altra, il nome di Dio, quasi che combattere il nemico e
uccidere l’avversario potesse essere cosa a Lui gradita. Il ricordo
di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna, ben sapendo
quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le
lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi
errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare
a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro. La difesa
della libertà religiosa, in questo senso, è un imperativo costante e
il rispetto delle minoranze un segno indiscutibile di vera civiltà.
A questo proposito, è sempre opportuno richiamare quanto i Padri
del Concilio Vaticano II hanno detto circa i rapporti con i musulmani.
"La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano
l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente,
creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi
cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche
nascosti, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica
volentieri si riferisce... Se nel corso dei secoli non pochi dissensi
e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto
Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e ad esercitare
sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere
insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali,
la pace e la libertà" (Dichiarazione Nostra
Aetate, n. 3).
Voi, stimati amici, rappresentate alcune Comunità musulmane
esistenti in questo Paese nel quale sono nato, ho studiato e ho
vissuto una buona parte della mia vita. Proprio per questo era mio
desiderio incontrarvi. Voi guidate i credenti dell’Islam e li
educate nella fede musulmana. L’insegnamento è il veicolo
attraverso cui si comunicano idee e convincimenti. La parola è la
strada maestra nell’educazione della mente. Voi avete, pertanto, una
grande responsabilità nella formazione delle nuove generazioni.
Insieme, cristiani e musulmani, dobbiamo far fronte alle numerose
sfide che il nostro tempo ci propone. Non c’è spazio per l’apatia
e il disimpegno ed ancor meno per la parzialità e il settarismo. Non
possiamo cedere alla paura né al pessimismo. Dobbiamo piuttosto
coltivare l’ottimismo e la speranza. Il dialogo interreligioso e
interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi ad una
scelta stagionale. Esso è infatti una necessità vitale, da cui
dipende in gran parte il nostro futuro. I giovani, provenienti da
tante parti del mondo, sono qui a Colonia come testimoni viventi di
solidarietà, di fratellanza e di amore. Vi auguro con tutto il cuore,
cari amici musulmani, che il Dio misericordioso e compassionevole vi
protegga, vi benedica e vi illumini sempre. Il Dio della pace sollevi
i nostri cuori, alimenti la nostra speranza e guidi i nostri passi
sulle strade del mondo.