Otto milioni nelle cabine
elettorali, sedici milioni a messa. Già la sera di domenica 12 giugno
la partita era chiusa. Nell’intera giornata, i sostenitori dei quattro
sì ai referendum per la manipolazione degli embrioni e la fecondazione
eterologa erano riusciti a portare al voto un numero di uomini e donne
che erano solo la metà di quelli che ogni domenica riempiono le chiese
in Italia.
Tra questi ultimi, alcuni hanno anche votato, e votato sì, ma la forza
della Chiesa italiana è proprio nel suo essere Chiesa popolare, di
massa, terreno fertile per chi lo sa ben seminare. E questa volta la
semina c’è stata, irresistibile. Martedì 14 giugno il quotidiano
della conferenza episcopale, “Avvenire”, ha aperto con un numero a
caratteri cubitali, in rosso: 74,1. Perché questa è stata la
percentuale schiacciante raggiunta dal non voto, il “doppio no”
predicato fin da gennaio dal cardinale Camillo Ruini.
A vittoria conseguita Ruini si schermisce: “Ho cercato solo di fare il
mio dovere di vescovo, di cristiano, di cittadino”. Ma di certo egli
non smobiliterà, da qui in avanti, la macchina con cui ha sbaragliato
il campo. Il suo programma d’azione l’ha già scritto e gli ha dato
un titolo ostico: “questione antropologica”. Ma i punti critici sono
chiari: sono i nuovi “modelli di vita” con le conseguenti “scelte
legislative, amministrative e giudiziarie negli ambiti della tutela
della vita umana, della famiglia, della procreazione”. Quindi le
coppie di fatto, i matrimoni gay, i divorzi rapidi, l’aborto,
l’eutanasia. Su ciascuno di questi terreni Ruini ha in agenda le sue
future battaglie. Anche in positivo, naturalmente: a favore della scuola
libera, in aiuto delle coppie giovani, a sostegno di una politica
fiscale che incoraggi a far figli.
All’approssimarsi del 12 giugno, il presidente della CEI era sicuro
che avrebbe vinto il non voto. Da settimane l’IPSOS, l’istituto di
ricerca diretto da Nando Pagnoncelli, gli forniva in via riservata dati
confortanti, con i voti potenziali mai al di sopra del 40 per cento. E
negli ultimi giorni, più cresceva tra i cittadini la conoscenza delle
cose sottoposte a referendum, più aumentava tra loro la decisione di
non votare.
Ma sei mesi fa, all’inizio dell’inverno, i pronostici erano molto più
incerti e l’avversario molto più temibile. Il 14 gennaio, tre giorni
prima che Ruini si pronunciasse per la prima volta contro i referendum,
il “Corriere della Sera” – giornale simbolo dell’Italia laica e
illuminata, presto imitato dalla quasi totalità della stampa nazionale
– aveva già preso posizione ufficiale: “vinca il sì” e “siano
scongiurati tutti i tentativi di evitare il pronunciamento popolare con
provvedimenti che aumenterebbero solo la confusione”.
A quella data, per Ruini la strada era tutta in salita. Anche dentro la
Chiesa. Il presidente della Cei era convinto, e l’aveva detto più
volte, che “l’Italia è una delle nazioni europee in cui la Chiesa
è più viva e meglio attrezzata per la nuova evangelizzazione”. Ma su
temi come la fecondazione artificiale e il destino degli embrioni in
provetta la trovava fiacca, timida, disinformata, sia tra i vescovi che
nel clero e nelle associazioni cattoliche. Per risvegliare la sua Chiesa
Ruini decise di mettersi lui alla testa di tutti, di dettare lui subito
obiettivo e modalità: l’invalidazione dei quattro referendum tramite
il non voto.
E la Chiesa l’ha seguito con una compattezza che non ha precedenti
nell’ultimo mezzo secolo. Non perché ubbidiente, ma perché convinta.
È avvenuto così tra i 250 vescovi in carica, da gennaio in poi
costantemente concordi con il loro presidente.
È avvenuto così nel grosso dei fedeli. A maggio, un’indagine
Demos-Eurisko per il quotidiano “la Repubblica” ha accertato che
solo uno su dieci dei cattolici italiani che vanno a messa la domenica
ritenevano obbliganti le indicazioni della Chiesa su come votare o no ai
referendum; la gran parte, sette su dieci, pensavano che “ognuno alla
fine deve decidere secondo coscienza”, ma in ogni caso “è giusto
che la Chiesa dia delle indicazioni”.
E a mezza strada tra i vescovi e i fedeli, per risvegliare e illuminare
le coscienze di tutti, Ruini ha scommesso sul mobilitarsi del mondo
cattolico: preti e parrocchie, associazioni e movimenti.
Il motore della campagna per il “doppio no” al referendum e ai suoi
contenuti è stato il comitato Scienza & Vita, coordinato dai
professori Bruno Dallapiccola e Paola Binetti, creato ad hoc in febbraio
sul modello di quel Forum delle Associazioni Familiari presieduto da
Luisa Santolini che era stato a sua volta il vero promotore della legge
40 sulla procreazione artificiale, approvata nel febbraio 2004 da quasi
due terzi dei parlamentari di destra e di sinistra: una legge che vieta
la produzione di embrioni in soprannumero, la loro selezione, il loro
utilizzo ed eliminazione, il ricorso alla fecondazione esterna alla
coppia.
A Scienza & Vita hanno aderito i capi di tutte le principali
componenti del mondo cattolico associato, dall’Azione Cattolica alle
Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, da Comunione e Liberazione
ai Focolarini. E queste a loro volta si sono attivate in proprio, con i
loro gruppi dirigenti al completo. I rari dissidenti dalla linea Ruini
bisognava tutti cercarli tra gli ex membri di tali associazioni, in
molti casi usciti da esse non anni ma decenni fa.
Di questa mobilitazione capillare del mondo cattolico pochissimo è
stato riferito sui media nazionali, eppure è ad essa che si deve gran
parte del risultato del 12-13 giugno.
Radio Maria diretta da padre Lino Fanzaga, ad esempio, con i suoi sei
milioni di ascoltatori fedelissimi, ha promosso il non voto fin dallo
scorso novembre, con un crescendo formidabile nelle ultime settimane. Ha
invitato a digiunare a pane e acqua il mercoledì e il venerdì prima
del 12 giugno in nome della difesa della vita nascente, e nella domenica
del voto ha suggerito a ciascuno di andare in pellegrinaggio in uno dei
cinquemila santuari mariani d’Italia.
I duecentomila carismatici del Rinnovamento nello Spirito si sono dati
appuntamento nelle chiese la sera precedente il voto per un’intera
notte di preghiera.
E nella stessa notte sessantacinquemila pellegrini, in buona parte di
Comunione e Liberazione, hanno camminato da Macerata al santuario di
Loreto, con in testa il patriarca di Venezia, Angelo Scola.
Sui temi ardui che erano oggetto dei referendum, il mondo cattolico è
stato sottoposto per mesi a un’alfabetizzazione massiccia, teologica,
filosofica, scientifica, fatta di migliaia di incontri nelle parrocchie,
per iniziativa di persone e gruppi preeesistenti o di nuova nascita,
d’età media decisamente giovane.
Alcuni oratori, in precedenza quasi sconosciuti, hanno riscosso un
successo strepitoso e battuto l’Italia a tappeto: ad esempio il
domenicano Giorgio Maria Carbone, teologo e bioeticista, Francesco
Agnoli, professore di storia a Trento, Mario Palmaro, giurista, con il
suo comitato Verità e Vita.
Un’associazione fino a ieri a margine come il Movimento per la Vita
presieduto da Carlo Casini ha conquistato un ruolo molto più centrale,
con i suoi 30 mila volontari attivi in 272 centri di aiuto alle gestanti
in difficoltà. A questi pensava il cardinale Ruini quando ha detto il
13 giugno: “Noi certamente siamo contro l’aborto ma non vogliamo
modificare la legge 194 [che lo regola]. Auspichiamo soltanto che nella
sua applicazione si tenga conto il più possibile dell’importanza di
favorire la vita”. In 27 anni i Centri di Aiuto alla Vita del MPV
hanno fatto nascere in Italia 65 mila bambini altrimenti in pericolo
d’essere abortiti. Delle gestanti propense all’aborto che si
rivolgono ai centri, tre su quattro partoriscono semplicemente perché
sostenute e aiutate anche dopo la maternità. Ma solo il 5 per cento di
queste donne vi arrivano mandate dai consultori pubblici, nonostante la
finalità dichiarata della legge 194/1978 sull’interruzione di
gravidanza sia proprio quella di aiutare a far nascere. Due su tre delle
madri assistite dai centri, oggi, sono immigrate da paesi poveri.
In questa alfabetizzazione del mondo cattolico sui temi dei referendum,
il quotidiano della CEI “Avvenire” ha svolto un ruolo primario,
soprattutto con un suo inserto speciale dal titolo “È vita”,
cinquanta edizioni a partire dal 10 febbraio, per complessive duecento
pagine di grande formato, densissime di articoli, interviste, notizie.
Altre iniziative più mirate si sono mosse tra gli specialisti delle
bioscienze e del diritto. In gennaio, quando la corte costituzionale
doveva ancora pronunciarsi sull’ammissibilità dei referendum, una
dozzina di giuristi cattolici (quasi tutti politicamente orientati a
sinistra) si sono riuniti in comitato e hanno presentato alla corte la
richiesta di inammissibilità di quattro dei cinque referendum allora in
predicato, ottenendo l’annullamento di quello proposto dai radicali di
abrogazione totale della legge 40. Marco Olivetti, uno di questi
giuristi, professore di diritto costituzionale all’Università di
Foggia, è stato il più pugnace, fino alla vigilia del 12 giugno, nel
difendere la giustezza della linea pro-astensione di Ruini dagli
attacchi di cui era fatta segno. Anche grazie a lui, il 6 giugno, più
di cento giuristi, cattolici e non, hanno reso pubblico un manifesto di
adesione alla linea del non voto: tra essi quattro ex presidenti e
vicepresidenti della corte costituzionale, e molti cattedratici di gran
nome.
Un elemento chiave dell’opposizione della Chiesa ai referendum del 12
giugno è che essa ha proposto a tutti argomenti di ragione, non di
fede: con ciò guadagnando il consenso di intelligenze laiche come
Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci, di scienziati agnostici come Angelo
Vescovi, di femministe come Eugenia Roccella e Paola Tavella, di ebrei
come Giorgio Israel.
Un altro elemento distintivo è stato il suo puntare a vincere la sfida
con il mezzo legittimo più efficace – l’astensione dal voto – non
solo a testimoniare simbolicamente il suo dissenso. In questo Ruini ha
avuto la copertura totale del papa, perché per entrambi la posta in
gioco era così decisiva da esigere risposte all’altezza.
Benedetto XVI l’ha detto chiaro, il 30 maggio, ai vescovi italiani
riuniti. Per Joseph Ratzinger la battaglia combattuta in Italia il 12
giugno è parte di un confronto epocale che ha per teatro il mondo
intero: il confronto tra la Chiesa e “quella forma di cultura, basata
su una razionalità puramente funzionale, che contraddice e tende a
escludere il cristianesimo e in genere le tradizioni religiose e morali
dell’umanità”.
Ma proprio l’Italia, ha aggiunto il papa, è la prova che
“l’egemonia di tale cultura non è affatto totale e tanto meno
incontrastata”. In Italia vi sono molti che la rifiutano, “anche tra
quanti non condividono o non praticano la fede”. E “soprattutto in
Italia la Chiesa conserva una presenza capillare, in mezzo alla gente di
ogni età e condizione, e può quindi proporre nelle più diverse
situazioni il messaggio di salvezza che Gesù le ha affidato”.
Benedetto XVI ha avvertito e il suo vicario Ruini è pronto. A difesa
della “dignità inalienabile di ogni essere umano dal suo concepimento
alla sua morte naturale” la battaglia della Chiesa continua.
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E dopo l’Italia, la Spagna
La lezione del cardinale Camillo Ruini fa già scuola in Spagna. Sabato
18 giugno, a Madrid, mezzo milione di persone scenderanno in piazza a
contestare il matrimonio tra coppie omosessuali e l’adozione di
bambini da parte di queste coppie: norme in procinto d’essere votate
il 21 giugno con l’appoggio del governo di Josè Luis Zapatero.
A organizzare la manifestazione è il Foro della famiglia,
un’associazione civica che unisce 4 milioni di famiglie. Ma la novità
è che alla protesta ha aderito ufficialmente la conferenza episcopale
spagnola, che dal 1983 non scendeva in piazza contro il governo. L’ha
fatto con un comunicato del suo esecutivo, emesso il 9 giugno: “Ci
troviamo di fronte a una questione della più grande importanza morale e
sociale, che esige dai cittadini, in particolare dai cattolici, una
risposta chiara e incisiva attraverso tutti i mezzi legittimi”.
Il 30 maggio Benedetto XVI ha detto ai vescovi italiani riuniti: “Ciò
che fa la Chiesa in Italia giustifica l’attenzione e le attese che
hanno verso di essa molte Chiese sorelle in Europa e nel mondo”. La
Spagna è il prossimo banco di prova.
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[Fonte: espressonline.it 16 giugno 2005]
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