Mons. Bonfils ha amministrato il sacramento
della Confermazione nella Cappella di Saint
Antoine de La Parata « in virtù delle facoltà
accordate dalla Chiesa cattolica agli ordinari
col motu proprio ‘
Summorum Pontificum’ ».
(comunicazione del 25 febbraio 2012 de Mons.
Bonfils a don de Cacqueray). Padre Radier,
priore, padre Nély, secondo assistente generale,
ed io stesso, abbiamo tuttavia espresso a più
riprese a padre Mercury che il nostro Superiore
Generale si apponeva alla venuta del Vescovo.
Gli abbiamo chiesto di dire a Mons. Bonfils che
non potevamo accettare che celebrasse la
cerimonia che si era proposti di fare. Per chi
vuol darsi il tempo di riflettere, i motivi di
non accettare la proposta del vescovo non
mancavano per nulla.
1) Affronto nei confronti del nostro Superiore
Generale
- La celebrazione delle cresime da parte di Mons. Fellay,
Superiore Generale della Fraternità, era prevista per il 1°
maggio 2012, fin dall'inizio di gennaio. Il minimo di
correttezza di Mons. Bonfils nei confronti del nostro
Superiore Generale sarebbe consistito nell'esporgli i motivi
per i quali si proponeva di effettuare la celebrazione e
accettarsi che Fellay accettasse di rinunciare.
- Cosa che egli non ha fatto perché non si situa
realmente in rapporti di correttezza con la Fraternità.
Durante la conversazione telefonica che ho avuto con lui, mi
ha detto che la Fraternità non esiste ai suoi occhi e che
non aveva come interlocutori che i fedeli che si
rivolgessero a lui. In un'intervista dello stesso giorno
pubblicata sul sito l’Homme nouveau, Mons. Bonfils ha
chiarito le sue intenzioni consistenti nell'affrancare la
comunità tradizionale corsa dalla Fraternità : « Essendo il
vescovo del luogo, preferivo che Mons. Fellay non venisse
».
- La risposta che Mons. Fellay aveva dato a padre Mercury,
dal 6 febbraio, manifestava nettamente le sue reticenze
sulla cerimonia: « Penso che vi lanciate in acque
inestricabili e che non porteranno alcuna semplificazione
per l'avvenire. » Tutti i membri della Fraternità di S. Pio
X sono tenuti a rispettare le regole. Ora Mons. Lefebvre
l’aveva ben precisato : « Le confermazioni sono organizzate
dai Superiori di distretto e delle case autonome » (4 luglio
1988). Nel Distretto di Francia, l'organizzazione delle
cerimonie di confermazione è delegata al decano, per il
decanato di cui è incaricato. Padre Radier aveva dunque
semplicemente assolto il suo impegno organizzando la
cerimonia di confermazione in Corsica. Ciò per rispondere
alla richiesta di don Mercury che la celebrazione era
programmata.
Questa nuova situazione alla fine ha provocato scompiglio
nella comunità e ha causato pregiudizio all'apostolato in
Corsica.
2) lncoerenza della venuta di Mons. Bonfils
È interessare richiamare questo passaggio del motu
proprio «
Summorum Pontificum » : « Evidentemente, per vivere la
piena comunione i preti delle comunità che aderiscono
all'uso antico non possono più, per principio, escludere la
celebrazione secondo i nuovi libri. L'esclusione totale del
nuovo rito non sarebbe coerente con il riconoscimento del
suo valore e della sua santità. »
E, nello stesso tempo, ecco che l'istruzione «
Universae
Ecclesiae » al n°19 : « I fedeli che chiedono la
celebrazione della forma straordinaria non devono mai venire
in aiuto o appartenere a gruppi che negano la validità o la
legittimità della santa messa o dei sacramenti celebrati
secondo la forma ordinaria. »
Queste citazioni dimostrano che Mons. Bonfils non aveva
il diritto di servirsi del motu proprio per venire ad
amministrare i sacramenti nella nostra cappella.
Infatti noi siamo quei preti che, senza metterne in causa
la validità, escludono per principio la celebrazione secondo
i nuovi riti. Dato questo principio, dato che non
riconosciamo il valore e la santità della messa e dei
sacramenti celebrati secondo la forma ordinaria, è
incoerente che questo vescovo venga a celebrare le
confermazioni da noi in nome del motu proprio e sarebbe
nello stesso modo incoerente che noi accettassimo di lasciar
amministrare queste confermazioni, nella nostra cappella,
sempre in nome dello stesso motu proprio.
3) Confusione dottrinale
D'altronde è chiaro che Mons. Bonfils non è favorevole
alla difesa della Fede. Al pari di migliaia di altri
vescovi, è attaccato al concilio Vaticano II ed alle sue
idee. Dopo il suo passaggio in Africa, egli si è anche
specializzato nel dialogo interreligioso, partecipando
l'anno scorso, ad un colloquio a fianco di pastori e di
imam. Nel 2003, non ha esitato a recarsi al congresso del
B’nai B’rith, un'organizzazione ebraica di ispirazione
massonica, per vedervisi assegnare la « ménora d’oro » – il
candelabro a sette bracci – distinzione che premiava la
promozione del dialogo ebraico-cristiano nella quale si era
impegnato nella diocesi di Nizza. Padre Nély ha citato, nel
corso del suo sermone del 4 marzo, un estratto di un
discorso inammissibile di questo vescovo.
È l'amministratore diocesano; non lo contestiamo. Ma non
possiamo dare la nostra fiducia ad un vescovo che, non
soltanto non ha mai reagito alle nuove idee, ma le insegna e
le predica da decine d'anni. Non si vede il paradosso di
chiedere ad un vescovo la cui fede e intaccata da errori di
venire ad amministrare questi sacramento destinato
precisamente a confermare nella Fede? Questa cerimonia di
confermazione da parte di questo vescovo non manca di
aumentare la confusione degli spiriti in un contesto già
difficile.
4) La questione della supplenza
La nostra accettazione della venuta del vescovo, per il
solo motivo di una celebrazione tradizionale,
significherebbe, dal momento che il rito tradizionale è
celebrato per una occasione, che la Fraternità non può più
legittimamente valersi del suo ruolo di supplenza nella
crisi ecclesiale. Poco importerebbe dunque la dottrina
insegnata da questo pastore ! Basterebbe ormai avere
l'assicurazione della celebrazione nella liturgia
tradizionale perché la nostra funzione di supplenza non
esista più.
Un simile visione è gravemente erronea. Malauguratamente,
alcuni sacerdoti possono benissimo celebrare il rito
tradizionale (e noi gioiamo di questo) ma continuare a
professare gravi errori religiosi o tacere sui gravi
problemi dottrinali denunciate a suo tempo da Mons.
Lefebvre.
Un conto è incoraggiare i sacerdoti a celebrare secondo
l'antico rito; un altro conto è poter consigliare ai nostri
fedeli di recarvisi. La liturgia non basta ; è necessaria
sia la buona liturgia che la buona dottrina ! Tanto che i
fedeli non possono rivolgersi a pastori la cui dottrina è
affidabile, lo stato di necessità sussiste e il diritto dei
fedeli di ricorrere alla supplenza che noi assicuriamo è
salvo.
Abbé Régis de Cacqueray
Fonte:
La Porte Latine
(Traduzione dall'originale francese a cura di Maria Guarini)