Appartengo alla Chiesa cattolica caldea, che costituisce la maggioranza dei
cristiani in Iraq. Altre, cattoliche e ortodosse, includono cristiani assiri,
siriaci, armeni e bizantini. Sotto Saddam Hussein i cristiani erano circa un
milione, ma adesso solo la metà è rimasta nel Paese, gli altri sono fuggiti e
vivono come profughi, specie in Siria e in Giordania.
L’atrocità commessa dai fanatici musulmani che ha prodotto decine di morti tra i
siriaci cattolici e decine di feriti è stato un duro colpo per l’indifesa
minoranza cristiana che lotta. È stata seguita da altri omicidi di cristiani
nelle loro case e negozi. Tutti questi fanatici (conosciuti con vari nomi) in
Medio Oriente e in altri Paesi a maggioranza musulmana, sono intenzionati a
imporre la Shari’a e fondare Stati islamici dove non ci sia posto per i
cristiani.
I cristiani in Medio Oriente, ovviamente, precedono i musulmani di centinaia di
anni, e risalgono ai tempi apostolici. Dalla conquista islamica nel VII secolo,
i cristiani sono ridotti a cittadini di seconda classe, privati quasi di ogni
diritto. Essi hanno subito molte ondate di persecuzione che hanno ridotto di
gran lunga il loro numero e la loro influenza. Tutti i giorni soffrono
pregiudizi e discriminazioni, mentre le minoranze musulmane qui in Occidente
godono pieni diritti e costruiscono centinaia di moschee.
I cristiani d’Iraq non hanno niente a che fare con l’invasione americana, ma
sono sempre erroneamente accusati di schierarsi con l’Occidente “cristiano”.
Adesso si sentono isolati e traditi sia dal loro governo che dalla comunità
internazionale. Sono sempre stati cittadini-modello, servendo il loro Paese in
ogni campo, e il loro unico desiderio è di essere lasciati in pace a vivere e
pregare. Ma sono diventati un facile bersaglio per gli estremisti.
Ora c’è un pericolo reale che i cristiani in Medio Oriente, e in Iraq in
particolare, siano sterminati, per la persecuzione e per l’emigrazione su larga
scala, a meno che con urgenza non si faccia qualcosa per arrestare l’ondata e
salvarli. Troppi di loro non possono sopportare più a lungo la sofferenza e sono
stanchi di aspettare che qualcuno venga ad aiutarli. Del resto la gente o non sa
o non se ne preoccupa. Anche il recente sinodo delle Chiese in Medio Oriente
convocato dal Papa è stato una delusione, per mancanza sia di unità e che di
coraggio. È tempo che le Nazioni Unite affrontino seriamente questo enorme
problema, altrimenti finiremo con la catastrofe di un Iraq e persino di un Medio
Oriente privi di cristiani.
Nell’ottobre 2007, 138 leader musulmani hanno pubblicato “Una parola comune tra
noi e voi”, un sostanziale invito ai cristiani al dialogo, sulla base dei
comandamenti dell’amore di Dio e amore verso il prossimo, trovati sia nella
Bibbia che nel Corano.
Il problema è che nulla del genere esiste nel Corano.
Mentre l’amore è centrale nel cristianesimo, è molto difficile trovarlo
nell’islam. I pochi versi coranici che parlano d’amore hanno un significato del
tutto diverso dal Nuovo Testamento. Nel Corano, l’amore di Allah è subordinato
all’obbedienza cieca dell’uomo alle sue leggi. Così al verso 4:107 leggiamo, per
esempio: “Allah non ama l’empio e il colpevole”. L’amore nel Corano è solo un
attributo piuttosto che una parte della vera essenza di Dio (“Dio è amore”: 1 Gv
4,8). Il concetto di amore per il prossimo non esiste. C’è solo l’amore per i
compagni musulmani; per esempio viene loro detto nel 5:59 “Non prendere ebrei e
cristiani come amici”, e nel 9:29: “Combattete coloro che non credono in Allah o
nel suo messaggero, anche se sono il Popolo del Libro [cristiani ed ebrei],
finché non saranno sottomessi”.