4. RILIEVI E PROSPETTIVE  

Una constatazione sembra imporsi quando si considera in modo globale l'itinerario compiuto dalla tradizione dell'Emmanuele. All'inizio il segno, offerto da Isaia ad Acaz, è fondamentalmente concentrato nella nascita del figlio e negli eventi concornitanti i primi anni della sua infanzia, eventi nei quali si manifesta il giudizio di Dio contro l'incredulità verso la sua parola. Nelle riletture successive, a partire dalla stesura scritta dei Memoriale, l'attenzione si fissa in misura crescente sull'Emmanuele che giunge ad essere compreso come il Messia che il Signore susciterà, adempiendo la sua promessa. In questo contesto l'attesa del Messia si presenta connessa con l'effusione dello Spirito, l'opera salvifica della Sapienza, il dono della rivelazione e, quindi, la profonda trasformazione del popolo, liberato dalla sua cecità e rinnovato nella fedeltà all'alleanza. Sul finire del cammino veterotestamentario della tradizione di Is 7 l'attenzione si sposta sulla madre. Il tempo del Messia coinciderà con il tempo della nuova alleanza e quindi con il rinnovamento definitivo del popolo del Signore. In sintesi l'itinerario che la promessa di Is 7 ha percorso, nell'arco della tradizione veterotestamentaria, è una indubbia testimonianza della speranza che caratterizza la fede testimoniata dalla Scrittura. Anzi, sotto un certo profilo, l'attesa dell'Emmanuele rappresenta il punto di cristallizzazione della fede che si sviluppa come risposta alla Parola di JHWH, intesa nella sua essenza come promessa di amore e di vita: come autocomunicazione di Dio all'uomo e attrazione dell'uomo in Dio.

La conoscenza di questa tradizione, colta nel contesto più ampio della fede biblica, essenzialmente caratterizzata dalla speranza, costituisce un presupposto indispensabile per comprendere in maniera adeguata l'influsso da essa esercitato sulle prime comunità cristiane. A questo riguardo tre dati sono da tenere presenti. Il primo dato è la constatazione che tutta la Scrittura è orientata verso il futuro della salvezza. Questo futuro, nel periodo intertestamentario [45], presenta una stretta connessione con la venuta e l'opera del Messia, connessione che - come si è visto - è stata forgiata in modo determinante dalla tradizione dell'Emmanuele. Il secondo dato è l'evento della fede in Gesù Messia che, stando alle testimonianze del N.T., non si è sviluppata come conseguenza di una interpretazione più attenta e fedele della Scrittura. Essa è invece il frutto del dono divino della rivelazione apocalittica (cf Mt 11,25-27; 13,16-17; 1Cor 2,9-10; Gal 1,15-16a) che suscita la testimonianza (At 1,8) e il kerygrna del Vangelo (Rm 1,16-17; Le 24,46-49). Infine, il terzo dato è costituito dal fatto che la Chiesa testimoniataci dal Nuovo Testamento ha costantemente nutrito la propria fede in Gesù "Signore e Messia" con la Scrittura, in quanto Parola della promessa divina, che si presenta alla fede delle comunità protocristiane nel Risorto e nella partecipazione di tutti i credenti alla risurrezione del loro Signore.

In questo processo di illuminazione della fede con la luce della Scrittura ha svolto un ruolo primario la tradizione messianica e, quindi, la tradizione dell'Emmanuele. Effettivamente l'esplicita citazione di Is 7,14 in Mt 1,22-23 ci assicura che la tradizione iniziata con il profeta Isaia non si è conclusa con l'Antico Testamento, ma ha continuato a conoscere un processo di reinterpretazione e attualizzazione all'interno del N.T. Un simile processo merita senza dubbio uno studio dettagliato e, per quanto possibile, diacronico, analogo a quello effettuato all'interno dell'Antico Testamento. Tuttavia due affermazioni ci sembrano già possibili alla luce del presente lavoro.

Anzitutto la ripresa di Is 7 ha una connotazione teologico-cristologico-ecclesiologica. Essa, in altri termini, testimonia la fede delle prime comunità cristiane che nel Signore risorto confessano il Messia. Questa confessione è, in profondità, proclamazione della regalità del Signore, della sua fedeltà e della sua salvezza. Nella luce di questa tradizione la confessione di Gesù "Signore e Messia" si approfondisce e permette di comprendere la sua vita e la sua morte come epifania segreta della salvezza messianica. In questa ottica teologico-cristologica la tradizione di Is 7 orienta a comprendere la Chiesa come la Sion rinnovata dall'amore sponsale dei Signore, resa partecipe dell'alleanza eterna nello Spirito e nella Sapienza, raggiunta dalla rivelazione definitiva e perenne della gloria di Dio (cf 2Cor 4,3-6).

In tale contesto, ci sembra, si dischiude la possibilità di comprendere in modo più adeguato la prospettiva nella quale le prime comunità hanno riferito Is 7,14 a Maria, la "madre di Gesù". Questo riferimento suppone anzitutto la coscienza della dignità unica di Maria, in quanto madre di Colui che Dio ha costituito "Signore e Messia", quindi Salvatore del mondo. Il richiamo alla promessa e alla tradizione dell'Emmanuele permette inoltre di comprendere Maria come l'icona della Chiesa, in quanto spazio vivente della presenza del Kyrios all'interno della storia umana. In questa visuale Is 7,14, letto con la ricchezza ermeneutica raggiunta nella versione dei LXX, permise di comprendere non solo il carattere messianico della maternità, ma anche quello della verginità. Sotto questo profilo Maria appare come primizia e icona della Chiesa. Nella verginità di Maria la Chiesa confessa l'opera di Dio che, rendendo partecipe l'umanità della risurrezione del Figlio suo, realizza la creazione della nuova Sion, sposa vergine e luogo della presenza dell'Emmanuele, del Signore risorto che guida l'umanità alla pienezza della risurrezione nel Regno del Padre. Queste categorie non sono speculazione astratta, ma esperienza di fede nella luce della rivelazione. Ciò è confermato da tutte le pagine del N.T. che descrivono l'esistenza di coloro che sono "risorti con Cristo" come cammino di autentica fraternità nelle vie della misericordia, della solidarietà e del perdono, come orientamento costante a operare nel nome del Signore Gesù a gloria di Dio Padre (cf Gal 5,22; Col 3,12-17).

Questi brevi cenni permettono di intuire la fecondità della Scrittura quando diventa il nutrimento della fede. Questa fecondità investe e coinvolge non solo la dimensione esistenziale dei battezzati, ma anche la riflessione teologica e pastorale. Qui appare che la stessa mariologia ha davanti a sé non solo un lungo cammino, ma anche una grande missione. La comprensione del significato di Maria nella storia è sempre comprensione del significato della Chiesa e quindi confessione, nello Spirito, del Signore risorto e proclamazione della gloria del Padre. Qui la fede cristiana si nutre e cresce alla fonte perenne dell'amore e della speranza e contempla in Maria e nella Chiesa il segno del mondo nuovo della risurrezione, il segno luminoso dell'Emmanuele perché luogo della presenza pneumatica del Risorto.

GIOVANNI ODASSO

Piazza del Tempio di Diana, 14 00153 ROMA  


Summary

  The article analyses the promise of Is 7: I-17 and researches its Wirkungsgeschichte within the OT. The sign presented by Isaiah originally had the scope of strengthening the announcement of justice against the incredulity of King Ahaz.

Passing from the oral to the written phase, the accent is moved on completion of the prophetic word, that confirms the fidelity of JHWH, of which the symbolic name of Emmanuel is expression. In a successive phase, the Isaiahan promise is referred to the King Josiah (Is 9:1-6) and later, after the end of the Davidic dynasty, it receives a profound interpretation: Emmanuel is identified with the offspring that the Lord will give rise to, according to Is 11:1-5. In such a way, the Messianic expectation, strictly speaking, arises, testified with eschatological and apocalyptic accents, in the royal Psalms and in numerous additions to the profetic books.

The figure of the Emmanuel-Messiah is always more connected to the regality of JHWH and with the renewal of the people of God. A precious testimony of such a development is the LKX Version, that translates the term woman of Is 7:14 with virgin, reading the promise of the Emmanuel in the light of Is 62:4-5. The birth of the Emmanuel appears as a sign of a new creation, symbolised by the 'new Sion', made 'virgin' and faithful spouse of the Lord. On this point, the ecclesial-mariological dimension of the text appears evident and the authoritative interpretation of Mt 1:22-23 becomes intelligible.