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"Il ricordo dei fatti
tristi e tragici del passato può aprire la via ad un rinnovato senso di
fraternità, frutto della grazia di Dio, e dell'impegno perché i semi
infetti dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo non mettano mai più
radice nel cuore dell'uomo".
1. Il dialogo interreligioso che la Lettera Apostolica Tertio
Millennio Adveniente incoraggia come aspetto qualificante di
questo anno particolarmente dedicato a Dio Padre (cfr nn. 52-53), riguarda
innanzitutto gli ebrei, i "nostri fratelli maggiori", come li ho
chiamati in occasione del memorando incontro con la comunità ebraica
della città di Roma il 13 aprile 1986. Riflettendo sul patrimonio
spirituale che ci accomuna, il Concilio Vaticano II, specie nella
Dichiarazione Nostra Aetate,
ha dato un nuovo orientamento ai nostri rapporti con la religione ebraica.
Occorre approfondire sempre di più quell'insegnamento e il Giubileo del
Duemila potrà rappresentare una magnifica occasione di incontro,
possibilmente, in luoghi significativi per le grandi religioni
monoteistiche (cfr TMA, 53). È noto che purtroppo il rapporto con i
fratelli ebrei è stato difficile, a partire dai primi tempi della Chiesa
fino al nostro secolo. Ma in questa lunga e tormentata storia non sono
mancati momenti di dialogo sereno e costruttivo. Va ricordato in proposito
che la prima opera teologica con il titolo "Dialogo " è
significativamente dedicata dal filosofo e martire Giustino nel secondo
secolo al suo confronto con l'ebreo Trifone. Così pure va segnalata la
dimensione dialogica fortemente presente nella letteratura contemporanea
neoebraica, la quale ha profondamente influenzato il pensiero
filosofico-teologico del ventesimo secolo.
C'è un lungo tratto della storia della salvezza a cui cristiani ed ebrei
guardano assieme
2. Questo atteggiamento dialogico tra cristiani ed ebrei non esprime solo
il valore generale del dialogo tra le religioni, ma anche la condivisione
del lungo cammino che porta dalI' Antico al Nuovo Testamento. C'è un
lungo tratto della storia della salvezza a cui cristiani , ed ebrei
guardano assieme.
"A differenza delle altre religioni non cristiane - infatti - la fede
ebraica è già risposta alla Rivelazione di Dio nella Antica
Alleanza". Questa storia è illuminata da una immensa schiera di
persone sante, la cui vita testimonia il possesso, nella fede, delle cose
sperate. La Lettera agli Ebrei mette appunto in risalto questa risposta di
fede lungo il corso della storia della salvezza (cfr Eb ll). La
testimonianza coraggiosa della fede dovrebbe anche oggi segnare la
collaborazione di cristiani ed ebrei nel proclamare e attuare il disegno
salvifico di Dio a favore dell'intera umanità. Se questo disegno è poi
diversamente interpretato rispetto all'accoglienza di Cristo, ciò
comporta ovviamente una divaricazione decisiva, che è all'origine del
cristianesimo stesso, ma non toglie che molti elementi restino comuni.
Soprattutto rimane il dovere di collaborare per promuovere una condizione
umana più conforme al disegno di Dio. Il grande Giubileo, che si richiama
proprio alla tradizione ebraica degli anni giubilari, addita l'urgenza di
tale impegno comune per ripristinare la pace e la giustizia sociale.
Riconoscendo la signoria di Dio su tutto il creato e in particolare sulla
terra (cfr Lv 25), tutti i credenti sono chiamati a tradurre la loro fede
in impegno concreto per proteggere la sacralità della vita umana in ogni
sua forma e difendere la dignità di ogni fratello e sorella.
3. Meditando sul mistero di lsraele e sulla sua "vocazione
irrevocabile", i cristiani esplorano anche il mistero delle loro
radici. Nelle sorgenti bibliche condivise con i fratelli ebrei, trovano
elementi indispensabili per vivere e approfondire la loro stessa fede. Lo
si vede, ad esempio, nella Liturgia. Come Gesù, che ci viene presentato
da Luca mentre nella sinagoga di Nazaret apre il libro del profeta Isaia (cfr
Lc 4,16ss), così la Chiesa attinge dalla ricchezza liturgica del popolo
ebraico. Essa ordina la liturgia delle ore, la liturgia della parola e
perfino la struttura delle preghiere eucaristiche secondo i modelli della
tradizione ebraica. Alcune grandi feste come la Pasqua e la Pentecoste
evocano l'anno liturgico ebraico, e rappresentano eccellenti occasioni per
ricordare nella preghiera il popolo che Dio ha scelto ed ama (cfr Rm
11,2).
Oggi il dialogo implica che i cristiani siano più consapevoli di questi
elementi che ci avvicinano. Come si prende atto della "alleanza mai
revocata", così si deve considerare il valore intrinseco dell'Antico
Testamento (cfr Dei Verbum, 3), anche se esso acquista il suo senso pieno
alla luce del Nuovo Testamento e contiene promesse che si adempiono in Gesù.
Non fu forse la lettura attualizzata della Sacra Scrittura ebraica fatta
da Gesù ad accendere "il cuore nel petto"(Lc 24,32) ai
discepoli di Emmaus, permettendo loro di riconoscere il Risorto mentre
spezzava il pane ?
4. Non solo la comune storia di cristiani ed ebrei, ma particolarmente il
loro dialogo deve mirare all'avvenire, diventando, per così dire,
"memoria del futuro". Il ricordo dei fatti tristi e tragici del
passato può aprire la via ad un rinnovato senso di fraternità, frutto
della grazia di Dio, e all'impegno perché i semi infetti
dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo non mettano mai più radice nel
cuore dell'uomo. Israele, popolo che edifica la sua fede sulla promessa
fatta da Dio ad Abramo: "sarai padre di una moltitudine di
popoli" (Gn 17,4; Rm 4,17), addita al mondo Gerusalemme quale luogo
simbolico del pellegrinaggio escatologico dei popoli, uniti nella lode
dell'Altissimo. Auspico che agli albori del terzo millennio il dialogo
sincero tra cristiani ed ebrei contribuisca a creare una nuova civiltà,
fondata sull'unico Dio santo e misericordioso, e promotrice di una umanità
riconciliata nell'amore. "
Meditando sul mistero di Israele e sulla
sua "vocazione irrevocabile" i cristiani esplorano anche il
mistero delle loro radici
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