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    La Chiesa cattolica in Russia a quindici anni dal suo ristabilimento
Intervista all’Arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz

Il 13 aprile del 1991, Giovanni Paolo II firmava un documento con il quale veniva ristabilita la struttura della Chiesa cattolica in Russia, dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica. Da quel momento si sono susseguiti molti cambiamenti nella Chiesa nuovamente presente.

Intervista all’Arcivescovo dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, sull’evoluzione della Chiesa cattolica in Russia, i suoi successi e le sue sfide.

Come si è sviluppata la Chiesa cattolica in Russia, dopo il ristabilimento della sua struttura avvenuto quindici anni fa?

Monsignor Kondrusiewicz: Credo sia opportuno ricordare anzitutto qualche dato statistico. Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, in Russia erano rimaste solo due chiese cattoliche con due sacerdoti. Fino al 1991 siamo cresciuti “un poco”, poiché ufficialmente erano registrate dieci parrocchie. Registrarsi significa presentarsi al Ministero della Giustizia russo per ottenere un riconoscimento giuridico. Lavoravano lì anche sette sacerdoti dei quali due avevano più di 80 anni. C’erano quattro cappelle e due chiese. Questo è tutto! Non esisteva nulla di più!

Attualmente, dopo 15 anni, abbiamo già una Conferenza episcopale. Non è molto grande perché riunisce solo tre Vescovi, quattro arcidiocesi (Mosca, Saratov, Novosibirsk e Irkutsk), circa 225 parrocchie e 25 organismi come il Seminario, la Caritas - che ha avuto uno sviluppo molto forte nelle diverse arcidiocesi - “Radio Maria” a San Pietroburgo e “Radio Dar” (Radio Dono) a Mosca, tra le altre. Contiamo anche con più o meno 270 sacerdoti e 250 religiose, in maggioranza stranieri provenienti da 22 Paesi diversi.

Poco a poco stiamo formando sacerdoti e circa il 10% di questi sono già di origine russa. Quanto al numero dei cattolici, sono presenti circa 600.000 nel territorio della Federazione russa, anche se alcuni studi indicano che essi ammonterebbero all’1% della popolazione, ovvero poco meno di un milione e mezzo. Molti si trovano ancora dispersi o hanno ancora paura di dichiarare la propria fede. Occorre quindi cercarli, radunarli.

Continuando con le statistiche, delle 225 parrocchie, circa il 25% non dispongono di una propria chiesa. Non hanno quindi un luogo dove poter pregare e per questo devono ripiegare su strutture alternative. Contiamo anche su un seminario a San Pietroburgo, “Maria, Regina degli Apostoli”, dove studiano circa 50 seminaristi. Il primo sacerdote è stato ordinato nel 1999, ad ottant’anni dopo l’ultima ordinazione sacerdotale in Russia! Nell’Arcidiocesi di Mosca esistono sette case editoriali che in questi 15 anni hanno prodotto circa 600 diverse pubblicazioni in russo. Si può immaginare quindi che se ciascun parroco avesse almeno un esemplare di queste pubblicazioni, avrebbe bisogno di una biblioteca!

Come è cambiata invece la comunità cattolica in Russia?

Monsignor Kondrusiewicz: Sono nato in Unione Sovietica, in Bielorussia, ma spesso mi recavo in Russia. Ricordo che c’erano alcune parrocchie, qui a Mosca e a San Pietroburgo - allora Leningrado - frequentate principalmente da “nonnine”. Oggi, come è possibile osservare, nelle comunità vi sono molti giovani e persone di mezza età. Siamo molto grati a queste “nonnine” perché è grazie a loro che la fede si è potuta conservare.

Bisogna però riconoscere che la composizione è cambiata. Se all’inizio degli anni ‘90 la maggior parte di coloro che ricevevano il battesimo erano adulti, oggi quasi la metà dei nuovi battezzati sono neonati. I cattolici quindi si avvicinano con le loro famiglie.

Quest’anno, a Pasqua, abbiamo potuto osservare quanta gente si è battezzata a Mosca: più di 40 persone tra adulti e giovani. Inoltre, ogni giorno cresce il numero dei matrimoni che vengono celebrati tra cattolici. Questo indica che si stanno formando, coscientemente, nuove famiglie nella fede. E la stessa gente che viene a messa sa bene cosa sta facendo. Ad esempio, l’adorazione della Santa Croce, il Venerdì Santo, è durata 50 minuti e la gente è rimasta presente tutto il tempo a seguire l’adorazione. Questo mi fa piacere più di ogni altra cosa. Apprezzo anche l’entusiasmo dei giovani e vedo come sta cambiando il loro approccio alla religione.

Ricordo che i primi giovani sovietici che andarono a Czestochova per vedere Giovanni Paolo II (nel 1991), tornarono con domande molto elementari, come ad esempio: come si diventa Vescovo o sacerdote? Certo, interessanti, ma attualmente non ci basta il tempo per parlare con loro. Oggi essi sono più consapevoli e questo mi fa piacere. C’è ancora molto da lavorare con la comunità, con gli studenti, gli intellettuali, e bisogna sviluppare maggiormente i mezzi di comunicazione e di beneficenza.

Mi sembra di poter dire che da un lato, in questi 15 anni, si è sviluppata la struttura della Chiesa, ma dall’altro che anche la gente è diventata più spirituale, più attiva e più consapevole di cosa vuole dalla Chiesa. La Chiesa non è per loro un teatro al quale assistono con piacere, né un luogo in cui casualmente si ritrovano. Vengono in chiesa per cercare Dio.

Lei è stato in molti Paesi del mondo. Se volessimo fare un raffronto tra la comunità cattolica russa e quella di altre nazioni, quali sarebbero le sue caratteristiche particolari?

Monsignor Kondrusiewicz: Da una parte mi sembra che nella nostra comunità si rafforza la fede e che i giovani vanno in chiesa. Ma allo stesso tempo è arrivato anche fino a noi il processo del liberalismo e della secolarizzazione. Di fronte ad esso certamente non si possono “chiudere gli occhi”.

D’altra parte, ad eccezione delle parrocchie di Mosca, San Pietroburgo, Kaliningrad e forse alcune della Siberia, le altre sono molto piccole e molto lontane l’una dall’altra. I sacerdoti devono avere una preparazione spirituale molto forte perché si trovano soli e fino a centinaia, talvolta a migliaia di chilometri di distanza dalla comunità. Per questo il Vescovo deve andare continuamente in visita pastorale perché i sacerdoti possano parlare con noi, con il Vicario generale. È difficile per la comunità perseverare quando si trova così isolata.

Riguardo a ciò che è avvenuto in questi quindici anni, non possiamo lasciare da parte il tema del rapporto con la Chiesa ortodossa russa. Secondo lei in che stato si trova questo rapporto?

Monsignor Kondrusiewicz: Certamente esistono delle difficoltà che non si possono negare dicendo che va tutto molto bene. Credo che il tema vada visto da una prospettiva più concreta. Sia la Chiesa cattolica, che quella ortodossa sono state perseguitate in Russia. Ciò nonostante, la Chiesa cattolica è presente praticamente in tutto il mondo, mentre le attività della Chiesa ortodossa russa si limitano ai muri dei templi.

Oggi osserviamo come essa inizi a sviluppare le sue attività con la comunità, la sua dottrina sociale, come inizi nuovamente ad ampliarsi. Si tratta di un processo evolutivo che deve fare il suo corso. Diciamo che, da questo “tunnel” in cui siamo stati per molto tempo, vediamo finalmente “una luce che inizia a brillare”.

Può essere che la mancanza di informazione o la mancanza di abitudine alla convivenza abbiano svolto un ruolo importante. Quando si è verificata l’apertura nel 1991, sono entrate in Russia molte sette, sette distruttive. Noi non avevamo chiese e abbiamo iniziato ad incontrarci per pregare anche negli appartamenti. E naturalmente nella gente comune sorgevano perplessità: “Chi sono questi? Sono una setta o è gente normale?”. Si può immaginare la situazione.

Con il tempo la situazione è migliorata. Adesso, per la Pasqua, abbiamo avuto un rappresentante della Chiesa ortodossa russa che si è congratulato con i credenti. Poi, ad esempio, qualche tempo addietro, per chi ha seguito la stampa, il Vescovo ortodosso Ilarion aveva detto a Vienna che la Chiesa ortodossa russa era disposta a fare un’alleanza con la Chiesa cattolica per affrontare le sfide del nostro tempo.

Si tratta di una impegno concreto, perché dobbiamo far fronte comune agli attuali problemi della secolarizzazione, del relativismo, del liberalismo. Su questo tema parlano sia il nostro Papa Benedetto XVI, sia il Patriarca Alessio II, entrambe le Chiese. Dobbiamo lavorare insieme. In definitiva, credo che esistano ormai le condizioni per migliorare il dialogo e sono ottimista al riguardo.

In questi quindici anni di lavoro vi saranno stati molti momenti indimenticabili. Vorrebbe condividerne qualcuno che ricorda in modo particolare?

Monsignor Kondrusiewicz: Certamente il momento dell’inaugurazione del nostro Seminario nel 1993. Difficile descrivere la forte emozione di quell’occasione. Ma potrei anche citare il grande evento che è stata l’illuminazione della Cattedrale moscovita, i festeggiamenti del Giubileo e, più di recente, la morte di Giovanni Paolo II, in cui la comunità russa ha dimostrato il suo grande amore verso questo Papa. Potrei anche menzionare l’ordinazione del nostro primo sacerdote... ma, di momenti ce ne sono stati veramente molti.
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[Fonte: Zenit 22 giugno 2006]

   
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