...da "Avvenire" - Martedi 24 Aprile 2001  

«Nessuna unità duratura senza valori comuni»: il documento firmato a Strasburgo addita «l'eredità spirituale del cristianesimo» quale «forza ispiratrice» del cammino storico e civile del continente. I temi cruciali: vita e famiglia, pace e giustizia, libertà e tolleranza, lotta alla povertà, salvaguardia del creato, pluralismo culturale e religioso

Europa, democrazia con l'anima

Nella Carta ecumenica il profilo di un'Unione anche «umana e sociale»

Gianni Santamaria



Strasburgo. Se la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non contiene riferimenti a Dio, come è stato osservato con rammarico sia da Giovanni Paolo II che dai vescovi del continente, la Charta oecumenica firmata domenica a Strasburgo (di cui sotto pubblichiamo ampi passaggi) non contiene certo solo riferimenti religiosi.

Le Chiese cristiane si uniscono per dare un'anima al continente, come è emerso in molti degli appuntamenti che hanno caratterizzato questa sei giorni alsaziana. Il principale centro di questo crocevia europeo è divenuto così non solo la sede del Consiglio d'Europa (che ha aperto le porte ai partecipanti al meeting) e del Parlamento europeo. Ma anche la capitale del dialogo delle Chiese fra loro e con la società del Vecchio Mondo. «Le Chiese promuovono una unificazione del continente europeo», si legge al punto numero sette. «Non si può raggiungere l'unità in forma duratura senza valori comuni. Siamo persuasi che l'eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice arricchente l'Europa».

Proprio dalla fede viene lo slancio per chiedere e contribuire a far sì che l'unione sia «umana e sociale» e vi si «facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà e della tolleranza». I cristiani hanno poi molto da offrire - e se necessario da farsi sentire - sui temi dell'etica: dalla vita alla famiglia, ai poveri. Infine un riferimento all'auspicato allargamento dell'Unione ai candidati dell'Est - «dobbiamo contrastare il pericolo che l'Europa si sviluppi in un Ovest integrato e un Est disintegrato» - e alla necessaria apertura al Sud del mondo in difficoltà, evitando di cedere in uno sterile «eurocentrismo».

L'impegno va poi nel senso della salvaguardia delle tradizioni, della democrazia - per la soluzione non violenta dei conflitti e dei problemi politici e sociali -, della salvaguardia del creato, del dialogo con l'ebraismo, con l'islam e con le altre religioni e visioni del mondo. Infine per un'«accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti ai profughi e a chi cerca asilo in Europa». Insomma, i cristiani hanno da dire la loro nel continente che hanno da sempre plasmato.

Ed è bastato solo entrare nella chiesa dove domenica la Charta è stata firmata per percepire subito di essere in un altro di quei luoghi, di cui Strasburgo è ricca, che hanno formato l'identità culturale degli europei. All'ingresso, infatti, vibravano le note dell'organo posto proprio sopra il portale. Uno strumento che nella lunga storia della chiesa protestante di Saint Thomas è stato suonato anche da Mozart e Albert Schweitzer. In mattinata i delegati del Consiglio delle Conferenze episcopali europee e della Conferenza delle Chiese del continente, insieme ai giovani e a numerosi fedeli, si sono riuniti dapprima per delle liturgie secondo il rito della propria confessione (cattolici, ortodossi e protestanti).

Poi sono convenuti qui, in quella che è considerata la cattedrale luterana francese. Al centro del tempio, simbolo dei protestanti transalpini (le cui origini risalgono al Medioevo, ma poi è passato alla Riforma), l'altare con la croce. Una chiesa ricca di storia, che è stata scelta quale cornice per questo solenne atto anche per due motivi particolari. Il primo è che è dedicata all'apostolo Tommaso di cui domenica ricorreva la festa (e il Vangelo proclamato in inglese dall'arcivescovo anglicano di Londra, Richard Chartres, era proprio quello dell'apostolo che toccò e credette). Poi in questo edificio nel 1988 si è recato Giovanni Paolo II per incontrare la comunità luterana.

Poco discosto dall'altare, il pulpito dal quale - nella liturgia presieduta dal cardinale Roger Etchegary e dalla pastora Rut Rohrandt - ha portato la sua testimonianza il metropolita ortodosso albanese Anastasios. Sotto di esso il tavolino predisposto per la firma, che al termine tra gli applausi e gli abbracci i due presidenti degli organismi coinvolti - per la Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopli europee) il cardinale Miloslav Vlk, per la Cec-Kek il metropolita ortodosso Jérémie - hanno apposto sotto gli occhi di fotografi e telecamere.

Alla fine i part
ecipanti hanno ricevuto in dono una sacca con testi della Charta. Ora inizia il processo di ricezione e di concretizzazione delle linee di azione proposte alle varie conferenze episcopali cattoliche del continente e alle Chiese protestanti e ortodosse (oltre 120) che fanno parte della Cec-Kek. Un cammino che, da parte di questo organismo, verrà verificato, come ha detto in questi giorni il metropolita ortodosso rumeno Daniel, nella prossima assemblea a Trondheim, in Norvegia, nel 2003.

| inizio pagina |