Una nuova cittadinanza
Jean-Dominique Durand
Università di Lione - Francia
[Fonte: SIR 21 aprile 2006]
La rivoluzione multiculturale che coinvolge sempre più
l'Europa costringe a ricercare - a meno di accettare l'odio, la violenza,
le rovine materiali e spirituali e di entrare in una logica di conflitto -
le condizioni di una nuova cittadinanza e di un nuovo umanesimo,
necessarie per un vero vivere insieme. Giovanni Paolo II ha spesso
trattato questo tema per tracciare un terreno comune di pensiero e di
azione.
Nel suo discorso per la pace del 1° gennaio 1989 ha definito due
"principi comuni": "In una società nazionale, composta da
differenti gruppi umani, sono due i principi comuni, ai quali non è
possibile derogare, che anzi devono essere posti alla base di ogni
organizzazione sociale.
Il primo principio è l'inalienabile dignità di ciascuna persona umana…
Altrettanto si può affermare dei gruppi umani. Questi, infatti, hanno un
diritto all'identità collettiva che va tutelato conformemente alla
dignità di ogni loro componente…
Il secondo principio riguarda l'unità fondamentale del genere umano, il
quale trae la sua origine da un unico Dio creatore… L'unità esige pure
che le diversità dei membri della famiglia umana siano messe al servizio
di un rafforzamento della stessa unità, anziché costituire un motivo di
divisione".
Il papa aggiungeva un commento assai importante per sottolineare le
responsabilità individuali: "L'obbligo di accettare e di tutelare la
diversità non appartiene allo Stato o ai gruppi. Ogni persona, come
membro dell'unica famiglia umana, deve comprendere e rispettare il valore
della diversità tra gli uomini e ordinarlo al bene comune".
Affermare l'unità della famiglia umana significa sottolineare una visione
universalistica come unica prospettiva di avvenire. È l'ideale del
"fratello universale" come Charles de Foucauld lo proponeva
attraverso l'universalità dell'amore. Difatti, il valore del vivere
insieme dipende dalla qualità della relazione con l'Altro, cioè si nutre
dell'incontro quotidiano con l'Altro, della solidarietà, del rispetto,
dell'amicizia, tutti valori evangelici. Si tratta di tessere rapporti
personali di fiducia, in grado di trasformare la diversità da rischio o
motivo di conflitto a ragione di arricchimento. L'incontro è la strada
per creare la nuova cittadinanza ormai indispensabile.
Non si tratta di accontentarsi di tollerare l'altro e la sua differenza,
ma di considerarlo come partner e cooperatore dei progetti comuni. Un
progetto eminentemente cristiano che va al di là del semplice
riconoscimento e dello stabilimento di regole giuridiche per organizzare
la co-abitazione su uno spazio comune. Si tratta di conciliare diverse
richieste: soddisfare il riconoscimento delle specifiche identità
culturali, mantenere l'unità della nazione attraverso una dimensione
culturale collettiva capace di trascendere le tendenze al comunitarismo e
individuare i valori comuni, e preservare i principi della vita
democratica.
Anche in Europa non è una direzione facile da mantenere. Molto dipende
dagli eventi esterni (la strategia del terrore) e dalla capacità dei
politici di gestire situazioni sensibili senza cedere a populismo e
demagogia. Alla base c'è la responsabilità dei credenti che devono
prendere in carico l'elaborazione di una nuova cultura, di una nuova
cittadinanza attraverso il vivere insieme per rendere le nostre città
abitabili per tutti e degne di tutti.
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