CEI - IL DIRETTORIO SULLE COMUNICAZIONI SOCIALI
19 maggio 2004
Una magna charta delle
comunicazioni sociali per sottolineare l'impegno della Chiesa italiana a
comunicare il vangelo nella cultura mass mediale attraverso la proposta
di nuovi percorsi e iniziative pastorali.
Comunicazioni sociali sui passi della missione
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Una magna
charta delle comunicazioni sociali per sottolineare l'impegno della
Chiesa italiana a comunicare il vangelo nella cultura mass mediale
attraverso la proposta di nuovi percorsi e iniziative pastorali. È
quanto emerge da «Comunicazione e missione. Direttorio sulle
comunicazioni sociali» presentato ieri
[19 maggio n.d.r.]
in conferenza stampa da
monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto e presidente
della commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni
sociali.
Il documento è una piattaforma unitaria per i media ecclesiali, gli
organismi e le iniziative nel campo delle comunicazioni sociali e per
i professionisti cattolici che operano nelle strutture pubbliche e
private della comunicazione sociale e trova ispirazione nella
Redemptoris missio quando al numero 37 fa riferimento al «primo
areopago del tempo moderno […], che sta unificando l'umanità
rendendola - come si suol dire - un villaggio globale».
Un richiamo a non essere passivi, a trasformarsi da spettatori a
protagonisti attivi acquisendo un fattore critico che è proprio del
cristiano che ha imparato a fare discernimento davanti a tutto ciò
che gli viene incontro. E proprio dall'uomo e dalla «questione
antropologica» occorre ripartire per incidere nella società
attraverso i mezzi di comunicazione sociale: l'uomo è il soggetto
della comunicazione.
Il riferimento a Cristo, però, non va dimenticato. La prima modalità
della comunicazione della fede, anche nel così detto «villaggio
globale», resta la testimonianza. Ed è Gesù il modello di autentica
comunicazione da dove partire: egli è uomo della parola e del
silenzio, della meditazione nel giorno e nella notte (cf Sal 1,2).
In tal senso la pastorale catechistica italiana ha avuto, dopo il
Concilio vaticano II, una stagione feconda di rinnovamento. Al
riguardo gli strumenti della comunicazione sociale offrono ai
catechisti nuove risorse e nuovi percorsi per l'educazione alla fede.
La liturgia è dunque un evento comunicativo perché in esso si attua
il dialogo tra Dio e l'uomo.
Educare ai media diventa a questo punto uno sforzo non indifferente.
L'obiettivo è di affinare le capacità critiche e le aspettative
culturali, anche alla luce del progetto culturale orientato in senso
cristiano.
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[Vicenzo Grienti, su
"Avvenire" del 20 maggio 2004]
Chiesa e media, la nuova
bussola torna
su
La
comunicazione sociale come «impegno pastorale». Tanto più urgente,
oggi, in cui essa è da considerarsi «al crocevia del cambiamento in
atto nella cultura».
È questo il motivo da cui origina il nuovo Direttorio sulle
comunicazioni sociali che, con il titolo "Comunicazione e
missione", è stato approvato ieri della Conferenza episcopale
italiana nel corso della 53a Assemblea generale dei vescovi in corso
in Vaticano. Un documento che monsignor Francesco Cacucci, arcivescovo
di Bari-Bitonto e presidente della Commissione episcopale per la
cultura e le comunicazioni sociali, ha definito «un corpus
completo sull'impegno pastorale della Chiesa italiana nell'ambito dei
media», e che, tra l'altro, conterrà alcuni «criteri di
discernimento e di prudenza» per le apparizioni dei sacerdoti» sui
mezzi di informazione e nei programmi televisivi.
Cacucci, nel corso della seconda conferenza stampa sui lavori
dell'Assemblea, riguardo alla natura del nuovo testo ha sottolineato
come «un Direttorio offre degli orientamenti più impegnativi di una
Nota pastorale; nello specifico, il Direttorio sulle comunicazioni
sociali pone attenzione all'ambito della pastorale ordinaria e, in
particolare, alla realtà della parrocchia, collegandosi così al
quadro generale delle riflessioni che l'assemblea Cei sta sviluppando
su questo tema». Così «con questo documento si può dare più
stabilità e compiutezza a quanto fatto in questi anni».
Il testo, «sollecitato» dalla Commissione episcopale presieduta da
Cacucci, è strutturato in due sezioni per un totale di otto capitoli
ed è corredato da un indice delle fonti e da un indice analitico. Le
due sezioni, ha messo in evidenza il presule, «offrono fondamenti e
indicazioni operative per una svolta nella mentalità e nell'impegno
di tutti i cristiani, affinché l'inculturazione del Vangelo dentro i
linguaggi mediatici renda i media stessi sempre più capaci di
trasmettere il messaggio evangelico».
Per questo motivo, tra le altre cose, nel Direttorio «si pone
particolare attenzione a una nuova figura pastorale: l'animatore della
comunicazione e della cultura, una persona competente che, vivendo da
cristiano, favorisca l'integrazione del messaggio cristiano nei media».
Quanto infine agli aspetti normativi, richiamati dal documento,
concernenti la disciplina circa le apparizioni di sacerdoti sui
mass-media, Cacucci ha spiegato che questa esigenza nasce dal fatto
che «il pubblico non deve fare confusione tra un'opinione personale e
una data come "magistero"». Infatti «parlare a nome della
Chiesa è un fattore estremamente delicato», ha aggiunto, e come i
vescovi sono tenuti a mantenere sempre la loro funzione istituzionale,
così anche per analogia lo devono fare i sacerdoti.
Ma tutto questo, ha concluso, non va visto come una
"chiusura", quanto piuttosto «in senso positivo», come cioè
«un invito ai laici a una presenza più attiva e impegnata anche in
questo campo». Perché «sono i laici a doversi per primi sentire
coinvolti in questa azione pastorale».
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[Salvatore Mazza, su
"Avvenire" del 20 maggio 2004]