Doveva porre fine al grande scisma medioevale fra Roma
e la Chiesa d’Oriente, ma non venne mai messo in pratica. Meyendorff
esamina i punti di dissenso tra i cattolici e gli ortodossi, dal
primato petrino al "Filioque", e vede la strada del dialogo
meno ripida di allora
Al termine del Concilio di Firenze del 1439, un gruppo
di cantori ha intonato "Laetentur coeli" e il
"Gloria" per celebrare l'avvenuta riunificazione tra la
Chiesa orientale e quella latina. È sembrato, almeno per un momento,
che la grande tragedia spirituale aperta dallo scisma tra Roma e
Costantinopoli fosse conclusa. Ma le cose - è noto - sono andate
diversamente: l'unità si è dissolta presto e da allora, nonostante
considerevoli sforzi compiuti da entrambe le parti, non è più stata
riconquistata.
Ma quale abisso separava l'Oriente e l'Occidente? Perché il Concilio
di Firenze, pur riuscito sulla carta, è fallito nei fatti? E quanto
siamo lontani, oggi, dall'unità dei "due polmoni" della
Chiesa, come li chiamava Giovanni Paolo II? Su questi problemi ha
riflettuto a lungo John Meyendorff (1926-1992), uno tra i più
significativi teologi della comunità russo-ortodossa dell'emigrazione
e uno dei pionieri del movimento ecumenico. Le sue considerazioni sono
condensate in un libro pubblicato recentemente dalle edizioni Qiqajon,
Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, che raccoglie una serie di
saggi, apparsi in sedi e momenti diversi, che uniscono un minuzioso
sapere antiquario a un sincero e attualissimo anelito alla
riunificazione dell'Oriente e dell'Occidente cristiano.
Innanzitutto Meyendorff, come ormai tutti gli storici, sostiene che la
separazione tra Roma e Costantinopoli non inizia nel 1054, con le
reciproche scomuniche tra il patriarca Michele Cerulario e il legato
pontificio Umberto da Selvacandida, e nemmeno nel 1204, con la quarta
crociata e la conquista occidentale di Bisanzio, ma è il risultato di
un lungo e tortuoso processo di allontanamento tra le due chiese -
Congar lo definiva, con un termine inglese difficilmente traducibile, estrangement
- che ha le sue radici nel IV e V secolo, all'epoca dei grandi
concili, quando vennero operate scelte dottrinali decisive per la
cristianità.
Quando si inizia a percepire la "distanza" tra Roma e
Costantinopoli e compaiono i primi cataloghi delle divergenze (sentite
ormai come errori, quando non come eresie) l'estrangement è già
un fatto compiuto. Lo scisma comincia prima e segue, nel suo sviluppo,
due filoni principali tra loro connessi: i dibattiti cristologici sul Filioque
e le divergenze ecclesiologiche sul primato del romano pontefice.
Nell'occidente latino, il Credo comune di Nicea-Costantinopoli, che
affermava nella sua versione originale la processione dello Spirito
Santo unicamente "dal Padre", era stato interpolato con il
famoso temine "Filioque" ("e dal Figlio) sulla base
della dottrina trinitaria di Agostino, per cui i fedeli professavano
la duplice processione dello Spirito Santo "dal Padre e dal
Figlio". Mentre i greci respingevano il Filioque e
rimanevano aderenti alla versione originale.
Ciò rivelava profonde differenze nel modo di concepire Dio -
l'Occidente privilegiava un cristianesimo "umanistico" e la
conciliabilità tra ragione e fede, mentre l'Oriente enfatizzava gli
elementi mistici ed escatologici della fede - e implicava anche un
grande problema di natura ecclesiologica. «L'aggiunta del Filioque
a un Credo comune - scrive l'autore -, approvato dai concili
ecumenici, era effettivamente stata fatta in modo unilaterale, e
dunque sollevava il problema dell'autorità della Chiesa... il papa,
in virtù della propria autorità petrina, aveva il diritto di
modificare unilateralmente il Credo ecumenico?».
Rispondere è difficile, perché a partire dal IV e V secolo si sono
affermate due ecclesiologie differenti e destinate facilmente a
scontrarsi: una "imperiale", seguita dalla parte orientale,
che conferiva particolari privilegi alla Chiesa di Costantinopoli in
quanto "nuova Roma", e una fondata sul criterio dell'"apostolicità",
seguita dalla parte occidentale, che conferiva il primato a Roma in
virtù della sua fondazione da parte dell'apostolo Pietro su diretto
mandato di Gesù.
Queste differenze di fondo col tempo si sono approfondite e quando le
due metà del cristianesimo si sono incontrate a Firenze erano ormai
molto lontane tra loro. Allora l'unione è stata fortemente
caldeggiata dagli imperatori bizantini, perché avevano bisogno
urgentemente di un sostegno militare e politico contro la minaccia
musulmana. Ma questa volontà non aveva radici nelle masse popolari
dell'Oriente cristiano. L'accordo raggiunto a Firenze, che prevedeva
tanto l'accettazione del Filioque come del primato romano da
parte degli ortodossi, è stato più il frutto della disperazione dei
delegati greci, provenienti da una città assediata, che
dell'esistenza di un reale sensus ecclesiae comune.
«Per raggiungere tale sensus comune - afferma Meyendorff -, il
Concilio di Ferrara-Firenze avrebbe dovuto costruire un incontro tra
l'Oriente e l'Occidente quali essi erano realmente all'epoca». Ma ciò
non è avvenuto. L'Oriente cristiano era legato principalmente al
modello di religiosità esicastico - quello degli eremiti
contemplativi del Monte Athos - per cui l'esperienza e la conoscenza
di Dio sono immediatamente accessibili a tutti coloro che vivono in
Cristo. Questa corrente, rappresentata a Firenze da Marco Eugenico,
rifiutava in blocco gli interessi umanistici per la cultura greca e
per la filosofia che dominavano nel cristianesimo latino e non era
soddisfatta dall'unità raggiunta a Firenze. La riunificazione, di
fatto, è avvenuta solo con l'altro partito greco, quello minoritario
rappresentato dal cardinal Bessarione, allineato sul pensiero di
Barlaam il Calabro, che si trovava in sintonia con le posizioni degli
umanisti latini del tempo come il cardinale Cusano o il cardinale
Cesarini.
La questione è molto complessa, ma comprendere fino in fondo l'estrangement
che ha allontanato cattolici e ortodossi è l'unica via a un vero
dialogo ecumenico. E per Meyendorff le due metà del cristianesimo
sono più vicine oggi di quanto non lo fossero a Firenze.
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Il Libro:
John Meyendorff, Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, Qiqajon.
Pagine 150. Euro 11
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