«Nel futuro potrebbe
esserci una nuova forma di persecuzione dei credenti, quella dello scherno.
Anzi, già se ne vedono i segnali» La denuncia del teologo ortodosso
francese Olivier Clément. La fede, la
Chiesa, la società, le ideologie, i grandi testimoni del Vangelo,
l'ecumenismo, le religioni non cristiane, la spiritualità... Sono alcuni
dei capitoli che costituiscono «Memorie di speranza», il nuovo
libro-intervista che il teologo ortodosso Olivier Clément ha appena
licenziato in Francia. Ne riprendiamo un passaggio.
Perché l'ecumenismo è tanto importante per lei?
«Ho sempre pensato che le diverse Chiese costituiscano altrettante
espressioni del cristianesimo. Non sono un ortodosso che ha scoperto
l'esistenza di altri cristiani, ma un ateo che ha scoperto il cristianesimo
ed è entrato nella Chiesa ortodossa per essere cristiano, non contro gli
altri ma con gli altri. Prima e dopo il battesimo ho studiato i grandi
teologi, filosofi e uomini di spiritualità tanto cattolici quanto
protestanti senza preoccuparmi della singola appartenenza confessionale».
Oggi l'ecumenismo sembra segnare il passo.
«Segna il passo infatti, ma il progresso raggiunto nel corso del XX
secolo resta immenso. Sono stati messi a fuoco i problemi principali e
tracciate le strade per superarli, così da avvicinare i cristiani offrendo
loro la possibilità di esercitare insieme il servizio all'umanità nonché,
in ultima analisi, la possibilità di aprire gli uni agli altri la
celebrazione eucaristica. E, naturalmente, di proporre una diversa immagine
della Chiesa che sembra profondamente divisa».
Che cosa ha favorito tale avvicinamento tra le Chiese?
«Il contributo di grandi teologi cattolici, anglicani e ortodossi è
stato considerevole perché costoro hanno esaminato con acutezza la
questione centrale: come comprendere gli altri? come conoscerli? L'opera di
teologi cattolici francesi - da Daniélou, a De Lubac, a Congar, artefici
della riuscita del concilio Vaticano II - ha inciso parecchio in quanto essi
erano a diretto contatto con i teologi ortodossi della diaspora russa, della
quale occorre sottolineare l'importanza».
Un riavvicinamento tra Mosca e Roma è prevedibile a breve scadenza?
«Con il tempo le relazioni senza dubbio miglioreranno. Le reti
d'amicizia ci sono e svolgeranno un ruolo importante, essendo fondate
sull'ecumenismo dell'esperienza individuale. Ma occorrerà soprattutto che
una nuova generazione di responsabili attenui fortemente, d'un lato, il
centralismo romano, e dall'altro l'autocefalismo ortodosso, la quasi
indipendenza, di fatto, di ogni Chiesa nazionale. Per il momento tra Roma e
Mosca l'avvenire rimane pieno di ombre».
Qual è il suo punto di vista sulla questione degli uniati?
«È questione da studiare serenamente con grande rigore storico. Le
responsabilità sono condivise. Oggi molti greco-cattolici (chiamati anche
melchiti o cattolici di rito orientale) aspirano a diventare il trait
d'union tra cattolicesimo e ortodossia, conservando e approfondendo la fede
ortodossa, accettando il primato romano nel senso di come esso operava nella
Chiesa indivisa».
In fin dei conti, allora, lei rimane ottimista?
«In parte sì. Ci sono stati enormi progressi sul piano del pensiero. A
mio giudizio l'unità di fede tra ortodossi e cattolici è oggi molto
profonda, e lo stesso avviene con molti anglicani e certi luterani. È una
unità di fede perfino più grande di quanto non fosse durante il primo
millennio, quando la Chiesa era indivisa. Ma bisognerà arrivare - questa la
grande sfida del momento - a che, da qualche parte, un capo di Chiesa apra
la comunione della sua Chiesa ai fedeli di un'altra. Io penso che tra
cattolici e ortodossi questa apertura di comunione si debba fare. Non
subito, certo, perché persistono troppe chiusure e opposizioni da una parte
come dall'altra, ma sono convinto che questo accadrà nel corso del XXI
secolo».
Vede profilarsi in un domani molto prossimo un'unione ritrovata fino alla
comunione sacramentale?
«Questo non dipende da noi. Noi possiamo solamente pregare e lavorare.
Affermava padre Couturier, il prete di Lione che ha ideato la settimana di
preghiera per l'unità dei cristiani: "Quando Dio vorrà, come Dio
vorrà". Spero che molte cose accadranno nel XXI secolo, molto di
quanto è datato verrà a cadere e si imporranno realtà essenziali.
Potrebbe perfino esserci una nuova forma di persecuzione dei cristiani,
vediamo anzi delinearsi qualcosa che va in questa direzione».
Cosa intende con il termine persecuzione?
«In Francia si registra oggi una sorta di persecuzione dei cristiani
attraverso la derisione. Certo, la parola persecuzione è forte, ma c'è
comunque qualcosa di questo».
È d'accordo con lo storico René Rémond quando sottolinea che siamo in
presenza di un anticristianesimo di ritorno?
«Sicuramente».
Non assistiamo piuttosto a un ritorno di indifferenza e a una crescente
marginalizzazione del cristianesimo?
«Non è solo indifferenza. Davanti ad un certo rinnovamento del
cristianesimo l'indifferenza che si rafforza diventa derisione. In fondo è
un buon segno, è l'ultima delle Beatitudini: "Beati voi quando vi si
dirà ogni sorta di male per causa mia". In parallelo alla derisione si
riscontra una diffusione crescente delle religioni orientali. Se i cristiani
continueranno a litigare la gente sarà indotta a dire: "Siamo stufi
delle vostre dispute, quando meditiamo come i buddisti ci insegnano, noi
almeno troviamo la pace"».
La preoccupa l'attenzione montante verso il buddismo e l'induismo?
«Se mi preoccupa? No, mi interessa, ritengo sia un fatto positivo sul
quale riflettere. Per il millennio che si è aperto credo molto nella
fecondità di un incontro tra il cristianesimo e l'Asia. L'India e il
buddismo sono influenzati dal cristianesimo più di quanto si creda. In
India l'enfasi è posta sempre più sull'aspetto dell'amore. Certi buddisti
invece di dire che l'uomo è un puro aggregato impermanente, parlano della
persona nel senso della Rivelazione biblica. Ho incontrato in Giappone degli
scintoisti segnati dal Vangelo. L'influenza reciproca assumerà forme
diverse. Il cristianesimo, senza porre in discussione i suoi fondamenti -
anzi, facendo il contrario - metterà di più l'accento sui percorsi della
vita interiore, sul senso spirituale del corpo. Teologie capaci di
utilizzare la concettualità indù e cinese si collocheranno accanto alla
teologia basata su quella greca... La spiritualità del terzo millennio
sarà meno rifiuto e più trasfigurazione, sarà una spiritualità pasquale,
di risurrezione».