Cristianesimo sotto
accusa
Riportiamo di seguito l’intervista allo storico
René Rémond pubblicata da "Avvenire" del 9 ottobre 2005
Da sempre energico difensore del genio del cristianesimo
e della sua attualità di fronte ai dilemmi delle società
contemporanee, il grande storico e politologo René Rémond scandaglia
nel suo ultimo saggio le correnti del nuovo anticristianesimo. Non senza
una punta di lucida apprensione. Nato
nel 1918, accolto tra gli "immortali" dell'Académie
française e da tempo alla guida della prestigiosa Fondazione di Scienze
politiche di Parigi, Rémond ha esplorato per decenni i ponti tra le
nuove correnti del pensiero politico e l'ansia di trascendenza
dell'uomo contemporaneo.
Professor
Rémond, anni fa nel libro «Le christianisme en accusation» lei si era
interrogato sul discredito intellettuale e culturale di cui il
cristianesimo è oggetto. nelle ostre società. Perché tornare sul tema
con questo nuovo volume «Vers un nouvel anti-christianisme»?
«Proprio l'eco ricevuta dal libro, le reazioni che ha suscitato nel
mondo politico e presso gli opinionisti, mi ha spinto a completare il
discorso. Si trattava in quel caso di ricordare l'importanza
incontestabile del fatto religioso nelle nostre società. Cinque anni
dopo, la problematica si è spostata e arricchita. Si pensi al dibattito
sulla Costituzione europea o anche, per la Francia, alla codificazione
del culto musulmano e alla legge del 15 marzo 2004 (sul velo e altri
segni religiosi vistosi). In generale cosa si constata? La diffidenza di
fronte al fatto religioso non sembra essersi affievolita, alimentata
d'altra parte più dalla congiuntura internazionale che dalla situazione
francese. Constato persino una certa radicalizzazione: la legge del
2004, per esempio, non significa un ritorno al clima del 1880 in cui
furono proscritti tutti i simboli religiosi?» Sul
momento, si era pensato che l'emozione planetaria percepita in occasione
della morte di Giovanni Paolo II avrebbe segnato un'evoluzione di clima
e di prospettiva...
«Vi ho visto un segno di resistenza del fatto religioso alla
cancellazione, ma il ritorno di fervore ha anche acuito delle allergie.
Soprattutto da parte di coloro che rifiutano sempre che il fatto
religioso sia presente nello spazio pubblico. Ho ascoltato, in
quell'occasione, uomini politici francesi indignarsi del fatto che il
governo avesse deciso di mettere le bandiere a mezz'asta per un giorno
per onorare un grande uomo, Giovanni Paolo II, mentre, al contempo,
l'Egitto o il Pakistan decidevano tre giorni di lutto nazionale per il
capo di una religione che non è la loro!» Eppure,
è nel momento in cui il cristianesimo presenta segni evidenti di
debolezza che è così fortemente posto sotto accusa.
«Il che dovrebbe avere per conseguenza che lo si attacchi di meno!
Capisco che un secolo fa i "laici" potessero preoccuparsi del
clericalismo di una Chiesa che accettava malvolentieri di perdere il suo
potere di tutela sulla società. Oggi, non è più il caso. Invito
quelli che dubitano sempre della sincerità della evoluzione della
Chiesa a rileggere i testi del Concilio Vaticano II, come la
Dichiarazione sulla libertà religiosa. [Dignitatis
humanae - Dichiarazione conciliare sulla libertà sociale e
civile in materia religiosa, 1965 - ndR]
Consiglio anche di operare delle
distinzioni tra le religioni. Non si deve perdere di vista che, oltre
alle loro tradizioni dogmatiche, le religioni non sono intercambiabili.
Soprattutto sul piano delle loro relazioni con la società civile. Anche
se riconosco che il fenomeno del neoconservatorismo americano confonde
attualmente le carte: vediamo emergere in questa parte del mondo un
cristianesimo che pratica di nuovo la confusione dei generi nel quale
non ci riconosciamo» Fra le
forme attuali d'anticristinesimo che lei individua, lei si sofferma sul
recente libro di Michel Onfray «Trattato di ateologia» . Perché?
«È sintomatico di un radicalismo intellettuale che attacca, senza
sfumature, i monoteismi e in particolare il cristianesimo. Ogni
cristiano dovrebbe interrogarsi sul successo di un simile saggio che ha
trovato presto 200.000 acquirenti. Michel Onfray è libero di esprimere
le sue convinzioni, comprese quelle oscurantiste. Ma lo chiamo in
causa su due punti: innanzitutto la sproporzione, il divario, tra la
pretesa dell'enunciazione - scrivere un trattato di ateologia - e il
contenuto del libro. Ci si attende un'opera scientifica - Michel Onfray
fa riferimento a Spinoza - e si scopre poi un pamphlet. Con
controverità scioccanti, come la presunta connivenza tra nazismo e
cristianesimo. Il libro mostra superbia e intolleranza, e non una
volontà scientifica. D'altronde, resto convinto che questo pseudo
trattato si inscrive in una logica dell'insegnamento del disprezzo verso
le fedi dei nostri contemporanei e verso loro stessi. In una società
pluralista, ciascuno deve ascoltarsi e rispettarsi. Ora, Onfray presenta
i cristiani quasi come dei deboli di mente. Non mi spiego questa forma
di odio, inverosimile da parte di un intellettuale che si presenta come
un filosofo» Quale sarebbe,
in questo contesto, la migliore risposta da dare ai nuovi
detrattori del cristianesimo?
«Difendo una Chiesa educatrice della libertà di coscienza. Una
coscienza illuminata, libera e adulta, che nutre delle convinzioni. Per
questo abbiamo bisogno di un cristianesimo ragionevole, che affronti le
sfide intellettuali con cui le società si confrontano. le risposte
pietistiche sono insufficienti. Nel solco della grande tradizione della
Chiesa, i cristiani sono depositari di una visione dell'uomo che non è
innanzitutto confessionale, integralista, ma di interesse generale. I
cristiani non devono cedere alla tentazione di presentarsi come i
difensori di un'identità particolare o ritirarsi nelle sagrestie»
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