Islamabad - Legge sulla blasfemia,
islamizzazione forzata, democratizzazione, istruzione: sono
questi i nodi sui quali i cristiani pakistani chiedono
un’azione riformatrice del governo e l’impegno del
presidente Musharraf. La legge sulla blasfemia - che prevede la pena di morte per
chi offende l’islam - è stata giudicata “un’anomalia
nel nostro sistema legale” da mons. Lawrence Saldanha,
arcivescovo di Lahore. Molti cristiani sono stati uccisi in
nome di tale norma.
Proprio per protestare contro questa legge
- che favorisce il fondamentalismo e copre vendette private -
mons. John Joseph, vescovo di Faisalabad, si è tolto la vita
nel 1998 in segno di denuncia contro il caso di Ayub Masih, un
cristiano condannato a morte per blasfemia. I cristiani ancor
oggi detenuti in prigione a causa della legge sulla blasfemia
sono 7. A maggio era stato assolto Aslam Masih, un cristiano
di Lahore, in carcere da 4 anni per offese alla religione
islamica. Aslam era stato imprigionato nel novembre 1998, ma
solo di recente il principale testimone dell’accusa aveva
ammesso che la polizia gli aveva fatto testimoniare il falso
contro Aslam.
Alcuni tentativi di “conversione forzata” all’islam
hanno messo in allarme i cristiani pakistani: a maggio Javed
Anjum, un cattolico di 18 anni, era stato rapito e torturato
da islamici che volevano convertirlo a forza alla loro
religione. Javed è morto in seguito alle percosse ed è
considerato un martire della fede dai cattolici pakistani. La
commissione Giustizia e Pace di Lahore ha denunciato
casi di conversioni forzate: “Giovani non musulmani sono
stati convertiti all’islam con la forza e circoncisi contro
la loro volontà” denuncia Peter Jacob, segretario della
Commissione. Nel novembre scorso il 15enne cattolico Zeeshan
Gill era stato costretto a diventare musulmano da alcuni
compagni di scuola. Insegnanti islamici lo hanno minacciato e
picchiato, costringendolo a seguire lezioni alla madrassa
Jamia al Qasim al Aloom. Zeeshan è riuscito poi a fuggire
dalla madrassa, ma vive nascosto per paura di ritorsioni.
Un passo avanti è stato compiuto in campo politico con
l’abolizione del “sistema elettorale separato”, che
regolava il diritto di voto in base all’appartenenza
religiosa. Le minoranze non musulmane potevano votare un
ristretto numero di candidati e solo della propria religione.
Ora invece le elezioni avvengono in maniera democratica. Ma
secondo l’organizzazione per i diritti umani Human Right
Watch (HRW) ci sono ancora aspetti criticabili nella
democrazia in Pakistan. In particolare, il Nuovo Quadro
Giuridico (Legal Framework Order) varato da Musharraf nel 2002
ha aumentato il potere del presidente, limitato quello dei
rappresentanti eletti e rafforzato il ruolo politico
dell’esercito. Inoltre, il nuovo codice prescrive che tutti
i membri dell’Assemblea Nazionale e del Senato siano
laureati. Ma secondo HRW, questa limitazione causa una classe
dirigente elitaria perchè esclude la maggior parte dei
cittadini pakistani, privi di un’educazione universitaria.
In campo educativo docenti cristiani e musulmani moderati
denunciano una islamizzazione fondamentalista dei libri di
testo nelle scuole. Inoltre, i vescovi pakistani, in un
recente incontro con il nuovo primo ministro Aziz, hanno
chiesto che vengano restituite alla Chiesa le scuole private
nazionalizzate nel 1972.
Le diocesi cattoliche in Pakistan sono 7:
Faisalabad, Hyderabad, Islamabad – Rawalpindi, Karachi,
Lahore, Multan e
Quetta (Prefettura apostolica).
Il Pakistan conta 143 milioni di abitanti, al 96,1%
musulmani. I cristiani sono il 2,5%, circa 3milioni 800mila; i
cattolici sono 1.288.000. (LF)
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[Fonte: AsiaNews del 30 settembre 2004]