Dichiarazione finale della
Conferenza islamo-cristiana di Bruxelles/Malines
"Cristiani e musulmani sono chiamati a lavorare fianco a fianco nel modo più
opportuno collaborando con lo Stato di cui fanno parte senza tuttavia essere
asserviti ai governi. Crediamo che le comunità religiose e lo Stato debbano
lavorare insieme per il bene comune". Dunque "no" ad un confinamento della
religione alla sfera personale delle persone e alla "richiesta di rinunciare
alla propria identità religiosa" attraverso, per esempio, "il divieto di portare
o esporre simboli religiosi in pubblico o la soppressione delle festività
religiose con il pretesto che tutto ciò possa urtare la sensibilità degli altri
credenti o andare contro i principi di uno Stato secolare". Nella dichiarazione
finale della Conferenza europea islamo-cristiana promossa congiuntamente dal
Ccee e dalla Kek, su "Essere cittadino di Europa e persona di fede.
Cristiani e musulmani come partner attivi nelle società europee", che si è
chiusa il 23 ottobre a Bruxelles/Malines i 45 rappresentanti cristiani e
musulmani, di 16 nazioni europee, hanno così voluto ribadire tutta la loro
volontà di dialogo e di collaborazione con lo Stato ma senza rinunciare alla
propria dimensione religiosa. "Come cristiani e musulmani - si legge nel testo -
affermiamo che siamo cittadini e credenti, non cittadini o credenti. Crediamo
che il futuro delle società europee dipenderà in larga misura dalla nostra
volontà come cittadini e persone di fede di preservare e sviluppare le
fondamenta culturali e religiose dell'Europa".
Di seguito il testo integrale della dichiarazione finale
Questa Conferenza ha riunito 45 musulmani e cristiani provenienti da 16
Paesi europei. L'incontro è stato organizzato dal Comitato congiunto per le
relazioni con i musulmani in Europa, costituito dal Consiglio delle Conferenze
episcopali europee e dalla Conferenza delle Chiese europee. L'evento ha avuto
luogo nell'ambito dell'Anno europeo del dialogo interculturale e in occasione
del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Si è
svolto dal 20 al 23 ottobre 2008 ed è stato finanziato dall'Unione europea.
Come cristiani e musulmani, ci siamo riuniti qui nella città di Mechelen
in Belgio per discutere sul tema: "Essere un cittadino europeo e una persona di
fede".
L'Europa ha subìto un processo di profonda trasformazione, da cui sta
riemergendo come una società eterogenea, interetnica, interculturale e
interreligiosa. Questo è accaduto in parte a causa delle migrazioni, sia
all'interno che dall'esterno.
Alcuni Paesi europei hanno Chiese di Stato, altri no. Tutti, in ogni
caso, dal punto di vista ideologico hanno assunto una posizione decisamente
neutrale nei confronti della religione. Tale atteggiamento ha portato a una
situazione in cui a tutte le Chiese e religioni viene concesso un eguale
trattamento, riconoscendo loro gli stessi diritti ed esigendo da loro gli stessi
obblighi morali e le stesse responsabilità. Tuttavia, in alcuni casi si osserva
un processo che va verso un progressivo confinamento della religione nella sfera
privata. In alcuni casi, sta portando alla sua emarginazione dal dominio
pubblico e, di conseguenza, all'eliminazione di ogni sorta di manifestazione
pubblica della propria fede.
Laddove Chiese, comunità religiose e comunità ideologiche da una parte,
e lo Stato dall'altra, sono entità distinte con distinti ambiti d'azione, in una
società democratica le prime hanno il diritto e il dovere di essere di guida per
i loro seguaci. Lo Stato dovrebbe guardarsi dal porre i propri cittadini di
fronte alla scelta fra la lealtà nei suoi confronti e l'adesione alle proprie
convinzioni religiose. Lo Stato ha il diritto di esigere da tutti i suoi
cittadini un impegno pubblico ed esplicito verso la democrazia e un
atteggiamento responsabile rispetto all'integrazione nella vita, nella cultura e
nelle tradizioni della comunità statale.
Come cristiani e musulmani, noi dichiariamo di essere cittadini e
credenti, non cittadini o credenti. Siamo quindi chiamati a operare di comune
accordo e in modo adeguato con lo Stato a cui apparteniamo, senza assumere
atteggiamenti servili di fronte ai governi. Affermiamo questo perché crediamo
che le comunità religiose e lo Stato debbano lavorare insieme per il bene
comune. Questo atteggiamento è il frutto del nostro senso di appartenenza non
solo alle nostre rispettive denominazioni religiose, ma anche a quel progetto
collettivo chiamato cittadinanza. Noi crediamo nell'unità e nella diversità
delle nostre società, che contribuiscono alla loro crescita e al loro
arricchimento.
Come cristiani e musulmani, crediamo che il futuro delle società europee
dipenderà in larga misura dalla nostra disponibilità, in quanto cittadini e
persone di fede, a preservare e valorizzare i fondamenti culturali e religiosi
dell'Europa, e dalla nostra capacità di contribuire al raggiungimento di tale
fine.
Come musulmani e cristiani, crediamo nel principio dell'integrazione, il
che non comporta e non deve mai comportare l'esigenza di rinunciare alle nostre
identità religiose. Per esempio, questo potrebbe verificarsi qualora si
proibisse di indossare o di esporre simboli religiosi in posti pubblici o si
cancellassero festività religiose con il pretesto che consentire la loro
celebrazione urterebbe la sensibilità di altri credenti, o andrebbe contro i
principi dello Stato laico.
Come cristiani e musulmani, riconosciamo il diritto alla libertà di
coscienza, alla libertà di cambiare religione o di decidere di vivere senza una
religione, il diritto di manifestare pubblicamente e di esprimere le proprie
convinzioni religiose senza essere derisi o costretti al silenzio da pregiudizi
o da deliberati stereotipi o dall'ignoranza.
Come musulmani e cristiani, crediamo che dialogare significhi sia
ascoltare che parlare, approfondendo in tal modo la comprensione reciproca.
Ribadiamo, quindi, l'esigenza di dare ascolto a uomini e donne in ogni ambito
direttivo della vita civile.
Il dialogo deve svolgersi fra noi, in quanto musulmani e cristiani, ma
anche con le altre religioni più importanti e con le altre tradizioni umaniste e
gli altri stili di vita. Dove il dialogo porta all'azione, troviamo le Ong, i
Consigli confessionali e altre Organizzazioni comunitarie. Impariamo a sanare le
ferite della divisione originate da conflitti precedenti, al fine di diventare
autentici ambasciatori della riconciliazione. Per poter fare questo, dobbiamo
conoscerci.
Come cristiani e musulmani, confermiamo prima di tutto la nostra
testimonianza a favore delle nostre rispettive fedi e tradizioni. Siamo pronti a
testimoniare che l'essere umano scopre la sua identità attraverso il rapporto
con Dio. Questo ci porta a ribadire l'estrema importanza e il ruolo vitale della
famiglia, della dignità umana, della giustizia sociale, della tutela
dell'ambiente. Questo deve escludere anche qualsiasi uso della violenza in nome
della religione. Rifiutiamo inoltre ogni forma di laicismo ostile e militante
che crea discriminazione fra cittadini e non lascia spazio alla fede e alla
pratica religiosa. Dobbiamo sostenere non solo la posizione attiva delle
comunità di fede nel contesto sociale, ma anche la vocazione comune a vivere
secondo la Parola di Dio.
Come musulmani e cristiani, richiediamo, in vista di una conoscenza
reciproca, l'apertura delle moschee e delle chiese ai visitatori provenienti da
altre comunità, anche promuovendo la conoscenza attraverso il coinvolgimento
delle persone. Questo prevede incontri fra studiosi e interazioni accademiche.
Abbiamo bisogno di entrare nello spirito delle religioni, così come nelle loro
esternazioni. Ci impegniamo a evitare ogni generalizzazione riguardo all'altro.
I diritti umani sono universali e includono il diritto alla libertà
religiosa. Auspichiamo una collaborazione fra cristiani e musulmani in Europa al
fine di promuovere questo diritto fondamentale. La solidarietà verso chi soffre
dentro e fuori l'Europa deve essere incoraggiata e, dove possibile, si deve
offrire una mediazione.
L'identità si compone di molti fili, e la religione è uno di questi. La
robustezza di una corda deriva dai tanti fili intrecciati fra loro, e questa
immagine si applica alla nostra identità come europei e come cittadini dei
singoli Paesi, e al nostro patrimonio etnico e culturale. Siamo invitati a
costruire ponti per avvicinare fedi e culture. L'Europa è chiamata a farsi
fucina di conoscenza sia per i musulmani che per i cristiani.
Il nostro desiderio per le future generazioni è che vivano in pace e in
armonia nel contesto delle nostre differenze religiose e si impegnino a
migliorare la società. Il dialogo interreligioso deve iniziare in giovane età e
in ambienti in cui bambini e ragazzi abbiano modo di incontrarsi e conoscere le
loro differenze, vale a dire nelle aule di scuola e negli auditorium delle
nostre università, nonché all'interno delle nostre comunità religiose. Questo
implica la necessità di progetti specifici a livello locale.
Come partecipanti, ci impegniamo a comunicare il contenuto di questo
documento all'interno delle nostre comunità e strutture e a incoraggiare la sua
concreta attuazione a livello locale e nazionale. Raccomandiamo la realizzazione
di una Conferenza successiva, preferibilmente entro i prossimi due anni, al fine
di valutare i progressi compiuti in questa difficile impresa, e di individuare
ulteriori tematiche.
© Copyright Sir