L’unico segno che è rimasto è la scorta, assai discreta, dei
sacerdoti dell’Hatay o delle chiese in altre città, come Smirne.
Restano invece in ombra alcuni fatti, che attestano come
l’assassinio non sia stato il gesto isolato di uno scalmanato, ma un
evento pianificato da coloro che non vogliono sentire nemmeno il nome
di cristiano e europeo. Se è vero che domenica 5 marzo i giornali turchi hanno parlato
della riapertura della chiesa di S.Maria a Trabzon con la celebrazione
eucaristica svolta da padre Pierre Brunissen venuto da Samsun (oltre
350 km.) e la partecipazione di una decina di persone, tuttavia alcuni
giornali nazionali continuano a parlare dei missionari e del loro
proselitismo, della distribuzioni di soldi e tante altre illazioni
senza mai specificare l’identità degli interessati. Si continua così
ad insinuare nella testa della gente che qui la Chiesa sta
“convertendo” i turchi e crea un pericolo!
La Turchia ha oltre 70 milioni di abitanti e tra questi solo un
150.000 sono cristiani: mi chiedo come un Paese, laico e democratico,
possa avere paura di qualche conversione mentre viene quanto mai
reclamizzato da diversi giornali il passaggio di cristiani all’islam
– specialmente per motivi di matrimoni di stranieri con locali –
che non sono pochi. Come può un Paese che si proclama non
confessionale e nello stesso tempo rispettoso delle coscienze dei suoi
abitanti, attraverso la stampa, fare questa campagna contro il
cristianesimo come fosse una rovina dell’identità turca? Il
problema è che questo Paese vuole essere parte integrante
dell’Europa, ma nello stesso tempo, con questi pregiudizi fa
riflettere e fa prendere coscienza agli europei di quanto la Turchia
sia lontana anni luce dagli standard di democrazia e libertà
religiosa vissuta in Occidente.
La Chiesa cattolica è qui solo per testimoniare e aiutare - anche
diventando bersaglio di odio e denigrazione - coloro che
malgrado le difficoltà e le discriminazioni, vogliono essere fedeli
al loro credo evangelico. Se poi qualcuno trova nel suo messaggio un
motivo di speranza e, quindi, di adesione, non vedo che cosa ci sia di
grave e di pericoloso. La Chiesa predica l’amore e l’unità degli
uomini attraverso Cristo… e la Turchia ha quanto mai bisogno
di questo! Purtroppo anche in questo Paese c’è l’aggressione
delle sette protestanti che creano non pochi problemi alla confessioni
storiche, ma questo non deve essere un alibi per generalizzare e
“sparare nel mucchio”!
Essere cristiano in Turchia non è facile: si è discriminati in
diversi settori – un cristiano non può essere poliziotto, entrare
nei quadri superiori delle forze armate o nella magistratura –
eppure si parla di democrazia! E solo dall’inizio dell’anno
è stata approvata una legge che permette agli stranieri di acquistare
beni – per abitazioni o luoghi di lavoro – in questo Paese.
Quanto all’assassinio di don Andrea, il caso è stato
“risolto” in pochi giorni con l’arresto di un quindicenne (non
ha compiuto ancora 16 anni) che, attizzato contro i missionari
stranieri che fanno proselitismo, avrebbe voluto vendicare le
caricature su Maometto pubblicate dal giornale danese. E’ la
versione ufficiale a cui nessuno di noi crede. Eppure tutti applaudono
alla efficienza della polizia turca. Don Andrea viveva a Trabzon nella
precarietà e non ci risulta che facesse opera di proselitismo
aggressivo, come vorrebbe fare credere certa stampa, distribuendo
dollari come fosse un magnate americano. Invece, proprio per motivi
economici partecipava di rado alle riunioni del Vicariato Apostolico
dell’Anatolia: non sempre riusciva a sostenere le spese dei
biglietti aerei che doveva prendere (due per venire e altrettanti per
tornare), come diverse volte lui stesso ha confessato con molto
rammarico.
Con don Andrea lavorava una volontaria romana, Loredana, che è
stata testimone del delitto. Da una finestra del corridoio che porta
in chiesa ha visto un giovane, che non era il quindicenne imputato,
che guardava a destra e sinistra con fare sospetto sulla porta della
chiesa e, dopo pochi secondi, quando è entrata in chiesa, ha
visto solo un braccio e la mano che impugnava la pistola e sparava da
qualche metro di distanza alle spalle di don Andrea, inginocchiato in
preghiera. Il primo proiettile colpì preciso al cuore, da 3-4 metri.
Proprio come da un killer professionista, mentre il ragazzino
considerato colpevole ha dichiarato di aver imparato a sparare solo al
computer: era la prima volta che impugnava un arma vera. Il secondo
proiettile colpì don Andrea mentre stava cadendo. Ha sentito
distintamente il grido di “Allah ekber” (Allah è grande)
lanciato dal killer che fuggiva, e non era certo la voce di un
adolescente.
Quando dopo mezzanotte il vescovo mons. Luigi Padovese con
l’accompagnatore John sono arrivati in chiesa a Trabzon, la polizia
ha subito mostrato loro l’identikit del presunto assassino, eppure
è accertato che non esistevano telecamere esterne nei dintorni o
eventuali testimoni, come invece ci hanno voluto far credere. Come è
stato possibile, dunque, tracciare il profilo di quel volto con così
tanta prontezza?
Quello stesso 5 febbraio, però, alle 12.15, alla fine della messa
domenicale - la domenica del delitto avvenuto intorno alle 15.30-15.45
– la polizia si era recata nella chiesa dei domenicani a Smirne per
chiedere al parroco, padre Stefano Negro, quante erano le entrate
della chiesa, quanti i fedeli abituali. Gli agenti dissero di far
utilizzare solo il portone principale per entrare ed uscire… come se
avessero sentore di un evento di sangue imminente.
Credo, quindi, che dietro a questo omicidio ci siano motivi molto
seri: si è ucciso un sacerdote - forse quello che era più facile
colpire - per creare problemi all’attuale governo favorevole a
dialogare con l’Europa per un’eventuale adesione ad essa. Si è
trovato un capro espiatorio in un minorenne che fra qualche anno potrà
tranquillamente ritornare in libertà, come stabilisce la legge.
Appena appresa la notizia dell’uccisione molti di noi hanno
profetizzato: “vedrai che adesso salterà fuori che il colpevole è
un minorenne!”. E questa è stata una riflessione automatica di
tanti cristiani.
In Turchia è in atto una “guerra” nascosta tra le due anime di
questa nazione. Colpire un prete straniero e per di più europeo ha
spostato la lotta tra laicità e islamismo in Europa, innescando un
dibattito esasperato contro l’islam e contro la Turchia, esattamente
come desideravano questi burattinai. Di questo dramma a soffrire in
prima persona sono i cristiani turchi e le loro chiese.
Finché la stampa continua la sua campagna denigratoria con
insinuazioni e sospetti parlando sempre in maniera negativa dei
cristiani e delle chiese, il clima continuerà ad essere avvelenato e
sarà impossibile costruire un futuro di pace. La Turchia è un Paese
meraviglioso, ricco di storia, di calore umano e di accoglienza, ma
piccole minoranze fanatiche e aggressive continuano a battersi in nome
di un’identità che non esiste, facendo leva sulla religione e sul
nazionalismo. Molti giornali purtroppo stanno al gioco e, anzi, se ne
fanno portavoce. Molti fanatici usano la religione come mezzo di
divisione, di aggressione e di morte in nome di Dio. È il dramma che
si vive specialmente oggi in questa terra dove il seme cristianesimo
è meravigliosamente germogliato all’inizio della Chiesa, ma che
oggi è quasi scomparso.