L’università
islamica di Al-Azhar chiede alla Chiesa di presentare le scuse per la
conquista dei Luoghi santi: «Vogliamo essere trattati dal Vaticano
come gli ebrei» Ma l’iniziativa suscita perplessità anche tra i
rappresentanti musulmani in Italia
Non bastano le
domande di perdono già più volte avanzate durante il Giubileo?
Cardini: «Allora i primi a doversi scusare dovrebbero essere i
discendenti del califfo che fece conquistare la Città Santa» Lo
sceicco Pallavicini: «Dovremmo lavorare per evitare oggi nuovi
scontri, non litigare per quelli di mille anni fa» Piccardo: «Tutte
le fedi hanno i loro errori»
Deve
ricredersi chi pensava che con i mea culpa, dopo il Giubileo, si fosse
alla pari: la Chiesa ha ancora da chiedere scusa all’islam per le
crociate. Un auspicio a "rivedere il proprio passato",
contenuto nel documento finale di un meeting islamo-cristiano svoltosi
in Vaticano il 24 febbraio, è diventato infatti una richiesta formale
a chiedere perdono delle crociate secondo il portavoce della
Commissione per il dialogo tra le religioni di Al-Azhar: università
islamica egiziana che è riferimento dirimente per i musulmani sunniti.
Lo
sceicco Fouzi Al-Zafzaf, presidente della suddetta Commissione, lo ha
dichiarato ieri al giornale arabo Al-Sharq Al-Awsat: «Noi vogliamo
essere trattati dal Vaticano allo stesso modo degli ebrei, che hanno
ricevuto dalla Chiesa le scuse per l’antigiudaismo del passato; i
mea culpa devono riguardare tutti i figli di Abramo. I musulmani però
non pretendono che questo avvenga subito, considerato che gli ebrei
hanno aspettato 17 anni prima di ricevere le scuse del Vaticano».
Mettersi
in ginocchio per Goffredo di Buglione e Pietro l’Eremita? La
richiesta (la prima ufficiale di questo genere) prenderebbe spunto
dalla visita di Giovanni Paolo II in Siria ed Egitto anni fa, ma certo
coglie in contropiede quanti tra i cattolici pensavano di aver già
provveduto, grazie soprattutto alla volontà di riconciliazione
espressa da Giovanni Paolo II nei dintorni del Giubileo.
Fin dal
febbraio 1995, infatti, parlando di Caterina da Siena il Pontefice
aveva fatto scalpore sostenendo che essa «nel pur giusto zelo per la
difesa dei luoghi santi, faceva sua la mentalità allora dominante,
secondo cui tale compito poteva esigere persino il ricorso alle armi.
Oggi dobbiamo essere grati allo spirito di Dio, che ci ha portati a
capire sempre più chiaramente che il modo appropriato, e insieme più
consono al Vangelo, per affrontare i problemi che possono nascere nei
rapporti tra popoli, religioni e culture, è quello di un paziente,
fermo quanto rispettoso dialogo».
Durante
la «Giornata del perdono» poi, il 12 marzo 2000, la «confessione
delle colpe» pronunciata da Wojtyla in San Pietro – pur senza
citare esplicitamente le crociate – riguardò quanti «cristiani
hanno talvolta accondisceso a metodi di intolleranza» nonché, «cedendo
alla logica della forza, hanno violato i diritti di etnie e di popoli».
Lo stesso giorno fu reso noto lo studio della Commissione teologica
internazionale presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger Memoria e
riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, in cui ci si
chiedeva se «si può investire la coscienza attuale di una
"colpa" collegata a fenomeni storici irripetibili, come le
crociate o l’inquisizione». In particolare, infine, il 4 maggio
2001 ad Atene il Papa espresse all’arcivescovo ortodosso
Christodoulos il suo dolore per lo scempio di Costantinopoli nel 1204,
durante la IV crociata: «È tragico che i saccheggiatori, che avevano
stabilito di garantire ai cristiani libero accesso alla Terra Santa,
si siano poi rivoltati contro i propri fratelli nella fede. Il fatto
che fossero cristiani latini riempie i cattolici di profondo
rincrescimento».
Certo:
manca ancora un esplicito riconoscimento di colpa nei confronti delle
vittime musulmane delle crociate; ma – forse – ciò dipende anche
dal giudizio storico tutt’altro che univoco sui singolari «pellegrinaggi
armati» medievali che volevano riaprire alla devozione cristiana i
Luoghi santi. Franco Cardini per esempio, illustre medievista
cattolico che di recente ha anche subìto l’accusa di «filo-islamismo»,
ieri è insorto alla notizia della richiesta di Al-Azhar: «Il
Vaticano, in più occasioni, ha chiesto scusa per gli errori compiuti
da alcuni esponenti della Chiesa nel corso della sua storia
bimillenaria. Ora non si può pretendere che il Papa si scusi di
continuo... Allora anche i musulmani dovrebbero chiedere scusa, visto
che furono i primi a compiere azioni di guerra contro i cristiani nel
VII secolo e che strapparono alla cristianità Gerusalemme.
Paradossalmente, i primi a dover chiedere perdono dovrebbero essere i
discendenti del califfo Omar, che ordinò la presa della Città Santa».
Anche
perchè, tra l’altro, solo una delle crociate (la prima) si risolse
in una vittoria cristiana. «Il Papa ha già chiesto scusa, per le
Crociate, per l’Inquisizione e non solo – ha aggiunto lo scrittore
e storico Franco Cuomo, specialista dell’epoca –. Se gli islamici
insistono, bisognerà ricordare che le crociate furono guerra di
difesa e non d’aggressione, perché una morsa islamica si stava
stringendo sull’Europa. Stragi e atrocità, poi, avvennero da una
parte e dall’altra».
Chiedere
perdono fa sempre bene, soprattutto a chi (come i cristiani) professa
la sua forza proprio nell’umiltà; però l’iniziativa
dell’università islamica rischia di suscitare reazioni
indesiderate, anche senza arrivare alla solita roboanza leghista di
Federico Bricolo («La Chiesa non deve scusarsi con l’islam. Le
crociate furono predicate e indette da santi re e papi e difesero i
simboli, i luoghi e la stessa esistenza della nostra religione»). In
tempi di dialogo difficile, infatti, rimestare il pentolone della
storia rischia di scoperchiare un vaso di Pandora dagli esiti
turbinosi quanto incontrollabili. Sembrano rendersene conto gli stessi
esponenti islamici nel nostro Paese, come lo sceicco Yahya Pallavicini:
«Con tutto il rispetto per Al-Azhar, con cui abbiamo buone
collaborazioni, rivendicare scuse per fatti accaduti secoli fa
francamente mi sembra anacronistico, rispetto alle aspettative che la
comunità islamica, oltre alla società contemporanea in genere, si
attende dai confronti interreligiosi tra Vaticano e Al-Azhar. Dovremmo
cercare di lavorare insieme per evitare nuove crociate oggi, e non
continuare a litigare per quelle avvenute mille anni fa».
Idem per
Roberto Hamza Piccardo, segretario dell’Ucoii (Unione Comunità
organizzazioni islamiche in Italia): «Tutte le comunità religiose
hanno sbagliato in qualcosa, quindi dovremmo chiederci scusa a
vicenda. La storia è il frutto della volontà di Dio, da cui gli
uomini devono trarre insegnamento per non commettere gli stessi errori
e non causare gli stessi spargimenti di sangue. C’è un presente già
abbastanza drammatico per cui impegnarsi a dialogare». Così pure
Mario Scialoja, rappresentante della Lega musulmana mondiale, si
dichiara «sorpreso»: «La storiografia araba ha sempre considerato
le crociate come le prime guerre di espansionismo europeo, la
religione fu solo un pretesto».
Si
distanzia invece il solito Adel Smith, il presidente dell’Unione dei
musulmani d’Italia che non si scusò affatto per aver definito il
segno del cristianesimo un «morticino in croce», ma che ora è
sicuro: «Le scuse della Chiesa, se ci saranno, saranno comunque di
circostanza, come tante altre volte. Così il Vaticano si sente a
posto con la coscienza, ma continua a perpetrare ingiustizie come
mille anni fa. È incredibile che la Chiesa non abbia ancora sentito
la necessità di chiedere scusa alla comunità musulmana per le
crociate, che sono state tra i capitoli più crudeli della storia».
Vedi un po’, da che minareto viene la predica....