Emancipazione delle donne e valori universali:
anima cristiana dell’Europa
Si è svolto a Roma un Convegno sul tema “L’Europa: radici e
confini”
I valori universali
dell’antropologia cristiana, un rinnovato sentimento religioso e il
riconoscimento del genio femminile, sono alla base della riscoperta
dell’anima cristiana.
Questo è quanto è emerso nel corso del Convegno “L’Europa: radici
e confini”, svoltosi a Roma il 7 giugno e organizzato dall’Università
Europea di Roma (UER) in collaborazione con l’Institut Européen de
Reserches Etudes et Formation.
Nel prendere la parola il professor Roberto de Mattei, Vice Presidente
del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ha esordito chiedendosi se
è possibile parlare di Europa senza parlare della sua anima, spiegando
che già Aristotele aveva compreso che non si può ridurre l’anima a
epifenomeno di eventi celebrali, poiché se l’uomo fosse un puro
prodotto biologico privo di un’anima spirituale, le sue scelte
sarebbero irrevocabilmente determinate, come quelle degli animali.
“Il relativismo materialista, equiparando l’uomo all’animale, non
può che inclinare verso la sostituzione dell’antropologia con la
zoologia – ha precisato il professore –. Questa zoologia, il cui
evoluzionismo è il punto di confluenza di materialismo e relativismo,
è comune ai due gemelli eterozigoti del nazionalsocialismo e del
marxismo leninismo, e nelle forme che si profilano all’interno del
pensiero debole postmoderno”.
De Mattei ha rilevato che la capacità del pensiero umano è quella di
afferrare valori astratti e universali, mentre, al contrario, il
relativismo moderno e postmoderno nega l’esistenza di valori
universali, e rifiuta con ciò l’attività del pensiero umano di
conoscere idee universali.
Non è un caso che gli esponenti più noti del relativismo si affannano
a negare che l’Europa abbia un’anima, ossia un principio unitario
che la identifica, ha sottolineato il Vicepresidente del CNR. “Penso
ad autori come Edgar Morin, Jacques Derrida, e in Italia Massimo
Cacciari che parlano della caratteristica fondamentale dell’Europa
proprio nella mancanza di un principio fondativo e di una intima unità
interna”.
“Ma l’Europa non è un’espressione geografica ma un’espressione
culturale”, ha precisato il professore. “L’anima dell’Europa è
la sua identità storica e culturale. Il principio vitale che la fa
sussistere e ne determina il ruolo è il patrimonio di valori,
razionali, oggettivi, universali”.
“Il Cristianesimo, a cui si deve l’assunzione di questi valori a
cominciare da quello della persona umana, è un messaggio di salvezza
universale che si è diffuso in Europa e si è sviluppato nel mondo”,
ha aggiunto.
Per questo motivo, ha concluso De Mattei, “le radici cristiane non
sono solo storiche ma costitutive, proprio perché ne costituiscono
l’anima”.
Il Presidente del Senato italiano, l’onorevole Marcello Pera, ha
constatato che la novità di oggi in Europa è che si afferma una
crescente domanda religiosa come componente dell’identità , “c’è
un risveglio spirituale, un bisogno di credere, una necessità di
definirsi”.
“Centinaia di migliaia e milioni di persone, soprattutto giovani sono
rimasti attratti dalla figura di Giovanni Paolo II, gruppi sempre più
vasti cercano guide spirituali, il laicismo imposto per legge è sempre
meno accettato, la tolleranza come indifferenza è sempre più respinta,
l’indifferenza etica sempre meno tollerata”, ha continuato.
Il presidente Pera ha quindi chiesto ai presenti: “E’ veramente
liberale togliere il crocifisso dalle scuole? Perché un gay pride
è considerato una manifestazione di identità mentre una processione
cattolica un residuo folcloristico? Perché è più disdicevole
offendere la religione degli altri che la propria?”.
Il Presidente del Senato è quindi giunto al nodo cruciale della
questione: “Chi sei vecchio Continente? Sei ancora il Continente
cristiano di Pietro, Paolo, di Cirillo e Metodio, di San Benedetto e di
tanti altri protagonisti della evangelizzazione?”.
A questa domande l’onorevole Pera ha commentato: “I cento padri
della Costituzione Europea hanno preferito tirarsi fuori d’impaccio e
imboccare la vecchia strada della separazione”.
Per questo “il dialogo tra credenti e laici, soprattutto laici
liberali, dovrebbe aiutare a respingere la cultura della resa e
dell’indifferenza, c’è bisogno di un dialogo autentico, una sfida
intellettuale che richiede coraggio”, ha aggiunto.
La professoressa Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea
presso l’Università “La Sapienza” di Roma, è quindi intervenuta
sottolineando come “una delle caratteristiche della società europea,
che la differenzia dalle culture del resto del mondo, con eccezione,
naturalmente degli Stati Uniti, che dal punto di vista delle tradizioni
culturali sono però da considerarsi come un estensione dell’Europa,
è l’emancipazione delle donne”.
Secondo la Scaraffia le radici di questo particolare ruolo delle donne,
cominciano dalle parole e azioni di Gesù, che liberano le donne dalla
separazione rituale causata dalla impurità mestruale, e sono ribadite
da San Paolo nella sua lettera ai Galati (3, 28): “Non c’è più né
giudeo né greco, né schiavo né libero, non c’è più uomo né
donna, poiché tutti voi siete in Cristo Gesù”.
“Da queste premesse – ha continuato la professoressa – la
tradizione cristiana ha sviluppato una inedita apertura verso le donne.
A cominciare dalla definizione del matrimonio e dalla possibilità, sin
dall’epoca tardoantica, di sfuggire al proprio destino biologico con
l’ascetismo, realtà storiche che hanno permesso alla tradizione
cristiana di annoverare fra i santi molte figure femminili”.
In anni recenti, ha commentato la Scaraffia, testi come la Mulieris
dignitatem (1988) di Giovanni Paolo II e la Lettera
ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e
della donna nella Chiesa e nel mondo, della Congregazione per la
Dottrina della Fede (2004) sanciscono l’uguaglianza se non addirittura
la superiorità morale, della donna nei confronti dell’uomo.
“Si tratta di un concetto di uguaglianza molto diversa da quella
sostenuta dal femminismo, in quanto fondata sulla separazione dei ruoli
e sulla differenza, piuttosto che su una indifferenziazione delle
identità”, ha concluso.
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[Fonte: Zenit.org 8 giugno 2005]
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