É successo in Turchia, quando le ragazze,
sedicenni, secondo quanto riferisce il giornale Hurriyet, erano
andate al mare, nei pressi del villaggio di Urla, vicino a Izmir. Pur
non sapendo nuotare avevano voluto fare il bagno e, su prescrizione
dei loro insegnanti, erano entrate in acqua vestite.
Quando hanno cominciato ad annaspare per
il peso degli indumenti, si sono avvicinati alcuni uomini che stavano
per gettarsi in mare e cercare di salvarle, ma i loro insegnanti (imam)
hanno impedito loro di soccorrerle, gridando «Dio non vuole».
Gli inquirenti hanno dovuto ricostruire la
storia, avvenuta la settimana scorsa, basandosi su indagini tardive,
perché i familiari delle ragazze non hanno sporto denuncia ed hanno
coperto con l'omertà i responsabili della scuola, facendo passare la
storia per un incidente. Il padre di una delle ragazze annegate ha
commentato l'episodio di omissione di soccorso (un crimine anche in
Turchia) affermando: «La morte di mia figlia è stata volontà di Dio».
ANNEBBIATI DAL
CATALOGO DEI PRECETTI
torna
su
Giuseppe Anzani
Quelle cinque
ragazze annegate nel mare di Smirne a due passi dalla riva, mentre
agli uomini che volevano salvarle veniva impedito di tuffarsi
perché toccarle sarebbe stato impuro secondo il precetto
religioso, sono un'immagine che ci pesa sul cuore come una doppia
tragedia. La prima tragedia è la morte. La seconda è il seme di
morte piantato nell'anima di persone «religiose», un seme che
chiama questo delitto come obbedienza al volere di Dio. Ci vengono
i brividi.
Sarebbe anche troppo semplice, fra costernazione e indignazione,
fermarci al confronto tra culture, religioni e civiltà. C'è
qualcosa di più radicale che ci percuote: è la «religione», è
quel nome di Dio pronunciato a suggellare una disumana crudeltà.
Sappiamo peraltro che parlare da cristiani a quegli imam di Smirne
parrebbe loro un vaniloquio di infedeli. Ma da uomini a uomini
dobbiamo parlare, col linguaggio della ragione e poi con le
ragioni del cuore, che sono le risorse della comune e unica «humanitas»,
nostra e loro. E dire umanamente della religione e della fede, del
sacro e del tremendum, del puro e dell'impuro, del precetto
e della coscienza, dell'esperienza umana che si rapporta a Dio.
È su questo sentiero terrestre che possiamo analizzare insieme i
nostri vissuti religiosi, così connaturati all'intera storia
delle generazioni umane, per saggiarne l'autenticità o i
sedimenti corrotti. Serve anche a noi per primi, la fatica di
questo cammino. Con l'avvertenza che parlare di Dio è per le
forze umane un balbettio, e ricercarne il volere è anche
immergersi nel profondo dell'interiorità, dov'è l'impronta della
sua mano creatrice.
La prima insidia è questa: che nulla falsifica la religiosità
come una immagine di Dio deturpata dai cattivi fantasmi delle
nostre crudeltà. Scriveva il poeta R.M. Rilke:
«nell'interminabile notte con insistente bussare ti cerco, o Dio;
una parete sottile è fra noi, costruita dalle immagini». Non per
nulla la prima Parola del decalogo ammonisce «Non ti farai falsi
volti di Dio». E quale volto ha un Dio cinico e burocrate che
vuole la morte di cinque ragazze perché portarle a riva è un
contatto impuro? Dio non ha creato la morte e non gode della
rovina dei viventi, dice la Sapienza; e aggiunge che tutto il
creato è puro. L'impurità è ciò che esce dal cuore degli
uomini; il giuridicismo religioso, il formalismo ipocrita dei
sepolcri imbiancati, il primato del sabato sull'uomo e contro
l'uomo, il fondamentalismo sono la prima offesa a Dio, sono il
territorio di una empietà primaria.
Dio è «il Misericordioso» dice il Corano. La sottomissione non
è quella degli schiavi, ma delle creature amate nelle braccia
della misericordia. Sicché quando il sacro prende l'aspetto
terrificante che impone l'umiliazione e la distruzione dell'uomo
(«tantum religio potuit suadere malorum»), la ragione e il cuore
e la coerenza teologale ci avvertono che ci stiamo allontanando da
Dio. La legge è la legge, si usa dire. Ma la legge di Dio
sull'uomo, uscito dalle sue mani, ha un articolo unico che si
chiama amore. Quando il baricentro della religiosità non sta
nella fede e nell'amore ma trasloca nei cataloghi dei precetti,
dei divieti e delle trasgressioni e vi si seppellisce, vi è il
rischio di adorare piccoli idoli in luogo di Dio. Lui ha messo nel
cuore degli uomini la legge come via della vita, non come
soffocazione. E se i dottori della legge soffocano l'uomo in nome
di Dio non conoscono Dio né fanno la sua gloria. È l'uomo
vivente, infatti, la gloria di Dio.
__________________
[Fonte: "Avvenire" del 29 e 31
luglio 2004]