«Ecclesiam Suam», PaoloVI
la Chiesa in dialogo con il mondo intero
Ettore Malnati, su "Avvenire" del 6 agosto 2004

«Ecclesiam suam», la Chiesa in dialogo con il mondo intero. Nella prima enciclica tutta l'ansia apostolica di Papa Montini


Quarant'anni fa, proprio il 6 agosto, Paolo VI pubblicava della sua prima enciclica, la Ecclesiam Suam, nella quale dipingeva la Chiesa secondo il disegno di Gesù e come lo Spirito stava conducendola durante il Concilio. Paolo VI voleva che fosse «un messaggio fraterno e familiare» offerto agli stessi Padri conciliari, quasi per aiutare il loro compito che già stava dando i primi frutti: la sua intenzione era di «confrontare l'immagine ideale della Chiesa quale Cristo vide e amò con il volto reale che oggi la Chiesa stessa presenta».

Era chiara, anche dopo il discorso di Giovanni XXIII in apertura del Concilio, l'urgenza di un "aggiornamento" della vita della Chiesa. In questo senso, Paolo VI esprime un concetto che formerà un po' l'assillo di tutto il suo pontificato, e cioè il problema del «dialogo fra la Chiesa e il mondo intero». Condizione fondamentale per questo rapporto è «premunirsi dal pericolo di un relativismo che intacchi la sua fedeltà dogmatica» in vista di un continuo approfondimento del «mistero di salvezza da Dio offerto alla sua Chiesa per raggiungere tutta l'umanità». 

Di qui anche l'assillo ecumenico che già aveva portato il primo effetto nell'abbraccio tra Paolo VI e il patriarca di Costantinopoli, Athenagoras I, avvenuto all'inizio di quell'anno a Gerusalemme, nello storico pellegrinaggio in Terra Santa. Nello stesso tempo cresce il bisogno di svegliare in tutti i battezzati il senso di un'appartenenza alla Chiesa. Da parte della Chiesa, il dialogo dovrà avere le caratteristiche di chiarezza, mitezza, fiducia e prudenza, unendo cioè nella sua conduzione «verità, carità, intelligenza e amore». 

Se Paolo VI insiste sulla necessità del dialogo, è perché è persuaso che la «religione è di natura sua un rapporto tra Dio e l'uomo a cominciare dalla preghiera». È l'animo stesso di Paolo VI che si riversa in ogni pagina e crea un tessuto appassionato di amore per l'umanità da tempo distaccata dalla Chiesa in cerca di altre sicurezze, e per coloro che stanno vivendo il mistero di Cristo come unica salvezza: è anche il frutto maturo della sua vita sacerdotale spesa non solo tra le mura del Vaticano ma nel servizio di formazione e di educazione a vari gruppi di giovani. 

La Chiesa deve sempre e solo offrire questa misteriosa e feconda presenza, e per questo dovrà raggiungere tutta l'umanità nelle sue varie espressioni, senza rifiutarne nessuna. Ecco l'ultima parte dell' enciclica, così forte e così nuova, così coraggiosa e così aperta: scende nel particolare dei diversi "cerchi" in cui incontrare l'uomo di oggi e instaurare un fattivo e aperto dialogo, e in questo si manifesta il grande cuore e l'ansia apostolica di Paolo VI. Primo cerchio tutto ciò che è umano, compresa anche la negazione di Dio che ostacola il dialogo; i credenti in Dio nel secondo cerchio, i fratelli separati nel terzo con grande speranza e fiducia, e l'ultimo cerchio all'interno stesso della Chiesa cattolica. 

Da questa proposta che il Papa vede già in atto esce quasi un grido di gioia: «La Chiesa è viva più che mai!». È un grido che è prova di vitalità: «Tutto resta ancora da fare: il lavoro comincia oggi e non finisce mai. È questa la legge del nostro pellegrinaggio sulla terra e nel tempo».
 

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