Bilancio di quarant'anni di ecumenismo

A Rocca di Papa dall'11 al 13 novembre  avrà luogo l’Incontro sugli ultimi quarant’anni del dialogo ecumenico, cui assisteranno 260 persone, tra le quali rappresentanti di 28 conferenze episcopali dell’Africa, 21 del continente americano, 28 dell’Asia, 25 dell’Europa e 2 dell’Oceania e dei patriarcati orientali cattolici. È anche prevista la presenza di 27 “Delegati fraterni” delle Chiese ortodosse, delle Antiche Chiese d’Oriente, delle Chiese e Comunità cristiane d’Occidente e delle organizzazioni cristiane internazionali. Saranno inoltre presenti al raduno rappresentanti dei Dicasteri della Curia e delle Università e Facoltà pontificie di Roma.
Card. Kasper: Il vero ecumenismo non danneggia l'identità cattolica
Santa Sede: Cattolici e Ortodossi, ecco i passi compiuti
Da Rocca di Papa: "Coraggio e pazienza le virtù ecumentiche"
Centro Ecumenico di Perugia: "Facciamo riscoprire ai giovani l'aria fresca del dialogo"

La Santa Sede
Il cardinal Kasper: il vero ecumenismo non danneggia l’identità cattolica   
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CITTÀ DEL VATICANO, mercoledì, 10 novembre 2004 - Facendo un bilancio dei quarant’anni di ecumenismo, il cardinal Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha affermato che il vero ecumenismo non danneggia l’identità cattolica.

Il cardinale ha fatto questa affermazione nella Sala Stampa della Santa Sede nel corso della conferenza di presentazione del Congresso su "Il Decreto sull’Ecumenismo del Concilio Vaticano II quarant’anni dopo: retrospettive e significato permanente - sviluppi e situazione attuale - prospettive future".

L’incontro avrà luogo dall’11 al 13 novembre a Rocca di Papa, presso Roma, per fare un bilancio sui quattro decenni di dialogo tra i Cristiani promossi a partire dal Concilio.

Il convegno risponderà a domande annunciate dallo stesso porporato tedesco: “Quali erano il messaggio e lo scopo del documento? Quale effetto ha avuto in questi anni ? A che punto siamo oggi con l'ecumenismo? Qual è il cammino che esso deve ancora compiere ? Qual è il prossimo futuro che lo attende?”.

Il cardinale ha constatato che “la consapevolezza ecumenica nella Chiesa è cresciuta”, ma ha avvertito che “esistono problemi e delusioni” e “ovviamente non abbiamo ancora raggiunto lo scopo: la comunione piena e visibile”.

“Siamo in uno stadio intermedio. Talvolta persistono antichi pregiudizi. Si devono anche lamentare pigrizie e ristrettezza”, ha sottolineato. Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha anche affermato che “l’ecumenismo diventa a volte preda di un attivismo superficiale”.

Il porporato si è poi chiesto “Ecumenismo, quo vadis?” e si è interrogato su “quale sarà il futuro del movimento ecumenico”, spiegando che ci troviamo davanti a due “compiti: l’identità cattolica e l’ecumenismo spirituale”.

“Il sospetto che il dialogo ecumenico danneggi la nostra propria identità cattolica è un sospetto grave”, ha continuato il cardinale, che ha affermato che in realtà è l’opposto: “È vero il contrario: il dialogo presuppone partner che hanno la loro propria identità”.

In relazione all’ecumenismo spirituale, il prelato ha detto che “l’ecumenismo non è una forma di diplomazia ecclesiastica”, ma un “processo spirituale”. In questo senso ha spiegato che il suo Pontificio Consiglio ha elaborato una bozza di un “Vademecum di ecumenismo spirituale”, che conterrà “suggerimenti per le diocesi, linee di orientamento”.

Il responsabile del dialogo ecumenico vaticano ha esortato a realizzare incontri tra Cristiani, così come scambi monastici ed incontri tra movimenti: “Esiste molto movimento nelle basi, e questa è la nostra speranza”, ha affermato in risposta a chi gli domandava se l’ecumenismo non era un argomento d’élite.

Il vescovo Brian Farrell, L.C., segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha rivelato in conferenza stampa che all’Incontro sugli ultimi quarant’anni del dialogo ecumenico assisteranno 260 persone, tra le quali rappresentanti di 28 conferenze episcopali dell’Africa, 21 del continente americano, 28 dell’Asia, 25 dell’Europa e 2 dell’Oceania e dei patriarcati orientali cattolici.

È anche prevista la presenza di 27 “Delegati fraterni” delle Chiese ortodosse, delle Antiche Chiese d’Oriente, delle Chiese e Comunità cristiane d’Occidente e delle organizzazioni cristiane internazionali.

Saranno inoltre presenti al raduno rappresentanti dei Dicasteri della Curia e delle Università e Facoltà pontificie di Roma.

Il Congresso inizierà con una conferenza inaugurale del cardinal Kasper su “Il significato permanente ed urgente di Unitatis redintegratio”. Interverranno poi il metropolita di Pergamo, Johannis Zizioulas, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che offrirà una prospettiva ortodossa del decreto, ed il professor Geoffrey Wainwright, del Consiglio Metodista Mondiale, che farà una lettura del documento dal punto di vista delle Chiese nate dalla Riforma.

Durante la seconda giornata, il vescovo Farrell renderà noto il risultato di un questionario inviato dal dicastero alle conferenze episcopali con i dati più aggiornati sull’impegno ecumenico nei vari contesti locali.

Da parte sua, monsignor Eleuterio F. Fortino, sottosegretario del Consiglio, presenterà un documento il cui titolo è “L’Azione del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani dalla promulgazione di Unitatis redintegratio ad oggi”.

Sabato 13 novembre, il cardinal Ivan Dias, arcivescovo di Bombay (India) e Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna), oltre a Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e padre Enzo Bianchi, Priore della Comunità Monastica di Bose, parleranno delle prospettive future del decreto.

La Conferenza si concluderà con la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Pietro presieduta da Giovanni Paolo II.

Commenti dalla stampa                                                                 torna su
Unità dei Cristiani. Da tutto il mondo a Rocca di Papa per un bilancio a quarant’anni dal decreto conciliare che ha aperto la strada                                        

«Coraggio e pazienza: le virtù ecumeniche»
Kasper: avanti con speranza sulla strada dell’«Unitatis redintegratio»

Il cammino ecumenico? Non è un viaggio verso l’ignoto. La Chiesa sarà nella storia ciò che è, ciò che è sempre stata, e ciò che sempre sarà». È a partire da questa immagine, proposta dal presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani cardinale Walter Kasper, che 250 rappresentanti di Conferenze episcopali e organismi ecumenici sono riuniti a Rocca di Papa per l’incontro che fa memoria dei quarant’anni del decreto conciliare Unitatis redintegratio.

Nel suo excursus il porporato ha ricordato come il Papa abbia «ribadito più volte che la via ecumenica è inarrestabile e che l’ecumenismo è una priorità del suo pontificato». A questa dichiarazione di principio, Kasper ha poi fatto seguire una sintesi della posizione maturata dalla Chiesa in quarant’anni di riflessione teologica, vita nello Spirito ed esperienza pastorale. Partendo dal nodo conciliare del substit in – la formula teologica presente nella Lumen Gentium, che ha cercato di esprimere l’esistenza di una «dimensione carismatica e non soltanto istituzionale della Chiesa» – passando per il concetto di communio, con cui sempre il Concilio ha definito il mistero della Chiesa «icona della Trinità». Fino all’esame di quei pericoli di lassismo dogmatico e irenismo che la Chiesa ha dovuto affrontare nel corso del tempo, a seguito di approcci ecumenici azzardati e superficiali. Il tutto siglato dall’invito finale, che il cardinale ha rivolto ai presenti, a coltivare «coraggio, pazienza e soprattutto un’incrollabile speranza», essendo il processo ecumenico «essenzialmente un’avventura dello Spirito».

Definizione, quest’ultima, a cui non è difficile trovare riscontro nella varietà planetaria delle situazioni ecclesiali rappresentate alla Conferenza. Da quella del vescovo di Hong Kong Joseph Zen, che parla del clima di collaborazione fra cattolici e protestanti, in una Cina dove il cristianesimo rimane ai ferri corti con il regime. A quella di monsignor Alfredo Maria Oburu, vescovo di Ebebyin, nella Guinea Bissau, che parla del problema della scarsa formazione che in certi contesti rende impossibile un dialogo che vada al di là della mera benevolenza. Da quella dell’arcivescovo Vsevolod, rappresentante a Chicago della Chiesa ortodossa ucraina, promotore entusiasta di iniziative ecumeniche tra Washington, Brisbane e Instanbul. A quella di Cyril Klimowicz, vescovo cattolico della diocesi di Irkutzk in Siberia Orientale, una delle più grandi del mondo (32 volte l’Italia): riferisce amareggiato di un rapporto teso con gli ortodossi locali, che né i gesti di apertura né le comuni, proibitive ristrettezze economiche paiono addolcire.

Ma esiste un «primato» petrino anche per quanto riguarda l’apertura al dialogo ecumenico? «Non c’è dubbio che la Chiesa cattolica ricopra un ruolo di punta negli sforzi verso una nuova unità dei cristiani», commenta monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per il dialogo ecumenico della Cei. Fiero di sottolineare la funzione di «traino» che attualmente Roma opera nel cammino di riavvicinamento fra le Chiese separate, nel recupero dell’integrità perduta dell’ecumene cristiana.

Un’opinione che fra i partecipanti alla Conferenza, appare tutt’altro che isolata. Anche il reverendo Geoffrey Wainwright, ad esempio, rappresentante della federazione mondiale delle Chiese metodiste, vede infatti la Chiesa cattolica come un luogo privilegiato per il dialogo ecumenico (pur non dimenticando le difficoltà suscitate tra i protestanti dalla Dominus Iesus).

Andrea Galli


Cattolici e ortodossi: ecco i passi compiuti                                         torna su
Dalla Bulgaria alla Serbia, da Mosca a Costantinopoli, una carrellata sullo stato dei rapporti con le Chiese d’Oriente                                                  

In occasione del convegno sul Decreto sull’Ecumenismo del Concilio Vaticano II 40 anni dopo, in corso a Roma, il Pontificio consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha diffuso una mappa della situazione attuale.

Chiese ortodosse nel loro insieme: il dialogo teologico, dopo l’avvio positivo, negli ultimi 15 anni ha incontrato serie difficoltà, anche se da tutti è posta in evidenza la necessità di continuare a promuoverlo.

Chiesa di Grecia: si sono intensificati i rapporti dopo la visita del Papa ad Atene nel 2001, cui seguì un reciproco scambio di visite di delegazioni, che hanno avviato un’attiva cooperazione in vari campi.

Chiesa di Bulgaria: dopo la visita del Papa del 2002, una delegazione di Sofia ha visitato Roma l’anno seguente e in quell’occasione si è inaugurato l’uso liturgico da parte della Comunità ortodossa di Roma della Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio.

Patriarcato di Serbia: dopo un reciproco scambio di visite tra 2002 e 2003, attualmente il Sinodo di quella Chiesa e la locale Conferenza Episcopale Cattolica si incontrano regolarmente.

Chiesa di Romania: dopo la visita del Papa del ’99, ricambiata da Teoctist a Roma nel 2002, nonostante le difficoltà per la questione dei luoghi di culto, prevalgono le relazioni fraterne.

Patriarcato di Mosca: sono in corso una serie di iniziative, tra cui la costituzione di un gruppo congiunto di lavoro tra le due Chiese, per chiarire le tensioni nate negli ultimi anni legate al presunto proselitismo e impulso alla prassi dell’uniatismo in Ucraina, rimproverati da Mosca a Roma.

Chiesa di Bielorussia: è in corso un rapporto positivo.
Antiche Chiese di Oriente (copta, etiopica, sira, armena): nel 2002 si è avviato un dialogo teologico che avrà una sua prossima tappa a Roma nel gennaio 2005.

Chiesa assira d’Oriente: si è costituita una commissione mista di dialogo, che si riunirà nei prossimi giorni a Londra.

Patriarcato di Costantinopoli: si mantengono relazioni regolari e frequenti. Alla fine di novembre il Patriarca Bartolomeo I sarà a Roma per ricevere da Giovanni Paolo II le reliquie di San Giovanni Crisostomo e San Gregorio di Nazianzo.

«Facciamo riscoprire ai giovani l'aria fresca del dialogo»                   torna su
Parla don Elio Bromuri,in prima linea da 40 anni nell'ecumenismo tra gli universitari di Perugia  

«L'ecumenismo è in uno stato di sofferenza ma nello stesso tempo lavora in profondità perché tante questioni sono state affrontate e risolte. Quando abbiamo iniziato noi, invece, l'ecumenismo era in uno stato felice, di gioiosa scoperta, perché voleva dire sentire aria fresca nella Chiesa che si apriva agli altri, al mondo, alla diversità. E questo ci ha fatto sentire creativi, guardare alla nostra fede con occhi nuovi». Parla con l'esperienza di quaranta anni di ecumenismo di base monsignor Elio Bromuri, fondatore del Centro ecumenico e universitario San Martino di Perugia che celebra in questi giorni il decennale dell'apertura della sede nell'omonima chiesa.

È la storia di uno dei tanti gruppi che in Italia sono nati negli anni del Concilio. «Qui a Perugia - dice Bromuri - l'ecumenismo è nato nel mondo universitario segnato dalla presenza dell'Università per stranieri che portava in città giovani di culture e religioni diverse». Ed è con gli universitari della Fuci che inizia il discorso ecumenico, prima ancora dell'approvazione dell'Unitatis Redintgratio. Nel 1973 la decisione di aprire il Centro internazionale d'accoglienza realizza il progetto di uno spazio aperto anche alle iniziative culturali degli stranieri presenti a Perugia. 

E i giovani di oggi? «Se vengono formati allo spirito ecumenico si entusiasmano» dice Bromuri che sottolinea come il problema sia nel fatto che «spesso non trovano sufficienti stimoli nel quotidiano. Trovano semmai la grande testimonianza di Giovanni Paolo II».

Il Centro di Perugia si offre come spazio ecumenico "quotidiano": in questi quarant'anni ha significato essere fedeli alla scelta fatta di «non seguire le mode o gli eventi ma di perseguire un'educazione permanente alla fede cristiana nella sua dimensione ecumenica». Che vuol dire «seminare motivi, valori, ragioni che spingono verso l'unità della Chiesa come, dice il Concilio, un vessillo elevato sulle nazioni perchè il mondo creda». E questo seguendo tre piste: la ricerca biblica, lo studio dei documenti del Concilio e del dialogo ecumenico, l'aggiornamento sui temi e i fatti dell'attualità ecumenica e interreligiosa.

In questo modo il Centro ha vissuto i grandi eventi e le stagioni dell'ecumenismo. Dall'abbraccio di Paolo VI con Atenagora alla preghiera interreligiosa per la pace ad Assisi nel 1996; dalla stagione del dibattito sulle sette religiose (durante il quale don Bromuri faceva parte del Segretariato Cei per l'Ecumenismo e il dialogo), all'attuale stagione del dialogo con l'islam che dopo l'11 settembre 2001 è divenuto più difficile. E non solo con l'islam. L'ecumenismo oggi soffre, perché? «Manca la fiducia nella conversione delle popolazioni - risponde Bromuri - perché la gente che si è riavvicinata alla fede in questi ultimi tempi, dopo il crollo del muro di Berlino, si è riappropriata con maggiore attaccamento alle proprie tradizioni e identità confessionali. 

Qualcuno ha guardato il dialogo con un certo distacco non avendo compreso che esso non porta a rinunciare alla propria tradizione ma la rinvigorisce e riconverte, se necessario».

Maria Rita Valli

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[Fonti: Zenit; "Avvenire" 11 novembre 2004]

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