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Il Cardinale
Cassidy sul dialogo ecumenico e interreligioso
"Abbiamo compiuto
notevoli passi avanti"
Nell’ambito delle celebrazioni
del 40° anniversario della dichiarazione “Nostra
Aetate” del Concilio Vaticano II, si è tenuta la presentazione di un
libro dell’ex Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione
dell’Unità dei Cristiani.
“Rediscovering Vatican II: Ecumenism and Interreligious Dialogue” è il
titolo di questo libro, scritto dal Cardinale Edward Cassidy ed edito dalla
Paulist Press, che è stato presentato alla fine di ottobre nella Grande
Sinagoga di Sydney.
“La prima parte ripercorre la storia di 40 di dialogo con le altre Chiese
cristiane, di ecumenismo”, ha affermato. “La seconda tratta anch’essa del
dialogo, ma con le altre grandi religioni del mondo”.
In una intervista, l’ottantunenne Cardinale ha parlato a ZENIT dei contenuti
del suo libro.
In che modo riporta, nel suo libro, i progressi positivi che sono stati
compiuti sin dalla promulgazione della “Nostra Aetate”?
Cardinale Cassidy: Credo che su tutti i fronti abbiamo compiuto notevoli passi
in avanti, considerando che parliamo di soli 40 anni.
Se consideriamo anzitutto il dialogo tra cattolici ed ebrei, possiamo trarre
incoraggiamento da quanto è avvenuto negli ultimi anni, ovvero il fatto che per
la prima volta abbiamo potuto - in qualità di comunità religiose, cattolici ed
ebrei - dialogare su questioni di fede.
Per lungo tempo in passato abbiamo trattato di questioni pratiche, questioni che
erano state ereditate dai tempi precedenti, e non è stato possibile, se non
sino a poco tempo fa, instaurare un vero dialogo tra cattolici ed ebrei, in cui
affrontare delle questioni utilizzando le stesse parole e gli stessi termini.
Cosa intende dire con questo?
Cardinale Cassidy: Abbiamo così tante cose in comune, tratte dalle Scritture,
riguardo termini come “pentimento”, “riconciliazione” o “giustizia”;
o riguardo ciò che noi intendiamo per alleanze, che non sono mai venute meno -
e di come queste sono relazionate tra loro.
Queste cose sono emerse nei nostri dialoghi ed hanno suscitato grande interesse,
mentre prima erano degli argomenti che non si potevano neanche affrontare.
Mi dà quindi grande fiducia, perché credo che, piuttosto che dedicarsi solo a
risolvere i problemi del passato, se riuscissimo a costruire questo tipo di
rapporto, allora saremo in grado di guardare avanti con grande fiducia ad un
futuro senza nuovi Olocausti.
Quando ero al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani
traevo grande speranza dal constatare che il nostro dialogo con le Chiese
ortodosse stava riprendendo vigore dopo la sua sospensione avvenuta nel 1993.
Adesso sta tornando ad essere come il dialogo che avevamo prima di tutto ciò
che è avvenuto nel 1990, e questo è molto bello!
È una cosa che mi incoraggia molto ... Io credo che non esistano motivi
insormontabili per risolvere i nostri problemi con gli ortodossi.
Ma prosegue il lavoro anche con le altre Chiese cristiane. Il solo fatto che
stiamo affrontando insieme le questioni è incoraggiante.
Sia lei che il suo successore, il Cardinale Walter Kasper, riconoscete che
questo lavoro è solo “l’inizio dell’inizio”. Quali sono state alcune
delle maggiori battute d’arresto di cui riferisce nel suo nuovo libro?
Cardinale Cassidy: Beh, ciascuno la vede un po’ a modo suo. Nel percorso
ecumenico, qualche battuta d’arresto vi è stata ad esempio nel rapporto con
la Comunione anglicana che invece riservava grandi promesse all’inizio del
dialogo. Sebbene i progressi siano continui, sono emersi alcuni ostacoli
rilevanti, rispetto alle diversità di vedute su alcune grandi questioni morali,
sui valori e sull’etica, sull’ordinazione sacerdotale delle donne. Su queste
cose ci troviamo spesso in disaccordo e questa è un po’ una delusione.
Nel nostro dialogo con gli ortodossi ci siamo imbattuti in un problema che ha
rallentato i nostri lavori degli ultimi anni. Si tratta di quelle Chiese
orientali che sono in comunione con Roma ma non in comunione con la loro Chiesa
madre, “rinate” in seguito al venir meno di talune leggi in Russia, in
Romania e nei Paesi comunisti. Queste sono le difficoltà che sono emerse
nell’ultima fase dei nostri dialoghi.
Con l’Islam le difficoltà hanno riguardato non questioni prettamente
religiose, ma la sensazione di molte persone che l’Islam sia una religione che
sostiene il terrorismo e coloro che compiono atti terroristici. È una
sensazione priva di fondamento, ma che in ogni caso ha rappresentato un problema
per i loro rapporti nelle nostre comunità.
Con gli ebrei abbiamo avuto delle delusioni nel corso dei nostri lavori, come la
questione del convento ad Auschwitz o quella relativa al ruolo di Pio XII
durante la Seconda Guerra Mondiale, che ci hanno rallentato. Ma dobbiamo
ricordare che in tutti questi dialoghi abbiamo ancora molto da fare per poter
ottenere dei frutti di cui godere nella vita delle rispettive comunità.
Nel prendere in esame il passato e il presente, il suo libro si avventura
anche nel futuro. Quale può essere secondo lei un futuro auspicabile?
Cardinale Cassidy: Credo che dobbiamo essere chiari sulla distinzione tra
ecumenismo con le altre Chiese cristiane e dialogo con gli ebrei e le altre
grandi religioni, perché gli obiettivi sono diversi nei due casi.
Con le altre Chiese cristiane, l’obiettivo è raggiungere il più possibile
una piena comunione. Questo è emerso nuovamente nel messaggio che il Sinodo dei
Vescovi ha pubblicato, in relazione al rammarico espresso dai Vescovi per il
fatto che non siamo ancora capaci di condividere l’altare eucaristico con le
altre denominazioni, a parte gli ortodossi ovviamente, sebbene anche con loro
non siamo in grado di farlo pienamente.
Molta strada bisogna ancora percorrere per raggiungere un rapporto di reciproca
accettazione e di piena comunione. Ma è lì dove siamo diretti e sono molto
fiducioso del fatto che saremo in grado di raggiungere questo obiettivo almeno
con le Chiese ortodosse e le antiche Chiese orientali.
La grande cosa dell’ecumenismo a mio avviso è che, sebbene sappiamo che la
meta sia difficile e ancora molto lontana, possiamo comunque gioire del fatto
che siamo arrivati ad un punto in cui non eravamo in precedenza. Prima tra noi
vi era indifferenza se non vera ostilità. Il Papa Giovanni Paolo II ebbe a dire
così meravigliosamente che abbiamo “riscoperto il fatto che non siamo nemici,
non siamo stranieri, che siamo fratelli e sorelle nell’unico Signore Gesù
Cristo”. Credo che questo sia stata una grande conquista per tutte le Chiese.
Riguardo i nostri dialoghi con le altre fedi, lo scopo non è, ovviamente, di
arrivare ad una qualche forma di comunione o di unità. Tuttavia certamente
dobbiamo migliorare costantemente quelle relazioni e lavorare insieme non solo
con gli ebrei, ma con i musulmani e le altre religioni mondiali, al fine di
promuovere i valori spirituali in un mondo che è dominato dal secolarismo e da
valori non religiosi.
Io credo che sia possibile. Non vi è nessun motivo per ritenere impossibile un
reciproco avvicinamento, attraverso il dialogo, nel dare sostegno alle grandi
cause.
Eminenza, lei sembra sottolineare in modo particolare la volontà di trovare
un terreno comune. È questa la base della metodologia sia dell’ecumenismo che
del dialogo interreligioso?
Cardinale Cassidy: Sì. Sebbene l’ecumenismo e il dialogo interreligioso non
abbiano gli stessi obiettivi finali, gli strumenti sono invece molto simili.
È per questo che ho potuto affermare, durante la presentazione del mio libro,
che potrà sembrare strano di trattare insieme nello stesso libro sia
l’ecumenismo che il dialogo interreligioso, ma per una certa misura la
metodologia è esattamente la stessa.
Serve a superare le incomprensioni, i pregiudizi e, a volte, le ferite molto
gravi che derivano dalla nostra storia; per poi avanzare gradualmente verso una
migliore comprensione reciproca e un maggiore apprezzamento dei doni
dell’altro.
L’obiettivo generale di questo lavoro congiunto, svolto in grande amicizia,
mano nella mano, è quello del bene comune.
Lei ha lavorato su questo a stretto contatto con il Papa Giovanni Paolo II,
il quale secondo molti ha incoraggiato il dialogo interreligioso. All’inizio
del pontificato di Benedetto XVI ci chiediamo quali potranno essere gli sviluppi
che ci possiamo aspettare da lui in questo ambito.
Cardinale Cassidy: Credo che la prima cosa che si è resa evidente al riguardo
è l’atteggiamento di Sua Santità verso le altre religioni, dimostrato sin
dai primissimi momenti, e il modo in cui egli riceve coloro che vengono in
visita a Roma e in cui abbraccia i leader di altre Chiese nelle sue visite
all’estero, come si è visto in Germania.
Credo che egli abbia mostrato chiaramente questa sua intenzione di proseguire
nel lavoro portato avanti da Giovanni Paolo II – un magnifico lavoro in favore
dell’unità dei cristiani e delle relazioni tra cattolici ed ebrei, ma anche
verso le grandi religioni del mondo con la sua apertura dimostrata nelle
“giornate di Assisi” e nella sua visita alla moschea di Damasco.
Mi auguro che Benedetto XVI possa impegnarsi con passione nel lavoro che il
nostro Pontificio Consiglio svolgerà nei prossimi anni nel tentativo di portare
avanti questi dialoghi verso nuove mete.
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