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Estremismo ed educazione. Una battaglia persa?
Fonte: Korazym.org 4 luglio 2007

Nuovi proclami video e un immaginario di morte sempre nuovo. Intanto, in Palestina, il Topolino della TV di Hamas muore come martire contro i sionisti. Al di là delle strategie militari, si è davvero fatto tutto sul fronte dell'educazione?

È da anni che l'Occidente si confronta con l'estremismo politico del mondo islamico. Una sfida affrontata quasi sempre con le armi, sebbene oggi sia ancora difficile vedere delle soluzioni durature. Piuttosto, continuano a dominare aspetti inquietanti, frutto del mix di violenza e ideologia che rischia seriamente di annullare ogni sforzo di stabilizzazione. Si prendano tre esempi eclatanti. La prima notizia arriva dall'Afghanistan ed è il video del successore del capo talebano Dadullah, ucciso nelle scorse settimane dalle forze Nato: solito cliché, solite minacce, ma con una cura estetica sorprendente, racchiusa nell'immagine di Dadullah sullo sfondo, come nella migliore presentazione promozionale di un film.

Dall'Afghanistan all'Iran, l'estremismo diventa più sottile con il gran rifiuto del presidente Ahmadinejad alla richiesta del regista americano Oliver Stone di girare un film documentario sul nuovo leader della rivoluzione islamica. Un niet motivato non da ragioni artistiche o personali, ma esclusivamente dal fatto che Stone, pur essendo un oppositore di Bush, è comunque figlio del “Grande Satana”.

La ciliegina sulla torta, tuttavia, è la storia di Farfur, un pupazzo simile a Topolino, le cui avventure sono state trasmesse con successo dalla TV di Hamas, Al-Aqsa. Il Mickey Mouse palestinese, infatti, è morto da martire “mentre difendeva la sua terra dai sionisti”. Una morte eroica annunciata con enfasi da una giovane conduttrice: l'ultimo gesto di un pupazzo che in “vita”, aveva sfidato apertamente un agente dei servizi di sicurezza israeliani con un sonoro “Sei un terrorista”.

La lista di episodi simili potrebbe allungarsi, ma non è questa la sede giusta per farlo. Più interessante riflettere su due aspetti: in primo luogo, ribadire – nel caso ce ne fosse ancora bisogno – che la fede propriamente detta e onestamente vissuta con l'estremismo non c'entra nulla. È in gioco piuttosto una vile strumentalizzazione che fa della religione un fattore identitario di matrice politica. La classica situazione che si verifica quando viene meno la legittimazione dei valori del rispetto e della convivenza, il ruolo e l'importanza delle istituzioni, il concetto stesso di comunità civile.

Il secondo spunto di riflessione è ancora più dirimente ed è legato alla sfera dell'educazione e ad una certa incapacità dell'Occidente - o di chi ha la possibilità di giocarsi la propria partita politica - di fronteggiare l'estremismo con le armi della cultura. In passato, la logica dei blocchi e degli interessi incrociati aveva messo in secondo piano questi aspetti: l'Europa, per esempio, ha finanziato a pioggia l'Autorità palestinese, senza mettere becco nella produzione di libri di testo antisemiti per le nuove generazioni. E sembra impossibile come, in tempi di alta tecnologia, non si riesca ad intercettare e isolare politicamente i predicatori di odio (religioso e non), togliendo l'acqua sporca e facendo della giustizia il vero criterio d'azione.

Utopia, ragionamenti ingenui, frasi fatte? Forse sì, ma al tempo stesso parole che nascono dalla amara constatazione che in fondo anche i paladini della società dei diritti non facciano fino in fondo la loro parte. E se qualcuno vincerà una battaglia militare, chissà se potrà dire in coscienza di aver vinto anche la partita più profonda, quella decisiva: lo sviluppo che passa dall'educazione.

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