È da anni che l'Occidente si confronta con l'estremismo politico del mondo
islamico. Una sfida affrontata quasi sempre con le armi, sebbene oggi sia
ancora difficile vedere delle soluzioni durature. Piuttosto, continuano a
dominare aspetti inquietanti, frutto del mix di violenza e ideologia che
rischia seriamente di annullare ogni sforzo di stabilizzazione. Si prendano
tre esempi eclatanti. La prima notizia arriva dall'Afghanistan ed è il video
del successore del capo talebano Dadullah, ucciso nelle scorse settimane dalle
forze Nato: solito cliché, solite minacce, ma con una cura estetica
sorprendente, racchiusa nell'immagine di Dadullah sullo sfondo, come nella
migliore presentazione promozionale di un film.
Dall'Afghanistan all'Iran, l'estremismo diventa più sottile con il gran
rifiuto del presidente Ahmadinejad alla richiesta del regista americano Oliver
Stone di girare un film documentario sul nuovo leader della rivoluzione
islamica. Un niet motivato non da ragioni artistiche o personali, ma
esclusivamente dal fatto che Stone, pur essendo un oppositore di Bush, è
comunque figlio del “Grande Satana”.
La ciliegina sulla torta, tuttavia, è la
storia di Farfur, un pupazzo simile a Topolino, le cui avventure sono state
trasmesse con successo dalla TV di Hamas, Al-Aqsa. Il Mickey Mouse
palestinese, infatti, è morto da martire “mentre difendeva la sua terra dai
sionisti”. Una morte eroica annunciata con enfasi da una giovane conduttrice:
l'ultimo gesto di un pupazzo che in “vita”, aveva sfidato apertamente un
agente dei servizi di sicurezza israeliani con un sonoro “Sei un terrorista”.
La lista di episodi simili potrebbe allungarsi, ma non è questa la sede giusta
per farlo. Più interessante riflettere su due aspetti: in primo luogo,
ribadire – nel caso ce ne fosse ancora bisogno – che la fede propriamente
detta e onestamente vissuta con l'estremismo non c'entra nulla. È in gioco
piuttosto una vile strumentalizzazione che fa della religione un fattore
identitario di matrice politica. La classica situazione che si verifica quando
viene meno la legittimazione dei valori del rispetto e della convivenza, il
ruolo e l'importanza delle istituzioni, il concetto stesso di comunità civile.
Il secondo spunto di riflessione è ancora più dirimente ed è legato alla sfera
dell'educazione e ad una certa incapacità dell'Occidente - o di chi ha la
possibilità di giocarsi la propria partita politica - di fronteggiare
l'estremismo con le armi della cultura. In passato, la logica dei blocchi e
degli interessi incrociati aveva messo in secondo piano questi aspetti:
l'Europa, per esempio, ha finanziato a pioggia l'Autorità palestinese, senza
mettere becco nella produzione di libri di testo antisemiti per le nuove
generazioni. E sembra impossibile come, in tempi di alta tecnologia, non si
riesca ad intercettare e isolare politicamente i predicatori di odio
(religioso e non), togliendo l'acqua sporca e facendo della giustizia il vero
criterio d'azione.
Utopia, ragionamenti ingenui, frasi fatte? Forse sì, ma al tempo stesso parole
che nascono dalla amara constatazione che in fondo anche i paladini della
società dei diritti non facciano fino in fondo la loro parte. E se qualcuno
vincerà una battaglia militare, chissà se potrà dire in coscienza di aver
vinto anche la partita più profonda, quella decisiva: lo sviluppo che passa
dall'educazione.