Grande è la responsabilità nel parlare della Tradizione e
ciò per due ordini di motivi. Parlare della Tradizione
significa parlare della Chiesa: infatti Monsignor Brunero
Gherardini, nella quarta di copertina del suo libro,
Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a
confronto con la storia e la teologia, afferma: «Se vuoi
conoscere la Chiesa, non ignorare la Tradizione. Se ignori
la Tradizione, non parlar mai della Chiesa». La seconda
responsabilità è quella di trattare un libro del grande
teologo di Santa Romana Chiesa e, quindi, non posso che
ringraziare immensamente Monsignore di questa fiducia.
Mi viene da esprimere questo pensiero: Se avessimo avuto
Monsignor Gherardini come teologo ispiratore del Concilio
Vaticano II, probabilmente le cose sarebbero andate in modo
diverso... Invece il Signore ha permesso che nel Concilio
Vaticano II influissero teologi alla moda, in voga nel XX
secolo, Chenu, Congar, de Lubac… tutta questa schiera di
pensatori e di teologi che al posto di mettere sotto la luce
e i riflettori Nostro Signore Gesù Cristo hanno messo in
scena se stessi. “Grandi” teologi… divennero grandi
soprattutto perché erano portati probabilmente da un sentire
comune di voglia di rivoluzione, di novità; tutto sembrava
in rivolta, dalle Università ai Seminari, dal pensiero alla
società tutta: è stata una concatenazione di idee nate e
maturate durante la Rivoluzione francese, poi travasate nel
liberalismo, nel modernismo, nel relativismo che Newman
aveva così manifestamente denunciato nel XIX secolo; queste
idee rivoluzionarie sono entrate nel Vaticano II, perciò
questo Concilio non è stato un fungo, nato dalla sera al
mattino, ma è stato quasi una valvola di sfogo per tutti
coloro che avevano voglia di cose nuove, di rivoluzione, di
coloro che volevano tagliare con la Tradizione, che appariva
come qualcosa di vecchio e vetusto e si auspicava, si
pretendeva una Chiesa moderna.
Ecco allora l’esigenza di un confronto diretto, di un
dialogo moderno con la contemporaneità. In realtà la
Tradizione, come ci insegna Monsignor Gherardini, non è mai
stata abolita dalla Chiesa, ma continua a restare dentro la
Chiesa; purtroppo non se ne è voluto più parlare; è stata
trascurata, come una Cenerentola scaraventata in un angolo e
al posto suo è arrivata una teologia spettacolo, una Chiesa
spettacolo, quella che avremmo visto con Giovanni Paolo II,
una Chiesa posta in vetrina, quasi vuota di contenuti, che
ha trascurato, se non abbandonato, la sana dottrina e la
Santa Messa di sempre.
Benedetto XVI ci ha dato segnali di Tradizione. Infatti,
come afferma Monsignor Gherardini nel suo libro: «… nessun
Papa ha mai parlato tanto frequentemente e tanto
insistentemente di Tradizione quanto il teologo, il vescovo,
il cardinale, il papa Joseph Ratzinger. Le sue prese di
posizione contro ogni spinta in avanti perché priva di
radicamento nel passato della Chiesa […] si qualificano come
una significativa riproposta della Tradizione, in un’epoca
bruciata dall’ansia del nuovo» (p. 20).
Lo Spirito Santo soffia come e quando vuole ed oggi la
Tradizione ha trovato un suo spazio. I segnali che il Sommo
Pontefice ha riconsegnato sono diversi: il Motu proprio
“Sommorum Pontificum”, la beatificazione del Cardinale John
Henry Newman, il modello consegnato ai sacerdoti del XXI
secolo: il Santo Curato d’Ars… segnali che il Papa trasmette
alla Chiesa tutta. Pare quasi che i fedeli, la Chiesa più
semplice e umile, si accorga di tali importanti richiami: i
giovani, i seminaristi, i sacerdoti privi di pregiudizi
hanno voglia di imparare, di assaporare la bellezza e la
completezza della Tradizione.
La Tradizione è la trasmissione di quello che Gesù ha
detto ai Suoi Dodici e alla gente che ha avuto la grazia di
poterlo ascoltare. La Rivelazione si è chiusa con la morte
di san Giovanni evangelista e, prima di quella data, si
travasò, in parte, nella forma scritta, dando luogo al Nuovo
Testamento. La Sacra Scrittura non è mai stata contaminata,
è rimasta intatta allora come oggi. La Tradizione orale,
invece e purtroppo, può essere contaminata, ed ecco le
eresie, gli errori, e quindi la Chiesa è tenuta, con il suo
Sommo Pontefice, a custodire la Verità, la Fede integra, a
conservare e trasmettere l’oro purissimo di cui parlava san
Vincenzo di Lérins, il quale sosteneva: «è veramente e
propriamente cattolico ciò che fu creduto in ogni luogo,
sempre, da tutti»[1], ciò che è trasmesso di generazione in
generazione in qualunque luogo della terra, un concetto che
già sant’Agostino aveva formulato. Perciò san Vincenzo di
Lérins raccomanda di trasmettere assolutamente l’oro puro e
non il metallo, non il piombo... Oggi, in questi tempi di
crisi della Chiesa, tante volte non riusciamo più ad
avvinarci e ad accostarci a questo oro purissimo, che, però,
continua ad essere mantenuto nella Chiesa di Roma, ma non
viene più insegnato e tramandato come tale, perciò si creano
confusione e caos.
Grazie a libri come quello di Monsignor Gherardini sulla
Tradizione, Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e
Tradizione a confronto con la storia e la teologia,
pubblicato da Lindau, è possibile riaccostarci alla
Tradizione. Questo è un testo molto prezioso, fondamentale
anche per i non addetti ai lavori, anche per un teologo che
si avvicina agli studi oppure a profani come posso essere io
che non mi occupo di teologia. Questo è un lavoro
formidabile perché dà la possibilità di immergersi nella
sublimità della Tradizione. Si tratta di un compendio
esaustivo, siamo di fronte ad un qualcosa di meraviglioso,
paragonabile ad un capolavoro di un geniale artista. Qui,
nella chiesa di Ognissanti di Firenze, possiamo venerare e
ammirare il grande e meraviglioso Croficisso di Giotto, da
poco restaurato… oppure, ogni giorno, il Signore ci offre,
nella natura, spettacoli di indicibile bellezza. Ebbene, di
fronte ai capolavori di Monsignor Gherardini siamo di fronte
a qualcosa di sorprendente e in questo caso specifico si
staglia tutto il significato e la magnificenza della
Tradizione.
San Paolo è cantore gigante della Tradizione: «Tradidi
quod et accepi», «Ho trasmesso quel che ho ricevuto » (I,
Cor. 15,3). Il suo insegnamento era potente, San Paolo era
fuoco, ma era capace di tenerezza infinita: a questo
proposito vorrei ricordare un passo della seconda lettera a
Timoteo, dove si respira tutta l’importanza della
Tradizione, quella che passava grazie agli Apostoli, ma
anche quella che transitava da padre in figlio e da madre in
figlia. Come non ricordare le parole che scrive
nell’epistola a Timoteo, dove è presente la Fede entrata,
grazie alla Tradizione, nella casa di colui sul quale ha
imposto le mani? «Rendo grazie a Dio che io servo, come i
miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle
mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente
le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere
pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede,
che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che
ora, ne sono certo, è anche in te.
Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio,
che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio
infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di
forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di
dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in
carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per
il Vangelo» (2Tm 1,1-8).
In questo passo si parla di «timidezza», direi io,
allacciandomi al presente, di “vigliaccheria”. Quella di cui
parla san Paolo è la Chiesa militante. Noi, con il
sacramento della Cresima diventiamo soldati di Cristo, però
il Signore, a volte, ci chiede di esserlo non soltanto in
maniera simbolica, ma di esserlo anche nella concretezza
della vita.
Terminerei con due considerazioni. La prima prende spunto
dal Cardinale Newman e leggendola viene in mente Monsignor
Gherardini, la sua grande responsabilità di teologo e di
maestro della Chiesa, che impiega tutto il coraggio al quale
Newman si appellò:
«In questi cinquant’anni ho pensato che si stiano
avvicinando tempi di diffusa infedeltà, e durante questi
anni le acque, infatti, sono salite come quelle di un
diluvio. Prevedo un’epoca, dopo la mia morte, nella quale si
potranno soltanto vedere le cime delle montagne, come isole
in un vasto mare. Mi riferisco principalmente al mondo
protestante; ma i leaders cattolici dovranno intraprendere
grandi iniziative e raggiungere scopi importanti, e avranno
bisogno di molta saggezza e di molto coraggio, se la Santa
Chiesa deve liberarsi da questa terribile calamità, e,
sebbene qualunque prova che cada su di lei sia solo
temporanea, può essere straordinariamente dura nel suo
decorso»[2].
Grazie, dunque, al grande coraggio di Monsignor
Gherardini che darà, ne siamo certi, i suoi frutti. Inoltre
mi è tornato alla mente Monsignore quando, in questi giorni,
leggendo lo scrittore Ernest Hello (1828-1885) mi sono
imbattuta nel pensiero che egli aveva nei confronti degli
uomini superiori e di quelli mediocri, quelli che sposano
con entusiasmo il pensiero comune del loro tempo, più comodo
e più facile:
«L’uomo mediocre non lotta: può riuscir subito; dopo,
s’incaglia sempre. L’uomo superiore lotta prima e riesce
dopo. L’uomo mediocre riesce, perché segue la corrente;
l’uomo superiore trionfa, perché va contro corrente. Il
segreto del successo è di muoversi con gli altri; il segreto
della gloria è di procedere contro gli altri. […]. Coloro
che adulano i pregiudizi e le abitudini dei loro
contemporanei sono spiriti e vanno verso il successo; sono
gli uomini del loro tempo.
Coloro che rifiutano i pregiudizi e le abitudini, coloro
che respirano in anticipazione l’aria del secolo che li
seguirà, spingono gli altri e vanno verso la gloria: sono
gli uomini dell’eternità.
Ecco perché il coraggio, che è inutile al successo, è la
condizione assoluta della gloria. […]. Per l’uomo di genio
la propria opera è sempre imperfetta.
L’uomo mediocre è pieno della propria opera, pieno di sé
stesso, pieno del suo nulla, pieno di vuoto, pieno di
vanità. Vanità! Quest’odioso personaggio è tutto intero in
queste due parole: freddezza e vanità!»[3].
Cristina Siccardi
[1] Cfr. V. di Lérins Commonitorium II.
[2] J.M. Marín, John Henry Newman. La vita (1801-1890),
Jaca Book, Milano 1998, p. 417 e Cfr. C. Siccardi, Nello
Specchio del Cardinale John Henry Newman, Fede & Cultura,
Verona 2010, p. 186.
[3] Cultura dell’anima. Antologia di Cattolici francesi
del secolo XIX. Traduzioni e notizie di Domenico Giuliotti,
R. Carabba Editore, Lanciano 2010, pp. 99-102.
da: "Riscossa Cristiana"