La persona umana e la pace: dono e compito
2. Afferma la Sacra Scrittura: « Dio creò l'uomo a
sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn
1,27). Perché creato ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la
dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno, capace di
conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione
con altre persone. Al tempo stesso, egli è chiamato, per grazia, ad
un'alleanza con il suo Creatore, a offrirgli una risposta di fede e di amore
che nessun altro può dare al posto suo(1).
In questa mirabile prospettiva, si comprende il compito affidato all'essere
umano di maturare se stesso nella capacità d'amore e di far progredire il
mondo, rinnovandolo nella giustizia e nella pace. Con un'efficace sintesi
sant'Agostino insegna: « Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto
salvarci senza di noi »(2). È
pertanto doveroso per tutti gli esseri umani coltivare la consapevolezza
del duplice aspetto di dono e di compito.
3. Anche la pace è insieme un dono e un
compito. Se è vero che la pace tra gli individui ed i popoli — la capacità
di vivere gli uni accanto agli altri tessendo rapporti di giustizia e di
solidarietà — rappresenta un impegno che non conosce sosta, è anche vero, lo è
anzi di più, che la pace è dono di Dio. La pace è, infatti, una
caratteristica dell'agire divino, che si manifesta sia nella creazione di un
universo ordinato e armonioso come anche nella redenzione dell'umanità
bisognosa di essere recuperata dal disordine del peccato. Creazione e
redenzione offrono dunque la chiave di lettura che introduce alla comprensione
del senso della nostra esistenza sulla terra. Il mio venerato predecessore
Giovanni Paolo II, rivolgendosi all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il
5 ottobre 1995, ebbe a dire che noi « non viviamo in un mondo irrazionale
o privo di senso [...] vi è una logica morale che illumina l'esistenza umana e
rende possibile il dialogo tra gli uomini e tra i popoli »(3).
La trascendente “grammatica”, vale a dire l'insieme di regole dell'agire
individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e
solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto
sapiente di Dio. Come recentemente ho voluto riaffermare, « noi crediamo che
all'origine c'è il Verbo eterno, la Ragione e non l'Irrazionalità »(4).
La pace è quindi anche un compito che impegna ciascuno ad una risposta
personale coerente col piano divino. Il criterio cui deve ispirarsi tale
risposta non può che essere il rispetto della “grammatica” scritta nel
cuore dell'uomo dal divino suo Creatore.
In tale prospettiva, le norme del diritto
naturale non vanno considerate come direttive che si impongono dall'esterno,
quasi coartando la libertà dell'uomo. Al contrario, esse vanno accolte come
una chiamata a realizzare fedelmente l'universale progetto divino iscritto
nella natura dell'essere umano. Guidati da tali norme, i popoli — all'interno
delle rispettive culture — possono così avvicinarsi al mistero più grande, che
è il mistero di Dio. Il riconoscimento e il rispetto della legge naturale
pertanto costituiscono anche oggi la grande base per il dialogo tra i credenti
delle diverse religioni e tra i credenti e gli stessi non credenti. È questo
un grande punto di incontro e, quindi, un fondamentale presupposto per
un'autentica pace.
Il diritto alla vita e alla libertà
religiosa
4. Il dovere del rispetto per la dignità di
ogni essere umano, nella cui natura si rispecchia l'immagine del Creatore,
comporta come conseguenza che della persona non si possa disporre a
piacimento. Chi gode di maggiore potere politico, tecnologico, economico,
non può avvalersene per violare i diritti degli altri meno fortunati. È
infatti sul rispetto dei diritti di tutti che si fonda la pace. Consapevole di
ciò, la Chiesa si fa paladina dei diritti fondamentali di ogni persona. In
particolare, essa rivendica il rispetto della vita e della libertà
religiosa di ciascuno. Il rispetto del diritto alla vita in ogni sua fase
stabilisce un punto fermo di decisiva importanza: la vita è un dono di cui
il soggetto non ha la completa disponibilità. Ugualmente, l'affermazione
del diritto alla libertà religiosa pone l'essere umano in rapporto con un
Principio trascendente che lo sottrae all'arbitrio dell'uomo. Il diritto
alla vita e alla libera espressione della propria fede in Dio non è in potere
dell'uomo. La pace ha bisogno che si stabilisca un chiaro confine tra ciò
che è disponibile e ciò che non lo è: saranno così evitate intromissioni
inaccettabili in quel patrimonio di valori che è proprio dell'uomo in quanto
tale.
5. Per quanto concerne il diritto alla vita,
è doveroso denunciare lo scempio che di essa si fa nella nostra società:
accanto alle vittime dei conflitti armati, del terrorismo e di svariate forme
di violenza, ci sono le morti silenziose provocate dalla fame, dall'aborto,
dalla sperimentazione sugli embrioni e dall'eutanasia. Come non vedere in
tutto questo un attentato alla pace?
L'aborto e la sperimentazione sugli embrioni
costituiscono la diretta negazione dell'atteggiamento di accoglienza verso
l'altro che è indispensabile per instaurare durevoli rapporti di pace. Per
quanto riguarda poi la libera espressione della propria fede, un altro
preoccupante sintomo di mancanza di pace nel mondo è rappresentato dalle
difficoltà che tanto i cristiani quanto i seguaci di altre religioni
incontrano spesso nel professare pubblicamente e liberamente le proprie
convinzioni religiose. Parlando in particolare dei cristiani, debbo rilevare
con dolore che essi non soltanto sono a volte impediti; in alcuni Stati
vengono addirittura perseguitati, ed anche di recente si sono dovuti
registrare tragici episodi di efferata violenza. Vi sono regimi che impongono
a tutti un'unica religione, mentre regimi indifferenti alimentano non una
persecuzione violenta, ma un sistematico dileggio culturale nei confronti
delle credenze religiose. In ogni caso, non viene rispettato un diritto umano
fondamentale, con gravi ripercussioni sulla convivenza pacifica. Ciò non può
che promuovere una mentalità e una cultura negative per la pace.
L'uguaglianza di natura di tutte le
persone
6. All'origine di non poche tensioni che
minacciano la pace sono sicuramente le tante ingiuste disuguaglianze
ancora tragicamente presenti nel mondo. Tra esse particolarmente insidiose
sono, da una parte, le disuguaglianze nell'accesso a beni essenziali,
come il cibo, l'acqua, la casa, la salute; dall'altra, le persistenti
disuguaglianze tra uomo e donna nell'esercizio dei diritti umani fondamentali.
Costituisce un elemento di primaria importanza
per la costruzione della pace il riconoscimento dell'essenziale uguaglianza
tra le persone umane, che scaturisce dalla loro comune trascendente
dignità. L'uguaglianza a questo livello è quindi un bene di tutti inscritto in
quella “grammatica” naturale, desumibile dal progetto divino della creazione;
un bene che non può essere disatteso o vilipeso senza provocare pesanti
ripercussioni da cui è messa a rischio la pace. Le gravissime carenze di cui
soffrono molte popolazioni, specialmente del Continente africano, sono
all'origine di violente rivendicazioni e costituiscono pertanto una tremenda
ferita inferta alla pace.
7. Anche la non sufficiente considerazione per
la condizione femminile introduce fattori di instabilità nell'assetto
sociale. Penso allo sfruttamento di donne trattate come oggetti e alle tante
forme di mancanza di rispetto per la loro dignità; penso anche — in contesto
diverso — alle visioni antropologiche persistenti in alcune culture, che
riservano alla donna una collocazione ancora fortemente sottomessa
all'arbitrio dell'uomo, con conseguenze lesive per la sua dignità di persona e
per l'esercizio delle stesse libertà fondamentali. Non ci si può illudere che
la pace sia assicurata finché non siano superate anche queste forme di
discriminazione, che ledono la dignità personale, inscritta dal Creatore in
ogni essere umano(5).
L'« ecologia della pace »
8. Scrive Giovanni Paolo II nella Lettera
enciclica Centesimus annus: « Non solo la terra è stata data da Dio all'uomo,
che deve usarla rispettando l'intenzione originaria di bene, secondo la quale
gli è stata donata; ma l'uomo è stato donato a se stesso da Dio e deve,
perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato »(6).
È rispondendo a questa consegna, a lui affidata dal Creatore, che l'uomo,
insieme ai suoi simili, può dar vita a un mondo di pace. Accanto all'ecologia
della natura c'è dunque un'ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua
volta richiede un”‘ecologia sociale”. E ciò comporta che l'umanità, se ha a
cuore la pace, debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra
l'ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l'ecologia umana.
L'esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso verso l'ambiente
reca danni alla convivenza umana, e viceversa. Sempre più chiaramente
emerge un nesso inscindibile tra la pace con il creato e la pace tra gli
uomini. L'una e l'altra presuppongono la pace con Dio. La poesia-preghiera di
San Francesco, nota anche come « Cantico di Frate Sole », costituisce un
mirabile esempio — sempre attuale — di questa multiforme ecologia della pace.
9. Ci aiuta a comprendere quanto sia stretto
questo nesso tra l'una ecologia e l'altra il problema ogni giorno più grave
dei rifornimenti energetici. In questi anni nuove Nazioni sono entrate
con slancio nella produzione industriale, incrementando i bisogni energetici.
Ciò sta provocando una corsa alle risorse disponibili che non ha confronti con
situazioni precedenti. Nel frattempo, in alcune regioni del pianeta si vivono
ancora condizioni di grande arretratezza, in cui lo sviluppo è praticamente
inceppato anche a motivo del rialzo dei prezzi dell'energia. Che ne sarà di
quelle popolazioni? Quale genere di sviluppo o di non-sviluppo sarà loro
imposto dalla scarsità di rifornimenti energetici? Quali ingiustizie e
antagonismi provocherà la corsa alle fonti di energia? E come reagiranno gli
esclusi da questa corsa? Sono domande che pongono in evidenza come il rispetto
della natura sia strettamente legato alla necessità di tessere tra gli uomini
e tra le Nazioni rapporti attenti alla dignità della persona e capaci di
soddisfare ai suoi autentici bisogni. La distruzione dell'ambiente, un suo uso
improprio o egoistico e l'accaparramento violento delle risorse della terra
generano lacerazioni, conflitti e guerre, proprio perché sono frutto di un
concetto disumano di sviluppo. Uno sviluppo infatti che si limitasse
all'aspetto tecnico-economico, trascurando la dimensione morale-religiosa, non
sarebbe uno sviluppo umano integrale e finirebbe, in quanto unilaterale, per
incentivare le capacità distruttive dell'uomo.
Visioni riduttive dell'uomo
10. Urge pertanto, pur nel quadro delle attuali
difficoltà e tensioni internazionali, impegnarsi per dar vita ad
un'ecologia umana che favorisca la crescita dell'« albero della pace ».
Per tentare una simile impresa è necessario lasciarsi guidare da una visione
della persona non viziata da pregiudizi ideologici e culturali o da interessi
politici ed economici, che incitino all'odio e alla violenza. È comprensibile
che le visioni dell'uomo varino nelle diverse culture. Ciò che invece non si
può ammettere è che vengano coltivate concezioni antropologiche che
rechino in se stesse il germe della contrapposizione e della violenza.
Ugualmente inaccettabili sono concezioni di Dio che stimolino
all'insofferenza verso i propri simili e al ricorso alla violenza nei loro
confronti. È questo un punto da ribadire con chiarezza: una guerra in nome
di Dio non è mai accettabile! Quando una certa concezione di Dio è
all'origine di fatti criminosi, è segno che tale concezione si è già
trasformata in ideologia.
11. Oggi, però, la pace non è messa in
questione solo dal conflitto tra le visioni riduttive dell'uomo, ossia tra le
ideologie. Lo è anche dall'indifferenza per ciò che costituisce la vera
natura dell'uomo. Molti contemporanei negano, infatti, l'esistenza di una
specifica natura umana e rendono così possibili le più stravaganti
interpretazioni dei costitutivi essenziali dell'essere umano. Anche qui è
necessaria la chiarezza: una visione « debole » della persona, che lasci
spazio ad ogni anche eccentrica concezione, solo apparentemente favorisce la
pace. In realtà impedisce il dialogo autentico ed apre la strada
all'intervento di imposizioni autoritarie, finendo così per lasciare la
persona stessa indifesa e, conseguentemente, facile preda dell'oppressione e
della violenza.
Diritti umani e Organizzazioni
internazionali
12. Una pace vera e stabile presuppone il
rispetto dei diritti dell'uomo. Se però questi diritti si fondano su una
concezione debole della persona, come non ne risulteranno anch'essi
indeboliti? Si rende qui evidente la profonda insufficienza di una
concezione relativistica della persona, quando si tratta di giustificarne
e difenderne i diritti. L'aporia in tal caso è palese: i diritti vengono
proposti come assoluti, ma il fondamento che per essi si adduce è solo
relativo. C'è da meravigliarsi se, di fronte alle esigenze “scomode” poste
dall'uno o dall'altro diritto, possa insorgere qualcuno a contestarlo o a
deciderne l'accantonamento? Solo se radicati in oggettive istanze della natura
donata all'uomo dal Creatore, i diritti a lui attribuiti possono essere
affermati senza timore di smentita. Va da sé, peraltro, che i diritti
dell'uomo implicano a suo carico dei doveri. Bene sentenziava, al riguardo, il
mahatma Gandhi: « Il Gange dei diritti discende dall'Himalaia dei
doveri ». È solo facendo chiarezza su questi presupposti di fondo che i
diritti umani, oggi sottoposti a continui attacchi, possono essere
adeguatamente difesi. Senza tale chiarezza, si finisce per utilizzare la
stessa espressione, ‘diritti umani’ appunto, sottintendendo soggetti assai
diversi fra loro: per alcuni, la persona umana contraddistinta da dignità
permanente e da diritti validi sempre, dovunque e per chiunque; per altri, una
persona dalla dignità cangiante e dai diritti sempre negoziabili: nei
contenuti, nel tempo e nello spazio.
13. Alla tutela dei diritti umani fanno
costante riferimento gli Organismi internazionali e, in particolare,
l'Organizzazione delle Nazioni Unite, che con la Dichiarazione Universale del
1948 si è prefissata, quale compito fondamentale, la promozione dei diritti
dell'uomo. A tale Dichiarazione si guarda come ad una sorta di impegno
morale assunto dall'umanità intera. Ciò ha una sua profonda verità
soprattutto se i diritti descritti nella Dichiarazione sono considerati come
aventi fondamento non semplicemente nella decisione dell'assemblea che li ha
approvati, ma nella natura stessa dell'uomo e nella sua inalienabile dignità
di persona creata da Dio. È importante, pertanto, che gli Organismi
internazionali non perdano di vista il fondamento naturale dei diritti
dell'uomo. Ciò li sottrarrà al rischio, purtroppo sempre latente, di scivolare
verso una loro interpretazione solo positivistica. Se ciò accadesse, gli
Organismi internazionali risulterebbero carenti dell'autorevolezza necessaria
per svolgere il ruolo di difensori dei diritti fondamentali della persona e
dei popoli, principale giustificazione del loro stesso esistere ed operare.
Diritto internazionale umanitario e
diritto interno degli Stati
14. A partire dalla consapevolezza che esistono
diritti umani inalienabili connessi con la comune natura degli uomini, è stato
elaborato un diritto internazionale umanitario, alla cui osservanza gli
Stati sono impegnati anche in caso di guerra. Ciò purtroppo non ha trovato
coerente attuazione, a prescindere dal passato, in alcune situazioni di guerra
verificatesi di recente. Così, ad esempio, è avvenuto nel conflitto che mesi
fa ha avuto per teatro il Libano del Sud, dove l'obbligo di proteggere e
aiutare le vittime innocenti e di non coinvolgere la popolazione civile è
stato in gran parte disatteso. La dolorosa vicenda del Libano e la nuova
configurazione dei conflitti, soprattutto da quando la minaccia terroristica
ha posto in atto inedite modalità di violenza, richiedono che la
comunità internazionale ribadisca il diritto internazionale umanitario e lo
applichi a tutte le odierne situazioni di conflitto armato, comprese quelle
non previste dal diritto internazionale in vigore. Inoltre, la piaga del
terrorismo postula un'approfondita riflessione sui limiti etici che sono
inerenti all'utilizzo degli strumenti odierni di tutela della sicurezza
nazionale. Sempre più spesso, in effetti, i conflitti non vengono dichiarati,
soprattutto quando li scatenano gruppi terroristici decisi a raggiungere con
qualunque mezzo i loro scopi. Dinanzi agli sconvolgenti scenari di questi
ultimi anni, gli Stati non possono non avvertire la necessità di darsi delle
regole più chiare, capaci di contrastare efficacemente la drammatica deriva a
cui stiamo assistendo. La guerra rappresenta sempre un insuccesso per la
comunità internazionale ed una grave perdita di umanità. Quando, nonostante
tutto, ad essa si arriva, occorre almeno salvaguardare i principi essenziali
di umanità e i valori fondanti di ogni civile convivenza, stabilendo norme di
comportamento che ne limitino il più possibile i danni e tendano ad alleviare
le sofferenze dei civili e di tutte le vittime dei conflitti(7).
15. Altro elemento che suscita grande
inquietudine è la volontà, manifestata di recente da alcuni Stati, di
dotarsi di armi nucleari. Ne è risultato ulteriormente accentuato il
diffuso clima di incertezza e di paura per una possibile catastrofe atomica.
Ciò riporta gli animi indietro nel tempo, alle ansie logoranti del periodo
della cosiddetta « guerra fredda ». Dopo di allora si sperava che il pericolo
atomico fosse definitivamente scongiurato e che l'umanità potesse finalmente
tirare un durevole sospiro di sollievo. Quanto appare attuale, a questo
proposito, il monito del
Concilio Ecumenico Vaticano II: « Ogni azione bellica che
indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni
con i loro abitanti è un crimine contro Dio e contro l'uomo, che deve essere
condannato con fermezza e senza esitazione »(8).
Purtroppo ombre minacciose continuano ad addensarsi all'orizzonte
dell'umanità. La via per assicurare un futuro di pace per tutti è
rappresentata non solo da accordi internazionali per la non proliferazione
delle armi nucleari, ma anche dall'impegno di perseguire con
determinazione la loro diminuzione e il loro definitivo smantellamento. Niente
si lasci di intentato per arrivare, con la trattativa, al conseguimento di
tali obiettivi! È in gioco il destino dell'intera famiglia umana!
La Chiesa a tutela della trascendenza
della persona umana
16. Desidero, infine, rivolgere un pressante
appello al Popolo di Dio, perché ogni cristiano si senta impegnato ad essere
infaticabile operatore di pace e strenuo difensore della dignità della persona
umana e dei suoi inalienabili diritti. Grato al Signore per averlo chiamato ad
appartenere alla sua Chiesa che, nel mondo, è « segno e tutela della
trascendenza della persona umana »(9),
il cristiano non si stancherà di implorare da Lui il fondamentale bene della
pace che tanta rilevanza ha nella vita di ciascuno. Egli inoltre sentirà la
fierezza di servire con generosa dedizione la causa della pace, andando
incontro ai fratelli, specialmente a coloro che, oltre a patire povertà e
privazioni, sono anche privi di tale prezioso bene. Gesù ci ha rivelato che «
Dio è amore » (1 Gv 4,8) e che la vocazione più grande di ogni
persona è l'amore. In Cristo noi possiamo trovare le ragioni supreme per farci
fermi paladini della dignità umana e coraggiosi costruttori di pace.
17. Non venga quindi mai meno il contributo di
ogni credente alla promozione di un vero umanesimo integrale, secondo
gli insegnamenti delle Lettere encicliche
Populorum progressio e
Sollicitudo rei
socialis, delle quali ci apprestiamo a celebrare proprio quest'anno il
40o e il 20o anniversario. Alla Regina della Pace, Madre
di Gesù Cristo « nostra pace » (Ef 2,14), affido la mia insistente
preghiera per l'intera umanità all'inizio dell'anno 2007, a cui guardiamo —
pur tra pericoli e problemi — con cuore colmo di speranza. Sia Maria a
mostrarci nel Figlio suo la Via della pace, ed illumini i nostri occhi, perché
sappiano riconoscere il suo Volto nel volto di ogni persona umana, cuore della
pace!
Dal Vaticano, 8 Dicembre 2006.
BENEDICTUS PP. XVI
(1)
Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica,
[357. Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona;
non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di
possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre
persone; è chiamato, per grazia, ad una alleanza con il suo Creatore, a dargli
una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua
sostituzione.]
(2)
Sermo 169, 11, 13: PL 38, 923.
(3)
N. 3.
(4)
Omelia all'Islinger Feld di Regensburg (12 settembre 2006).
(5)
Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede,
Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e
della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004), nn. 15-16.
(6)
N. 38.
(7)
A tale riguardo, il Catechismo della Chiesa Cattolica ha dettato
criteri molto severi e precisi: cfr nn. 2307-2317.
(8)
Cost. past.
Gaudium et spes, 80.
(9)
Conc. Ecum. Vat. II, ibid. n. 76.