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RISPOSTA DELLA CHIESA CATTOLICA ALLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA TRA LA CHIESA
CATTOLICA E LA FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE CIRCA LA DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE
Questa Nota, che costituisce la Risposta cattolica ufficiale al testo della Dichiarazione
Congiunta, è stata elaborata di comune intesa fra la Congregazione per la Dottrina della
Fede ed il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e viene
firmata dal Presidente del medesimo Pontificio Consiglio, direttamente responsabile per il
dialogo ecumenico.
DICHIARAZIONE
La "Dichiarazione Congiunta tra la
Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale circa la dottrina della
giustificazione" ("Gemeinsame Erklärung") rappresenta un progresso
notevole nella mutua comprensione e nell'avvicinamento delle parti in dialogo; essa mostra
che numerosi sono i punti di convergenza fra la posizione cattolica e quella luterana su
una questione così controversa durante secoli. Si può certamente affermare che si è
raggiunto un alto grado di accordo, sia per quanto riguarda l'approccio alla questione sia
per quanto riguarda il giudizio che essa merita (1). E' giusta la constatazione che c'è
"un consenso in verità fondamentali della dottrina della giustificazione"(2) .
La Chiesa cattolica ritiene tuttavia che non si possa ancora parlare di un consenso tale
che elimini ogni differenza fra i cattolici e i luterani nella comprensione della
giustificazione. La stessa Dichiarazione Congiunta fa riferimento a talune di queste
differenze. In realtà in alcuni punti le posizioni sono ancora divergenti. Sulla base
quindi dell'accordo già raggiunto su molti aspetti, la Chiesa cattolica intende
contribuire al superamento delle divergenze ancora esistenti offrendo qui di seguito un
elenco di punti, citati secondo un ordine di importanza, che su questo tema impediscono
ancora una intesa in tutte le verità fondamentali fra la Chiesa cattolica e la
Federazione Luterana Mondiale. La Chiesa cattolica spera che le seguenti indicazioni
potranno essere uno stimolo per continuare lo studio di tali questioni, nello stesso
spirito fraterno che ha
caratterizzato negli ultimi tempi il dialogo fra la Chiesa cattolica e la Federazione
Luterana Mondiale.
PRECISAZIONI
1. Le difficoltà più grandi per poter
affermare un consenso totale tra le parti sul tema della giustificazione si riscontrano
nel paragrafo 4.4. Das Sündersein des Gerechtfertigten (nn. 28-30).
Pur tenendo conto delle differenze, in sé legittime, risultanti da approcci teologici
diversi al dato di fede, dal punto di vista cattolico già il titolo suscita perplessità.
Secondo la dottrina della Chiesa cattolica infatti nel battesimo viene tolto tutto ciò
che è veramente peccato, e perciò Dio non odia niente in quelli che sono nati di nuovo
(3). Ne consegue che la concupiscenza che rimane nel battezzato non è propriamente
peccato. Perciò per i cattolici la formula "zugleich Gerechter und Sünder",
così come viene spiegata all'inizio del n. 29 ("Er ist ganz gerecht, weil
Gott ihm durch Wort und Sakrament seine Sünde vergibt... In Blick auf sich selbst aber
erkennt er... dass er zugleich ganz Sünder bleibt, dass die Sünde noch in ihm
wohnt..."), non è accettabile. Questa affermazione non sembra infatti compatibile
con la rinnovazione e la santificazione dell'uomo interiore di cui parla il Concilio di
Trento (4). Il termine "opposizione a Dio" (Gottwidrigkeit) che si usa nei nn.
28-30 viene inteso in modo diverso dai luterani e dai cattolici, e diventa perciò in
realtà un termine equivoco. In questo stesso senso può anche essere ambigua per un
cattolico la frase del n. 22, "...rechnet ihm Gott seine Sünde nicht an und wirkt in
ihm tätige Liebe durch den Heiligen Geist", in quanto la trasformazione interiore
dell'uomo non appare con chiarezza. Per tutte queste ragioni rimane quindi difficile
vedere come si possa affermare che questa dottrina sul "simul iustus et
peccator", allo stato attuale della presentazione che se ne fa nella Dichiarazione
Congiunta, non sia toccata dagli anatemi dei decreti tridentini sul peccato originale e la
giustificazione.
2. Un'altra difficoltà si trova nel n. 18 della Dichiarazione Congiunta, ove si evidenzia
una chiara differenza nell'importanza che la dottrina della giustificazione ha per i
cattolici e i luterani, in quanto criterio per la vita e per la prassi della Chiesa.
Mentre per i luterani questa dottrina ha assunto un significato del tutto singolare, per
quanto riguarda la Chiesa cattolica il messaggio della giustificazione, seguendo la
Scrittura e fin dai tempi dei Padri, deve essere organicamente inserito nel criterio
fondamentale della "regula fidei", cioè la confessione del Dio uno e trino,
cristologicamente centrata e radicata nella Chiesa viva e nellasua vita sacramentale.
3. Come si afferma al n. 17 della Dichiarazione Congiunta, luterani e cattolici
condividono la comune convinzione che la vita nuova viene dalla misericordia divina e non
da un merito nostro. Occorre però ricordare, come si dice in 2 Cor. 5,17, che questa
misericordia divina opera una nuova creazione e rende quindi l'uomo capace di rispondere
al dono di Dio, di cooperare con la grazia. A questo riguardo la Chiesa cattolica prende
atto con soddisfazione che il n. 21, in conformità con il can. 4 del Decreto sulla
Giustificazione del Concilio di Trento (DS 1554) afferma che l'uomo può rifiutare la
grazia; ma si dovrebbe anche affermare che a questa libertà di rifiutare corrisponde
anche una nuova capacità di aderire alla volontà divina, capacità giustamente chiamata
"cooperatio". Questa nuova capacità, data nella nuova creazione, non permette
l'uso dell'espressione "mere passive" (n. 21).
D'altra parte che questa capacità abbia carattere di dono, lo esprime bene il cap. 5 (DS
1525) del Decreto tridentino quando dice: "ita ut tangente Deo cor hominis per
Spiritus Sancti illuminationem, neque homo ipse nihil omnino agat, inspirationem illam
recipiens, quippe qui illam et abicere potest, neque tamen sine gratia Dei movere se ad
iustitiam coram illo libera sua voluntate possit".
In realtà anche da parte luterana al n. 21 si afferma una piena partecipazione personale
nella fede ("sein volles personales Beteiligtsein im Glauben"). Sarebbe
necessario però un chiarimento sulla compatibilità di questa partecipazione con
l'accoglienza della giustificazione "mere passive", allo scopo di determinare
con più precisione il grado di coincidenza con la dottrina cattolica. Quanto poi alla
frase finale del n.24: "Gottes Gnadengabe in der Rechtfertigung unabhängig bleibt
von menschlicher Mitwirkung", essa deve essere intesa nel senso che i doni di grazia
di Dio non dipendono dalle opere dell'uomo, ma non nel senso che la giustificazione possa
accadere senza la cooperazione umana. La frase del n.19 secondo la quale la libertà
dell'uomo "ist keine Freiheit auf sein Heil hin" analogamente deve collegarsi
con l'impossibilità dell'uomo di accedere alla giustificazione con le proprie forze.
La Chiesa cattolica sostiene anche che le buone opere del giustificato sono
sempre frutto della grazia. Ma allo stesso tempo, e senza nulla togliere alla totale
iniziativa divina (5), esse sono frutto dell'uomo giustificato e trasformato
interiormente. Perciò si può dire che la vita eterna è, allo stesso tempo, sia grazia
che ricompensa data da Dio per le buone opere e i meriti (6) . Questa dottrina è
conseguenza della trasformazione interiore dell'uomo di cui si è parlato nel n. 1 di
questa "Nota". Questi chiarimenti aiutano alla giusta comprensione, dal punto di
vista cattolico, del paragrafo 4.7 (nn. 37-39) sulle opere buone del giustificato.
4. Nella continuazione dello studio si dovrà trattare anche del sacramento della
penitenza, del quale fa menzione il n. 30 della Dichiarazione Congiunta. Secondo il
Concilio di Trento infatti (7), mediante questo sacramento il peccatore può essere
nuovamente giustificato (rursus iustificari); il che implica la possibilità, per mezzo di
questo sacramento, distinto da quello del battesimo, di recuperare la giustizia perduta
(8). Non tutti questi aspetti si trovano sufficientemente rilevati
nel suddetto n. 30.
5. Queste osservazioni intendono precisare l'insegnamento della Chiesa cattolica riguardo
a quei punti sui quali non si è giunti a un accordo totale e completare alcuni dei
paragrafi che espongono la dottrina cattolica, per meglio mettere in luce la misura del
consenso a cui si è arrivati. L'alto livello d'accordo raggiunto non permette ancora di
affermare che tutte le differenze che separano i cattolici e i luterani, nella dottrina
circa la giustificazione, sono semplici questioni di accentuazione o di linguaggio. Alcune
toccano aspetti di contenuto e quindi
non sono tutte reciprocamente compatibili, come invece si afferma al n. 40.
Se è vero inoltre che in quelle verità sulle quali un consenso è stato raggiunto, le
condanne del Concilio di Trento non si applicano più, tuttavia le divergenze che
riguardano altri punti devono invece essere superate prima di poter affermare, come si
dice genericamente al n. 41, che tali punti non ricadono più sotto le condanne del
Concilio di Trento. Ciò vale in primo luogo per la dottrina sul "simul iustus et
peccator" (cfr n.1, supra).
6. Occorre infine rilevare il carattere diverso, dal punto di vista della
rappresentatività, dei due firmatari, che hanno siglato questa Dichiarazione Congiunta.
La Chiesa cattolica riconosce il grande sforzo fatto dalla Federazione Luterana Mondiale,
di arrivare tramite la consultazione dei Sinodi al "magnus consensus", per dare
un vero valore ecclesiale alla sua firma; rimane però la questione dell'autorità reale
di un tale consenso sinodale, oggi e anche domani, nella vita e nella dottrina della
comunità luterana.
PROSPETTIVE PER IL LAVORO FUTURO
7. La Chiesa cattolica desidera
ribadire il suo auspicio che questo importante passo in avanti verso un accordo nella
dottrina circa la giustificazione venga seguito da ulteriori studi che permettano di
chiarire in modo soddisfacente le divergenze ancora esistenti. In particolare sarebbe
auspicabile un approfondimento del fondamento biblico che costituisce la base comune della
dottrina della giustificazione sia per i cattolici che per i luterani. Detto
approfondimento dovrebbe estendersi all'insieme del Nuovo Testamento e non soltanto agli
scritti paolini. Se è vero infatti che san Paolo è l'autore neotestamentario che ha
parlato di più su questo argomento, il che richiede una certa attenzione preferenziale,
non mancano consistenti riferimenti al tema anche negli altri scritti del Nuovo
Testamento. Quanto ai diversi modi con cui Paolo descrive la nuova condizione dell'uomo,
menzionati dalla Dichiarazione Congiunta, si potrebbero aggiungere le categorie della
filiazione e dell'eredità (Gal 4,4-7; Rom 8,14-17). La considerazione di tutti questi
elementi potrà essere di grande aiuto per la mutua comprensione e permettere di risolvere
quelle divergenze nella dottrina circa la giustificazione che ancora sussistono.
8. Dovrebbe infine essere preoccupazione comune di luterani e cattolici trovare un
linguaggio capace di rendere la dottrina della giustificazione più comprensibile anche
agli uomini del nostro tempo. Le verità fondamentali della salvezza donata da Cristo e
accolta nella fede, del primato della grazia su ogni iniziativa umana, del dono dello
Spirito Santo che ci rende capaci di vivere conformemente alla nostra condizione di figli
di Dio, ecc. sono aspetti essenziali del messaggio cristiano che dovrebbero illuminare i
credenti di tutti i tempi.
25 giugno 1998
NOTE
(1) cfr "Gemeinsame Erklärung", n. 4: "ein hohes Mass an
gemeinsamer
Ausrichtung und gemeinsamem Urteil".
(2) ibid. n. 5: "einen Konsens in Grundwahrheiten der Rechtfertigungslehre"
(cf. n. 13; 40; 43).
(3) cf. Concilio di Trento, Decreto sul peccato originale (DS 1515).
(4) Cfr Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, cap. 8:
"...iustificatio... quae non est sola peccatorum remissio, sed et sanctificatio et
renovatio interioris hominis" (DS 1528); cfr anche can. 11 (DS 1561).
(5) cf. Concilio di Trento, Decreto sulla Giustificazione, cap. 16 (DS 1546), che cita Gv
15,5, la vite e i tralci.
(6) cf. ibid. DS 1545; e can. 26 (DS 1576).
(7) ibid. cap. 14 (cf. DS 1542).
(8) cf. ibid. can. 29 (DS 1579); Decreto sul sacramento della Penitenza, cap. 2 (DS 1671);
can. 2 (DS 1702).
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