Dalla
conclusione del Concilio Vaticano II in poi, le relazioni tra la
Chiesa cattolica e la Comunione Anglicana si sono incentrate sul
dialogo teologico, nell'intento di trovare gli strumenti capaci di
favorire un impegno comune nella preghiera, nella testimonianza e
nella missione problemi»
Cari fratelli in Cristo,
Siate i benvenuti.
È un onore salutarvi, veterani, lavoratori esperti in
una grande causa: quell’unità per la quale Cristo pregò così
solennemente la vigilia della sua morte.
Sappiamo che questa causa è responsabilità di tutti
quelli che credono in Cristo (cf. Unitatis
Redintegratio, 5). Può essere servita in molti metodi; nel
metodo che vi è stato assegnato dalla Comune Dichiarazione di Paolo
VI e dell’Arcivescovo Michael Ramsey, di un serio dialogo teologico
basato sulle Scritture e sulle antiche tradizioni comuni. Le parole
stesse di questo programma sono rivelatrici. L’unità è un dono del
nostro Signore e Salvatore, il fondatore della Chiesa. Sebbene
rovinata da un errore degli uomini, non è mai stata completamente
persa.
Abbiamo un tesoro comune che dobbiamo recuperare, e
che dobbiamo condividere, senza perdere quelle qualità che sono state
nostre anche nella divisione.
Il vostro metodo è di andare oltre i pensieri e le
espressioni nate e nutrite dall’inimicizia e dalla controversia, di
scrutare insieme il grande tesoro comune, di rivestirlo di un
linguaggio sia tradizionale che espressivo delle intuizioni di
un’epoca che non si gloria più nella lotta, ma che cerca di riunire
nell’ascolto della voce dello Spirito.
Non c’è bisogno che vi dica - ne sapete qualcosa
voi - che il compito è difficile. Non è un compito per l’uomo
solo. Nella ricerca dell’unità, l’uomo deve per prima cosa
imitare Cristo pregando per essa. Lo avete capito e praticato pregando
insieme; avete riflettuto insieme e partecipato alle reciproche
liturgie, per quanto consentito dal nostro essere ancora divisi.
Questo supporto è stato dato al vostro lavoro di studio, riflessione
e formulazione sin dal suo inizio quattordici anni fa. Avete pregato e
molti altri hanno pregato con voi e per voi.
Ora il vostro incarico si avvicina al termine.
Indubbiamente guarderete a questi anni di lavoro con amore e senso di
fratellanza. Alcuni dei suoi frutti sono ben conosciuti, sono stati
studiati da molti altri, hanno influenzato molte persone. Ora si
avvicina il momento della relazione finale che le rispettive autorità
ecclesiastiche devono sottoscrivere.
È una grande responsabilità. Il vostro lavoro sarà
valutato seriamente, soppesato con tutta l’attenzione necessaria.
Ringrazio Dio per quello che è stato raggiunto, e ringrazio voi che
avete lavorato nel suo Nome, desiderando essere sottomessi al suo
Spirito.
Come avevano capito i due uomini che vi hanno affidato
questo incarico, l’unicità nella fede giace alla base e rende
fertile la vita cristiana. Stabilito questo, ci può essere una ricca
crescita. In tre aspetti della dottrina avete cercato un accordo su
quei punti per i quali la dottrina non ammette diversità. Questo
sforzo merita di essere apprezzato.
Ma anche voi capite che molto rimane da fare. Capire
il mistero della Chiesa di Cristo, il Sacramento di Salvezza, è una
sfida sconcertante. Molti dei problemi pratici che ancora dobbiamo
affrontare (questioni di ordine, matrimoni misti, vita sacramentale,
moralità cristiana) possono giungere ad una soluzione solo se
approfondiamo la nostra comprensione di questo mistero.
Ma ora dobbiamo pensare con gratitudine a quello che
avete fatto. Il vostro lavoro e i suoi frutti sono già una
manifestazione ed un contributo alla “più larga testimonianza
comune” di cui Paolo VI parlava nell’enciclica “Evangelii
Nuntiandi” (Paolo VI, Evangelii
Nuntiandi, 77), e sono uno strumento per tutti quei cristiani
che sentono il bisogno di una testimonianza comune. Ci ricordano che
la testimonianza non è una questione di sentimenti, ma dev’essere
il frutto della preghiera e del duro lavoro, dell’onestà e della
volontà di dire la verità nell’amore.
Con gioia vi benedico e ringrazio. Confermo il mio
interesse per il vostro lavoro e il mio sostegno per quelli che forse
lo porteranno avanti. Mi unisco a voi nella preghiera affinché il
“Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di
cambiamento” (Gc 1,17) ci illumini nella nostra ricerca della piena
unità nel suo Figlio Gesù Cristo.