Occhiello: « Il rischio di scindere l’amore dalla verità in
un inedito di Romano Amerio ».
Per nazismo e comunismo in principio non è il Verbo ma l'Azione
Estratto di un inedito di
Romano Amerio, gentilmente concesso da Enrico Maria Radaelli, pubblicato da
« L’Osservatore Romano » il 18 marzo 2009 (p. 4); titolo originale: « La
questione del Filioque. Ovvero la dislocazione della divina Monotriade »,
(trascrizione della relazione appositamente registrata e poi letta da Enrico
Maria Radaelli – per conto dell’Autore ancora vivente – al Convegno
organizzato dalla rivista “antimodernista” «Sì sì no no», Albano Laziale,
8-10 dicembre 1994 ). La presentazione su OR è di Raffaele Alessandrini.
[Presentazione di Raffaele
Alessandrini] Noto soprattutto per alcune sue posizioni critiche non prive
di asperità nei confronti della teologia moderna e dello stesso concilio
ecumenico Vaticano II, Romano Amerio fu sempre fedele e rispettoso alla Chiesa
istituzionale. Ciò gli consentì di proporre un singolare contributo personale di
pensiero e di meditazione avvalorato dall'umiltà e dallo spirito d'ubbidienza
filiale che sempre dovrebbe connotare chi nella Chiesa si ponga in ricerca.
Quello stesso spirito di ubbidienza che risalta, come già capitò di osservare,
anche nelle posizioni di un personaggio in apparenza lontano da Amerio quale fu
don Lorenzo Milani. In realtà la prossimità tra i due non si limita solo
all’ubbidienza e al profondo senso dell’unità ecclesiale.
Il fatto è che quando l’uomo riconosce il primato alla verità, il Lògos, essa
attira e costringe a sé l’amore, la volontà e la libertà; richiede di
conformarsi alla sua luce. Via obbligante, ma certo non obbligata, dal momento
che l'uomo può scegliere lucidamente di aderire a essa come di dissentire, è
nondimeno una strada su misura per gli umili; per chi sa credere come un
bambino.
La fede cattolica dice che l’amore procede dal Padre e dal Figlio. Difatti
l’amore procede dalla conoscenza. Quando si dice che l’amore non procede dalla
conoscenza si fa dell’amore un valore senza precedenti, invece c'è un valore che
precede l’amore ed è la conoscenza. Quindi questo avvaloramento indiscreto
dell’amore implica una distorsione del dogma trinitario.
Perché? Perché le opinioni degli imperatori erano mutate. In tutto lo
svolgimento dottrinale c'è un grandissimo influsso politico; del resto: erano
gli imperatori che convocavano i concilii; non sottoscrivevano, perché non
facevano parte del concilio; ma erano loro che ordinavano la convocazione, il
trasferimento, la chiusura del concilio.
San Tommaso medesimo nega l’Immacolata Concezione, perché i teologi ortodossi
dicono che la Santa Vergine non aveva neanche “il debito” del peccato. Invece
alcuni di questi sostenevano: non ebbe il peccato originale ma aveva il debito
del peccato originale, e questo dissenso tra maculatisti e immaculatisti durò
per secoli. San Tommaso era tra i maculatisti; i Domenicani in genere erano
contro l’Immacolata Concezione, i Francescani erano pro: il grande maestro
francescano che difese l’Immacolata Concezione è Duns Scoto, di poco susseguente
a san Tommaso.
Credo, nel mio Iota Unum, di aver fatto questa osservazione: noi, cristiani del
secolo XX, ne sappiamo molto di più di quello che sapessero gli Apostoli,
perché, ad esempio, gli Apostoli non sapevano niente dell’Immacolata Concezione:
perché il dogma procede non perché muti sostanza, non perché ad un certo momento
dica una cosa e in un momento ulteriore ne dica un'altra, ma perché quella
medesima cosa la dice più chiaramente, la intende più determinatamente.
Al contrario, sostituendo così, però fallacemente, la priorità della cognizione
con quella dell'amore, si cade facilmente in un irenismo che vuole abbracciare
ogni dottrina, ogni religione; questo abbraccio è possibile in quanto si
prescinde dal Verbo, che è una verità, che è una legge.
E se l’amore - per converso - “precede”, c'è qualcosa da cui esso procede e da
cui riceve legge, riceve ordine. Quindi il Filioque è una questione
intrinseca al problema del totalitarismo.
Il pensiero moderno è un’implicita negazione della ragione: questo lo si vede
anche nell'imponente fenomeno della politica. Quali sono gli Stati che regolano
la politica sulla ragione, o sulle ragioni? Gli Stati emanano delle ordinazioni
a cui soggiace la vita umana; ma il motivo, la giustificazione di queste
ordinazioni è l’ordinazione in sé. Tutta la nostra politica è un sistema di
negazione della ragione, un sistema che nega che vi sia qualcosa di anteriore
all’amore, alla volontà, alla forza dell’azione, perché è lo Stato che dà a se
stesso il proprio destino e ogni destino che l’amore dà a se stesso è un destino
plausibile, è un destino che diventa “dovere”. Non perché ci sia un riferimento
al Verbo, ma perché c'è un riferimento alla forza dello Stato, alla forza
dell'amore.
Vorrei quasi dire che al fondo del problema moderno c’è il Filioque, perché chi
nega il Filioque concede il primato, indiscreto e assoluto, all’amore: l’amore
non ha limiti, non ha remore; qualunque azione tu faccia “con amore”, quell’azione
è buona.
E un nuovo accanimento contro il Cristo, appunto perché il Cristo è la Ragione:
il Cristo è la Ragione divina che, incarnata, è una individuata persona storica;
il Cristo è la Ragione divina incarnata, individuata.
Se si dice che l’azione vale per se stessa, che l’amore non ha nessuna regola,
nessun precetto e nessuna precedenza, si tocca il punto più intimo della nostra
esperienza umana, perché noi viviamo per una verità, questa: il fine dell'uomo,
secondo il nostro catechismo, è di “conoscere e amare Dio”. Ma prima c'è “il
conoscere” e poi c'è “l’amare”, ma il godimento in cosa consiste? In una
intellezione, in una visione; alla quale visione solo segue l’atto d'amore.
Questa visione, poi, cresce per un lume soprannaturale, il lumen gloriæ. Quindi,
secondo la teologia cattolica, in specie in san Tommaso, la nostra beatitudine è
commisurata alla nostra conoscenza: Dio avvalora, innanzitutto, la nostra
conoscenza e questa conoscenza, così avvalorata, si infiamma naturalmente.
La questione del Filioque è la radice, e questa inappropriata celebrazione
dell’amore è una implicita distruzione del dogma della divina Monotriade: lo
Spirito Santo in tal modo non “procede” dal Verbo, ma lo “precede”, anzi:
precede tutto. Questa opinione è diventata tanto popolare perché oggi non si
dice: « L’azione è buona se è conforme alla regola del Verbo »; ma si dice: «
L’azione è buona se è fatta con amore ». Anche nella vita odierna noi pecchiamo
quando “vogliamo”, atto volitivo, senza consultare la regola della conoscenza;
noi diciamo: “Prima il volere poi il sapere”, sovvertendo l’ordine delle
processioni.
E, dopo la resurrezione del Signore, gli Apostoli aspettano lo Spirito Santo che
è stato promesso dal Cristo e che è nato dal Cristo. Non è che lo Spirito Santo
venga, proceda, dal Padre. No: lo Spirito Santo è mandato alla Chiesa dal Verbo.
Romano Amerio