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Benedetto XVI durante il volo per Ankara. Saluto e dialogo con i giornalisti

Cari amici, giornalisti, cameramen, tutti, vi saluto cordialmente in questo volo e vorrei esprimere sinceramente la mia gratitudine per il lavoro che fate. Lo so che questo è un lavoro difficile, un lavoro spesso in condizioni difficili, in tempo breve informare su cose complesse e difficili, dare la sintesi e rendere comprensibili l’essenza di quanto è successo di quanto è stato detto. Tutti gli avvenimenti arrivano all’umanità solo tramite la vostra mediazione, e così fate realmente un servizio di grande importanza per il quale sono di cuore grato. Noi sappiamo che lo scopo di questo viaggio è il dialogo, la fraternità, è l’impegno per la comprensione tra le culture per l’incontro delle culture con le religioni, per la riconciliazione. Tutti sentiamo la stessa responsabilità in questo momento difficile della storia e collaboriamo, e il nostro lavoro è di grande importanza. Perciò ripeto ancora una volta grazie.

D. Questo viaggio che inizia oggi, per le tensioni che si sono andata aggiungendo attorno al suo nucleo ecumenico, si presenta come uno dei più delicati nella storia dei viaggi papali moderni. Con che spirito lo affronta?

R. Lo affronto con grande fiducia e speranza. Io so che tante persone ci accompagnano con la loro simpatia, con la loro preghiera. So che anche il popolo turco è un popolo ospitale, aperto che desidera la pace, che la Turchia è da sempre un ponte tra le culture e così è anche un luogo di incontro e di dialogo. Vorrei anche sottolineare che questo non è un viaggio politico, è un viaggio pastorale e proprio quale viaggio pastorale ha come sua definizione, determinazione, il dialogo e l’impegno comune per la pace. Dialogo in diverse dimensioni: tra le culture, dialogo tra cristianesimo e islam, dialogo con i nostri fratelli cristiani, soprattutto la Chiesa ortodossa di Costantinopoli e contemporaneamente una migliore comprensione tra noi tutti. Naturalmente non dobbiamo esagerare, non si può aspettare da tre giorni grandi risultati, il valore direi è simbolico, il frutto degli incontri come tali, degli incontri in amicizia e in rispetto, il fatto di incontrarsi come servitori della pace ha il suo peso. Mi sembra questo simbolismo dell’impegno per la pace e la fraternità tra le persone il risultato di questo viaggio.

D. Lei arriva in un Paese con tante tensioni ma anche tante speranze, che desidera diventare una nazione europea. Pensa che l’Europa possa dare un aiuto alla Turchia perché possa parlare in modo più consapevole di integrazione, di rispetto delle varie identità culturali e anche religiose?

R. Forse è utile ricordarsi che il Padre della Turchia moderna, Ataturk, aveva davanti a sé come modello per la sua ricostruzione della Turchia la costituzione francese. All’origine della Turchia moderna sta il dialogo con la ragione europea e con il suo pensiero, il suo modo di vivere, per essere realizzato in modo nuovo in un contesto storico e religioso diverso. quindi il dialogo tra la ragione europea e la tradizione musulmana turca è iscritta proprio nella esistenza della Turchia moderna e in questo senso abbiamo una responsabilità reciproca, gli uni per gli altri. In Europa abbiamo la discussione tra laicità "sana" e laicismo. E mi sembra proprio che sia anche importante per il vero dialogo con la Turchia. Il laicismo, cioè un’idea che separa totalmente la vita pubblica da ogni valore delle tradizioni è una strada senza uscita. Dobbiamo ridefinire il senso di una laicità che sottolinea e conserva la vera differenza e autonomia tra le sfere, ma anche la loro coerenza, la comune responsabilità, solo su un sottofondo di valori che hanno fondamentalmente origine, la religione, la laicità può vivere, anche una fecondazione reciproca. dobbiamo noi europei ripensare la nostra ragione laica, laicista e la Turchia deve partendo dalla sua storia, dalle sue origini, pensare a come ricostruire per il futuro questo nesso tra laicità e tradizione, tra ragione aperta tollerante, che ha come elemento fondamentale la libertà e i valori che danno contenuto alla libertà

D. In questo viaggio ha un posto importante la visita e l’incontro con il Patriarca Bartolomeo. Quale significato ha questo nel programma di impegno per il riavvicinamento come le chiese cristiane che Lei ha affermato fin dall’inizio del suo pontificato?

R. Non contano i numeri, la quantità: è il peso simbolico, storico e spirituale che conta. E sappiamo che Costantinopoli è come la seconda Roma, era sempre il punto di riferimento per l’Ortodossia e ci ha donato la grande cultura bizantina ortodossa, e rimane sempre un punto di riferimento per tutto il mondo ortodosso e così anche per tutta la cristianità. Quindi è il valore simbolico del patriarcato di Costantinopoli che esiste anche oggi, anche se il Patriarca non ha una giurisdizione come il Papa, tuttavia è un punto di orientamento per il mondo ortodosso. È un incontro con il Patriarca, un incontro con la chiesa dell’apostolo Andrea, fratello di San Pietro. È un incontro di grande qualità tra le due chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli e perciò un momento molto importante nella ricerca dell’unità dei Cristiani. Ci sono altre comunità cristiane, con tutte anche se sono piccole, ma sono presenti, ci incontriamo, naturalmente anche con la piccola comunità cattolica. Diciamo un avvenimento di comunione oltre che di sfere geografiche e culturali. in questo senso penso il simbolo non è solo, una cosa in sé vuota, ma densa di realtà. È questo simbolismo che ha Costantinopoli, è questa funzione vera e reale del Patriarca per l’Ortodossia che dice anche la grande importanza per tutto il cammino ecumenico.

Chiedo scusa perché non possiamo fare una vera conferenza stampa, il tempo non è sufficiente, spero che almeno io abbia detto qualcosa che può essere utile.

   
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