Islam, accendi i lumi
Bernardo Cervellera, su Avvenire 20
settembre 2005
«Negli anni Sessanta-Settanta i
terroristi volevano colpire i governi musulmani ritenuti corrotti.
Oggi invece il bersaglio è tutto l'Occidente: per farsi pubblicità e
prendere il potere». «I dotti ulema sono oscurantisti, sanno il
Corano a memoria ma non hanno studiato le scienze o la psicologia L’umanesimo
cristiano c’è, quello islamico no». Parla il gesuita Samir Khalil
Padre Samir, c'è un incremento del
fondamentalismo nel mondo e negli attentati muoiono sempre più
civili.
«Questo fatto rivela qualcosa che prima era nascosto. Ancora
negli anni '60-'70 il terrorismo islamico aveva come scopo primario
quello di rovesciare i governi del mondo musulmano considerati falsi,
corrotti, occidentalizzati, per creare la società modello che sarebbe
quella della sharia. Poi, col tempo, è cominciata una fase in
cui il bersaglio è diventato principalmente l'Occidente. Prendiamo
l'attentato di Sharm el Sheikh: ve n'era stato un altro nella stessa
zona e un terzo nella località turistica di Luxor. Si vuole attaccare
l'Egitto nel suo punto sensibile, l'economia e soprattutto il turismo,
il quale ha una doppia funzione: da una parte è fonte primaria di
entrate di valuta estera e dall'altra crea molta pubblicità, un
elemento che i terroristi valorizzano sempre. Anche in Iraq è la
stessa cosa: fin dall'inizio negli attentati sono morti 4-5 volte più
irakeni che non americani. Perché quello che importa è farsi
pubblicità e colpire il governo, qualunque esso sia. Il terrorismo è
ormai divenuto un'ideologia cieca, senza principi; cerca solo di
prendere il potere a tutti i costi, nell'islam e in tutto il mondo.
Noi occidentali ci inganniamo quando definiamo i terroristi come
"islamici": certo l'islam appartiene a questo movimento, ma
ciò che lo definisce è la conquista del potere, mischiato con un
elemento religioso. L'ideologia marxista faceva lo stesso, solo che
rifiutava Dio».
Il mondo islamico però comincia a ribellarsi: no, questo non è
islam.
«La reazione del mondo musulmano è un altro fatto da studiare,
perché non segue un principio chiaro; se si tratta di se stesso,
infatti, il mondo islamico si paralizza e non sa che dire o che fare.
Sì, affermano: il terrorismo non è islam, perché l'islam è pace,
tolleranza... Ma anche questo non è del tutto vero: l'islam può
essere infatti violento. Molti musulmani prendono le distanze dagli
attentati solo per opportunismo politico, perché sono preoccupati
dell'islamofobia crescente in Occidente e per proteggere l'islam
stesso. Ma non sono andati a fondo in una riflessione sulla legittimità
della violenza; insomma, non esistono pacifisti islamici».
Occorre che il mondo islamico superi l'istintiva solidarietà coi
correligionari in nome di alcuni principi, l'amore alla verità o alla
giustizia.
«Bisogna condannare anche le proprie devianze. Ma manca il
coraggio di farlo. Quando intervengono gli intellettuali musulmani?
Quasi mai. Invece bisogna avere il coraggio di dire che, finché
politica e religione sono mescolate, questa è la radice della
violenza».
I ragazzi che hanno compiuto gesti terroristici a Londra sono
ragazzi normali, nati in Gran Bretagna...
«Ma la loro insoddisfazione - tipica di ogni giovane - ha trovato
una risposta immediata nella religione. La religione, nel mondo
islamico, è la strada più facile per dare risposte. Di fronte a
problemi sociologici, culturali, psicologici, il mondo islamico non ha
altra risposta che la quella religiosa. Invece di analizzare un
problema dal punto di vista politico e di lottare, magari insieme a
cristiani ed atei, per far emergere la giustizia, si dice: lottiamo in
nome dell'islam. Per questo occorre riaffermare la laicità dello
Stato, che non esiste ancora nel mondo islamico, se non nei musulmani
educati nella cultura occidentale. In lingua araba "laicità"
spesso si confonde con "ateismo"».
Un fatto davvero triste è vedere che i terroristi sono spesso
persone di una certa levatura culturale: Zarhawi è medico, altri sono
professionisti, ingegneri elettronici…
«Hanno cultura scientifica o tecnologica, ma non hanno costruito
un legame fra scienza e religione. I musulmani hanno bisogno di un
illuminismo e l'illuminismo che mi sentirei di promuovere serve
proprio a connettere questi due mondi. L'attacco contro l'Occidente
allora potrebbe diventare solo una critica culturale, un
discernimento per capire cosa è buono e cosa è da rifiutare. Invece
siamo al massimalismo: prendiamo dall'Occidente la sua tecnologia, però
non accettiamo il procedimento che ha portato a quel frutto. Un altro
problema è che l'insegnamento islamico è fatto dagli ulema (i
dotti). In realtà costoro sono "sapienti" solo in un
piccolo campo del sapere: hanno imparato il Corano a memoria, hanno
appreso i detti attribuiti a Maometto e centinaia di migliaia di
risposte giuridiche di tantissimi imam. Ma non hanno mai studiato
matematica, sociologia, psicologia; la storia per loro si limita al
mondo islamico; lo studio delle religioni è solo in funzione
apologetica se l'islam viene attaccato. È come se i sacerdoti da noi
avessero solo studiato la Bibbia e per di più partendo dai commenti
antichi».
Ma l'illuminismo è un elemento ambiguo, anche anti-religioso…
«È chiaro che parliamo di un illuminismo che non rinnega
l'elemento religioso. D'altra parte, nella storia, le cose si
comprendono anche per opposizione. Così a noi è stato necessario
passare attraverso il secolarismo anticlericale per ritrovare un nuovo
equilibrio. Purtroppo l'islam ha ancora un potere enorme e rimane
oscurantista. Mentre c'è un umanesimo cristiano, riconosciuto anche
da atei, non c'è umanesimo islamico. Se non ci arriviamo, la distanza
fra mondo moderno e mondo islamico diverrà un abisso».
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